JEKYLL – I negazionisti del riscaldamento climatico hanno sempre avuto vita facile, fino a quando nel 2001 l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) decise di pubblicare un mastodontico report, il terzo di una serie che prosegue ancora oggi. La summa di quelle pagine consisteva in un grafico chiamato dagli esperti hockey stick per la sua forma e che avrebbe avuto tanta fortuna nel decennio successivo. In effetti una semplice ricerca su Google permette di trovare decine di varianti del grafico in grado di soddisfare qualsiasi curiosità. Con questa immagine la comunità dei climatologi voleva mostrare i risultati di ricerche che andavano avanti da tempo: una sorta di bignami su mille anni di temperatura dell’atmosfera.
Ma con il passare del tempo l’impatto del grafico si è logorato e molti si sono chiesti perché altre immagini dal forte potere evocativo non si siano affermate sul grande pubblico. Perché per esempio i grafici a cuneo, inventati da Robert Socolow e Stephen W. Pacala, sono caduti in poco tempo nel limbo della comunicazione scientifica? È una domanda che Eli Kintisch si è posto su Science e che abbiamo girato a Luca Mercalli, esperto italiano di climatologia e meteorologia.
“Conobbi questa ricerca nel 2005 – quattro anni dopo l’uscita del report targato IPCC – grazie a Gino Segrè, nipote del premio Nobel, che conosceva personalmente i due autori. Segrè aveva pubblicato un libro sulla divulgazione della termodinamica – per esigenze bibliografiche si era imbattuto nel loro lavoro – e fu lui a parlarmi di quest’immagine dei vari cunei che sommati potevano colmare il divario tra le emissioni di CO2 reali e quelle ideali per evitare il collasso climatico”.
Nello studio gli autori suddividono la produzione di anidride carbonica in basa alla loro origine e poi associano un cuneo che rappresenta la produzione di CO2. L’idea che avevano era semplice: ogni cuneo tolto avrebbe reso evidente il taglio di un miliardo di tonnellate di anidride carbonica all’anno fino al 2055, e reso sempre meno impetuoso il tasso di crescita del gas nell’atmosfera. Prosegue Mercalli dicendo che “quell’immagine era una rappresentazione dell’ottimismo tecnologico dell’epoca, che poteva anche essere utile in un momento in cui ci stavamo interrogando se dare alle persone un messaggio ansiogeno oppure operativo”. Effettivamente un nuovo articolo di Steven J. Davis et al. uscito quest’anno, “Rethinking wedges“, mette in luce proprio la difficoltà di implementare tecnologicamente la riduzione dei gas serra.
“In realtà – malgrado gli ostacoli – il messaggio di Socolow e Pacala era pragmatico e applicabile, perché non creava un blocco psicologico nell’opinione pubblica. Il grande problema è che abbiamo perso molto tempo, sono passati quasi 9 anni e non abbiamo fatto nulla per eliminare i cunei. Nel frattempo gli effetti del riscaldamento climatico si sono ingigantiti”.
La domanda che ci siamo posti è: perché questi grafici non sono stati usati per spiegare l’importanza della mitigazione della produzione di anidride carbonica? Perché non è stato mostrato all’opinione pubblica che cambiando un processo tecnologico, ad esempio la produzione di energia, è possibile togliere un cuneo dal grafico? “Sicuramente l’applicazione della teoria di Socolow e Pacala avrebbe richiesto un accordo immediato tra tutti i paesi del mondo. Purtroppo questo non è successo e lo si è visto con le varie Conference of the Parties delle Nazioni Unite. Poi, chiaramente, chi vende petrolio e carbone ha interesse che non si applichino risparmi energetici in grado di eliminare un cuneo. Mettendo insieme le pressioni economiche, le incertezze politiche, la cattiva comunicazione scientifica e la viscosità tecnologica si ottiene una forte resistenza al cambiamento”.
Anche Mercalli ha usato i grafici a cuneo nel corso della sua carriera di comunicatore “soprattutto nei primi anni dopo la pubblicazione. Dopo ho deciso di fare una cosa molto più concreta nei confronti del mio pubblico, mostrando gli effetti della teoria di Socolow e Pacala alla mia vita. Ho cambiato stile di vita applicando la teoria dei cunei a casa mia. Se prima consumavo 10, oggi mi fermo a 3 con l’isolamento termico, con i pannelli fotovoltaici, con la macchina elettrica, con la pompa di calore, con i serramenti basso emissivi, con il viaggiare di meno e con le mie scelte personali. Per me questi passaggi sono stati una magnifica conquista individuale, un miglioramento della qualità della vita e un notevole risparmio. La mia casa è l’applicazione pratica delle teorie di Socolow e Pacala”.
In questo modo le persone capiscono immediatamente il suo approccio. Mercalli afferma che “questo è il pezzo forte della mia comunicazione. Deve notare che io non lego più il grafico alla teoria, anzi in realtà io faccio vedere solo il grafico dei consumi della mia casa. Fino a qualche anno fa aveva bisogno di 500chilowattora per metro quadro ogni anno, mentre oggi, dopo gli interventi, i consumi sono scesi a 100. Spiego anche che se adesso costruissi la mia casa in maniera attiva potrei perfino arrivare a poche decine di chilowattora o addirittura a zero. Questo affascina le persone perché capiscono che c’è un mondo del lavoro, fatto di ingegneri e architetti in grado di riprogettarci la casa. Ci sono degli oggetti, per esempio i pannelli solari, che si comprano come in un supermercato. Poi spesso accenno anche agli investimenti di efficienza energetica, per migliorare la situazione futura. Io penso che questo metodo sia l’unica via d’uscita dall’ansia della gente. Se comunico al pubblico soltanto i problemi, non ottengo nessun risultato. Per farlo devo dire che ci sono anche le soluzione, o almeno una parte delle soluzioni e questo permette alla gente di avere una via d’uscita personale”.
Foto di apertura: Luca Mercalli e i pannelli fotovoltaici sulla sua casa. Crediti per il grafico: Princeton University – Carbon Mitigation Initiative