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La speciazione vista dal genoma

598px-Heliconius_mimicryRICERCA – Delle tante sfide ancora aperte in biologia evoluzionistica, tra le più importanti, sia dal punto di vista teorico che empirico, c’è certamente la comprensione delle modalità mediante cui il genoma delle specie si modifica nel processo di separazione da un antenato comune. In particolare, due aspetti cruciali ancora da capire riguardano la velocità di divergenza dei genomi delle specie incipienti e l’individuazione delle regioni genomiche che possono giocare un ruolo di primo piano nell’origine delle specie. Negli ultimi decenni, con il prepotente avvento della biologia molecolare e con la messa a punto di procedure di sequenziamento e confronto di interi genomi sempre più sofisticate, è stato possibile compiere diversi passi avanti in tal senso. In questo contesto, si inserisce un recente studio pubblicato su Cell Reports, che ha indagato tale fenomeno in un gruppo di farfalle del genere Heliconius.

Questi organismi costituiscono un sistema molto utile per l’investigazione delle dinamiche sia intraspecifiche che interspecifiche che si instaurano durante i processi di formazione delle nuove specie. Le Heliconius sono infatti un gruppo di farfalle molto diffuso in tutta l’America Centrale e Meridionale, frutto di un recente episodio di radiazione adattativa, ancora in atto, che rende naturalmente disponibile un continuum di specie che si trovano nei differenti stadi nel corso della speciazione. Inoltre, molte di esse condividono le medesime aree e le specie maggiormente imparentate sono note per ibridare facilmente tra loro.

Lo studio ha confrontato il genoma completo di 32 individui appartenenti a cinque specie (H. hecale, H. ismenius, H. cydno, H. pachinus e H. melpomene) che rappresentano diversi punti nel corso del processo di speciazione: ad esempio, H. cydno e H. pachinus sono strettamente imparentate, ecologicamente simili e perfettamente interfeconde tra loro. L’isolamento riproduttivo in natura è garantito dalla distribuzione parapatrica e dalle diverse colorazioni delle ali (la prima ha bande bianche e la seconda gialle), che ne facilitano l’accoppiamento assortativo (l’accoppiamento tra membri della stessa specie). H. melpomene, invece, rappresenta un evento di speciazione precedente dal progenitore comune delle altre due. Le rimanenti due specie sono invece filogeneticamente distanti dal gruppo costituito da H. cydno, H. pachinus e H. melpomene.

I risultati indicano che nelle prime fasi del processo di speciazione (in questo caso il confronto è tra H. cydno e H. pachinus) la divergenza è ristretta solo ad una piccola parte del genoma, largamente concentrata nei geni che determinano la colorazione delle ali. Come già accennato, questo tratto è fondamentale per mantenere riproduttivamente isolate le due specie. Nelle fasi più avanzate della speciazione (in questo caso il confronto è tra H. melpomene e le due precedenti), invece, l’accumulo di differenze genetiche viene notevolmente amplificato e diffuso in tutto il genoma. E lo stesso discorso vale per i confronti tra le altre coppie di specie: man mano che l’antenato comune si localizza più indietro nel del tempo, la divergenza aumenta in maniera esponenziale (grafico).

L’evoluzione del genoma durante la speciazione, concludono i ricercatori, non è pertanto costante nel corso del tempo: la divergenza a livello di DNA tra due specie sembra infatti costituirsi lentamente, limitata dalla persistenza dell’ibridazione che favorisce lo scambio genico, e concentrarsi su quei tratti che facilitano l’isolamento riproduttivo, per poi accelerare bruscamente una volta che il flusso di geni viene definitivamente interrotto.

Crediti immagine: Ayacop, Wikimedia Commons

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Andrea Romano
Biologo e giornalista scientifico, lavora come ecologo all'Università degli Studi di Milano, dove studia il comportamento animale. Scrive di animali, natura ed evoluzione anche su Le Scienze e Focus D&R. Dal 2008, è caporedattore di Pikaia - portale dell'evoluzione