SPECIALE OTTOBRE – “Per i suoi estesi sforzi per eliminare le armi chimiche”: queste le parole usate venerdì dal comitato accademico di Stoccolma nel consegnare il Premio Nobel per la pace all’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC), incoraggiando le sue future operazioni per lo smantellamento dell’arsenale Siriano. Una nomina che vuole sì riconoscere il contributo significativo di questo ente intergovernativo nel rispetto della Convenzione internazionale che bandisce questi mezzi d’attacco, ma che vuole essere anche un incoraggiamento per il futuro nel sottolineare l’urgenza di una spinta verso il disarmo al regime di Bashar al-Assad.
Oltre ad avere all’attivo la missione per sovrintendere all’eliminazione delle armi in Siria, l’Opac si è già dichiarata pronta anche per altre sfide. Subito dopo l’assegnazione del titolo infatti, il direttore generale dell’organizzazione Ahmet Uzumcu ha reso nota la speranza che questo contribuisca a rendere effettivo il bando anche nei paesi che ancora non hanno aderito alla Convenzione, ossia Angola, Birmania, Corea del nord, Egitto, Israele e Sud Sudan.
Da oltre dieci anni l’Opac si impegna a condurre ispezioni presso gli impianti di smantellamento di armi chimiche le industrie che maneggiano sostanze da cui sarebbe possibile ricavarne, con l’obiettivo di distruggere queste armi e prevenirne ulteriore assemblaggio. Oltre a quello di fornire assistenza e protezione alle popolazioni a rischio di attacco e promuovere la cooperazione internazionale.
Sacrosanto l’entusiasmo per il Nobel, ma purtroppo le ambizioni dell’Opac sono davvero ardue. Dicono gli esperti: “Quando un’arma viene inventata, non può essere disinventata. Non illudiamoci che queste armi scompaiano”. Una visione scettica, ma che prende ragionevolmente atto della facilità con cui è possibile in alcuni casi assemblarle o con cui è possibile bypassare i controlli. Un esempio rappresentativo è quello dei cosiddetti agenti binari, quei gas nervini che, grazie alla modalità di assemblaggio delle bombe, risultano innocui fino al momento in cui arrivano a destinazione. Come nel caso del VX, uno dei più tossici tra gli agenti nervini, il cui terribile principio attivo si genera all’istante quando due componenti chimiche, che vengono tenute in camere separate, si mescolano al momento dell’attacco. Con enormi vantaggi per la manipolazione e lo stoccaggio per chi vuole evadere la legge.
Non vanno inoltre dimenticate le vittime colpite da armi convenzionali, il cui numero è ancora spropositatamente più alto rispetto alle vittime delle armi di distruzione di massa, dove si inseriscono quelle chimiche. E come loro ormai agiscono in modo indiscriminato: “Le guerre moderne sono guerre asimmetriche, la distinzione tra civili e militari è molto difficile” commenta Luigi Barbato, uno dei responsabili dell’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo: “Le guerre di oggi ormai avvengono all’interno degli stessi stati, non ci sono due eserciti a scontrarsi, e i civili pagano il prezzo”.
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