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Rico-distruzione di massa

Plates_tect2_it.svgCRONACA – Oggi un quarto della popolazione mondiale è concentrata in una delle zone maggiormente soggette a forti scosse di terremoto, dove le placche araba e indiana collidono e si scontrano con la parte meridionale della placca euroasiatica, devastando paesi che già versano per altre ragioni in gravi difficoltà, come Iran, Afghanistan, India, Pakistan, fino a raggiungere lo Sri Lanka e il Bangladesh.

Un team guidato da Roger Bilham dell’Università del Colorado e Vinod Gaur dell’Università indiana di Bangalore ha recentemente pubblicato su Science una ricerca sulle modalità attraverso cui questi stati affrontano il problema dei terremoti e su come avviene la ricostruzione nelle fasi appena successive. I ricercatori hanno subito notato che i morti per terremoti durante tutto il Novecento hanno di gran lunga superato quelli dei secoli precedenti. Secondo gli studiosi, le ragioni che portano a questo tragico esito sono da attribuirsi al recente aumento della popolazione a rischio in Pakistan e in India e alla fragilità dei metodi di costruzione introdotti nel secolo scorso.

In particolare, gli autori si sono posti due domande: perché gli edifici che vengono costruiti crollano non appena si verifica un’altra scossa, e come queste nuove strutture potranno in futuro sopportare lo stress sismico a cui queste aree sono sottoposte. Il problema principale secondo gli scienziati consiste nel fatto che la progettazione antisismica, laddove esiste, assume come modello l’architettura delle strutture pubbliche e non le abitazioni precarie dove vive la maggior parte della popolazione. Inoltre, dopo un forte terremoto, gli ingegneri sono soliti ricostruire la zona devastata in modo che sia in grado di far fronte a breve a ulteriori scosse della medesima gravità. Purtroppo però, a un’analisi storica più approfondita si nota che una volta che una zona ha subito un forte terremoto, successive scosse simili a questa non colpiscono la medesima area, ma potranno più facilmente manifestarsi altrove nella regione.

Quello che suggeriscono gli esperti è dunque di rivedere le attuali procedure messe in atto per far fronte ai fenomeni sismici e virare verso una ricostruzione delle aree a rischio che tenga in considerazione la fragilità della maggior parte delle abitazioni. Ma per fare questo, concludono i ricercatori, è necessario che i governi locali si impegnino a vietare pratiche di costruzione scorrette e non autorizzate e a introdurre invece sistemi di progettazione antisismica più adatti alle effettive condizioni della maggioranza degli abitanti.

Crediti immagine: Fradeve11, Wikimedia Commons

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.