CRONACA – «Perché la rivoluzione oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente!»
Sembrano ispirarsi al verso di Gaber le politiche del Ministero dell’Istruzione italiano in materia di testi scolastici. La rivoluzione, non violenta ma per alcuni pericolosa, è quella digitale, che vorrebbe la graduale trasformazione dei libri di testo in prodotti multimediali.
Due mesi fa, l’Associazione Italiana Editori presentava ricorso al TAR contro il decreto Profumo, protestando per l’introduzione forzata dei testi scolastici digitali o misti a partire dal 2014. Una lotta bloccata sul nascere dal ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, che in un incontro con gli editori la scorsa settimana ha dichiarato di voler raccogliere le proteste e riprendere in mano il decreto. Un altro rinvio sembra quindi imminente, una volta che la decisione del ministro sarà formalizzata. Per l’introduzione obbligatoria di libri digitali a scuola bisognerà quindi aspettare probabilmente fino all’anno scolastico 2015/2016.
In attesa di una riforma più strutturale del sistema scolastico, la scelta conservativa del ministro sembra derivare dalla consapevolezza del ritardo che caratterizza la scuola italiana in ambito digitale. Senza una diffusione capillare di internet negli istituti scolastici e senza la formazione degli insegnanti, secondo il ministro, l’obbligo di adottare testi in formato digitale potrebbe essere prematuro. L’attenzione e gli investimenti dovrebbero essere rivolti in primo luogo alle infrastrutture. «La qualità dell’apprendimento dipende anche dall’ambiente nel quale studi», ha dichiarato Maria Chiara Carrozza in un’intervista al Messaggero. «Ci sono studi che lo dimostrano. Prima si interviene nell’edilizia poi sul resto».
Guardando qualche dato sulla sicurezza delle scuole italiane è difficile darle del tutto torto.
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