CRONACA – L’INGV ha pubblicato la Carta della sismicità in Italia 2000-2012. Raccoglie in forma grafica tutti i terremoti superiori a magnitudo 1,6 avvenuti nella nostra penisola negli ultimi 13 anni. Insieme alla carta principale anche due mappe che presentano i forti terremoti avvenuti negli ultimi mille anni e la mappa dello spostamento dell’Italia rispetto al resto dell’Europa. La mappa ad alta risoluzione si trova qui e si può consultare in modo interattivo.
Sono tutti e tre risultati importantissimi, frutto del lavoro di anni dei sismologi INGV, coadiuvati da tecnologie estremamente avanzate, che sono stati via via pubblicati su diverse riviste scientifiche e che sono oggi raccolti in forma disponibile e comprensibile a tutti. Che cosa raccontano queste mappe? Innanzitutto ci dicono che in Italia dal 2000 al 2012 sono avvenuti più di 50.000 terremoti con magnitudo superiore a 1,6. Sono tantissimi, ma in realtà ne sono avvenuti molti di più: ci sono anche i cosiddetti terremoti strumentali che vengono percepiti solo dai sismografi di precisione e non dalle persone. “Negli ultimi anni la rete di monitaroggio è migliorata tantissimo, — afferma Concetta Nostro, sismologa dell’INGV — siamo in grado di misurare terremoti con magnitudo molto inferiore a 1,6, piccolissimi eventi impercettibili, minimi tremori. In alcune zone siamo capaci di misurare eventi fino alla magnitudo 0,7-0,5. Questo ci ha permesso di costruire una dettagliatissima anatomia delle faglie attive che sono all’origine dei terremoti. Per esempio, nel caso dei terremoti del 6, 7 e 9 aprile 2009 all’Aquila abbiamo rilocalizzato tutti gli eventi: si vedono benissimo degli allineamenti che rendono le faglie perfettemente evidenti.”
Non basta infatti solo osservare ciò che capita e misurare le caratteristiche degli eventi sismici, bisogna anche capirne le cause per poter poi approntare delle migliori misure preventive di protezione. Ci spiega Alessandro Amato, direttore del Centro Nazionale Terremoti dell’INGV, che “il lavoro di ricerca sulle faglie attive, sulla quantificazione della deformazione attiva, sulle caratteristiche della crosta e l’identificazione di aree che amplificano le onde sismiche, gli studi di terreno e di laboratorio, le modellazioni matematiche delle faglie e della propagazione delle onde sismiche sono (tra le altre cose) la chiave per una comprensione dei processi sismici e il primo passo verso una migliore conoscenza e per l’identificazione delle aree dove aspettarci i futuri grandi terremoti.”
Anche il confronto con il passato fornisce indicazioni utili e interessanti. “Guardando alla storia sismica più antica del nostro paese le conclusioni che possiamo trarre sono simili: grandi terremoti praticamente in tutti i secoli. Si tende spesso a pensare che l’ultima disgrazia sia la più grande, ma se guardiamo ai quattro terremoti principali del Novecento (Messina 1908, Avezzano 1915, Friuli 1976, Irpinia 1980) vediamo che ci sono differenze enormi in termini di energie in gioco e numero di vittime con quelli degli anni 2000, — continua Amato —. Il terremoto del 1908 è stato 20-30 volte superiore a quello avvenuto a L’Aquila nel 2009, che è il più forte dal 2000 rilevato in Italia: significa che ci vorrebbero 20-30 terremoti dell’Aquila per farne uno come quello del 1908.”
L’Italia è un paese sismico: questa carta ce ne dà un’ulteriore conferma ed è un ulteriore invito alla prevenzione. “È una cosa scontata ma per noi sempre importante: in un paese con questa storia sismica dobbiamo insistere sulla prevenzione, in particolare sugli interventi di riduzione della vulnerabilità degli edifici e sull’educazione al rischio sismico.” È del 16 maggio scorso la sentenza per il processo relativo al crollo della Casa dello Studente nel terremoto dell’Aquila nel quale morirono otto persone. L’edificio fu ristrutturato nel 2000 in modo inadeguato e senza rispettare i dovuti criteri antisismici. La sentenza condanna per omicidio colposo, disastro colposo e lesioni colpose, a 4 anni di reclusione e interdizione per 5 anni dai pubblici uffici, Bernardino Pace, Pietro Centofanti e Tancredi Rossicone, tecnici autori dei lavori di restauro del 2000 che, secondo l’accusa, avrebbero ulteriormente indebolito il palazzo, che già presentava vizi costruttivi all’epoca della sua edificazione negli anni sessanta. A due anni e mezzo è stato condannato Pietro Sebastiani, tecnico dell’azienda per il diritto agli studi universitari per non aver provveduto al collaudo statico.
La sentenza è motivata dal fatto che i tecnici condannati non hanno previsto un evento simile a quello che poi in realtà si è verificato, non hanno messo in atto le appropriate misure di protezione nella ristrutturazione dell’edificio e hanno fatto gravi errori progettuali, rendendo l’edificio vulnerabile. Si parla di previsione, e si sa che i terremoti non si possono prevedere. Allora un’altra sentenza che cerca dei capri espiatori? In questo caso la parola “previsione” ha un significato diverso e accettabile: non si trattava infatti di prevedere un evento in modo deterministico, cioè un terremoto in una data e un luogo precisi e con una determinata magnitudo. Si trattava di tenere conto che nell’arco di un periodo compatibile con la vita media dell’edificio sarebbe avvenuto un terremoto forte. Questo sì, non solo è possibile ma è doveroso, ed è proprio quello che sostengono i sismologi e hanno riassunto in modo eclatante nella Carta di pericolosità, legge dello Stato. Qui si tratta di previsione a lungo termine, di sapere cioè che in una zona ad alta pericolosità sismica (come è L’Aquila che si trova nella zona viola!) c’è l’altissima probabilità che nell’arco di tempo di alcuni anni avvenga un terremoto forte ed è, quindi, necessario il rispetto delle norme di edilizia antisismica.
“L’Italia si trova proprio sul bordo di due placche, — dice Concetta Nostro. —. Quella africana e quella euroasiatica. Dalla nuova mappa si vede benissimo che l’Italia si deforma di più nella parte meridionale rispetto a quella settentrionale e questo è perfettamente coerente con i dati sui terremoti. Confrontando i terremoti con i movimenti delle placche, si rileva una forte correlazione tra le cause (cioè i movimenti relativi delle zolle) e i terremoti. I dati sono estremamente precisi e molto eloquenti. Sappiamo anche che le deformazioni in atto nel bacino del Mediterraneo sono circa 10 volte inferiori a quelle che avvengono a Sumatra o in Giappone, che sono dell’ordine dei 10 centimetri all’anno. E questo spiega perché a Sumatra e in Giappone avvengono terremoti molto più forti che da noi, e più frequentemente.” La mappa ci dice molto anche sulle cause dei terremoti, ecco perché la Carta della sismicità in Italia è (potrebbe essere) un altro passo avanti sulla via della conoscenza e della prevenzione.
Crediti immagini: INGV