CRONACA

Le sorprese del meteorite russo

8475569087_9688d5b653_bCRONACA – A otto mesi di distanza hanno ritrovato i suoi resti in fondo al Lago Chebarkul, in Russia. Non capita tanto spesso che cada dal cielo un oggetto del genere, e un gruppo composto da 57 ricercatori non si è lasciato sfuggire l’occasione di studiarlo.

Stiamo parlando del più grande frammento del meteorite che ha colpito la zona di Chelyabinsk in Russia, il 15 febbraio scorso. Si tratta di un pezzo da 650 Kg, una scheggia considerando che il meteoroide originario doveva pesare intorno alle 1000 tonnellate. Ma ai ricercatori provenienti da 9 stati diversi  è bastato anche questo frammento. Sfruttando i mezzi più moderni, il team è riuscito a pubblicare sul numero dell’8 novembre di Science un vero e proprio identikit del meteorite.

Il corpo proveniente dallo spazio è composto da ordinaria condrite, ossia quello stesso materiale roccioso che compone tutti i corpi della famiglia di asteroidi Flora. Tuttavia il meteorite di Chelyabinsk sembra essere molto più giovane rispetto agli asteroidi di Flora. Il gruppo, formato da persone con diverse competenze, ha analizzato la composizione chimica dell’oggetto precipitato, ma anche le proprietà magnetiche delle particelle metalliche che lo componevano, oltre a farne una scansione a raggi X. In seguito a queste analisi, i ricercatori hanno fissato la sua data di nascita a 4452 milioni di anni fa, cioè  115 milioni di anni dopo la formazione del sistema solare. La cosa sarebbe dimostrata dal fatto che il meteorite ha assorbito le radiazioni cosmiche per solo 1,2 milioni di anni,  un tempo troppo breve di esposizione se confrontato con quello della famiglia Flora.
Il gruppo di ricerca ha pensato che il meteorite derivi da un’asteroide più grande, che si sarebbe frantumata proprio 1,2 milioni di anni fa, forse in seguito a un impatto con la terra. E la cosa sarebbe dimostrata dal fatto che il frammento roccioso ha numerose crepe e fratture, derivate da un precedente impatto che ha indebolito la compattezza del meteorite.

E questa è stata la nostra fortuna, dato che il meteorite è caduto in una zona abitata da quasi un milione di persone. Come dimostrato dalle numerose video-testimonianze, la roccia  si è incendiata non appena è entrata in collisione con la nostra atmosfera, a 30 km di altezza. In seguito all’esplosione, i tre quarti della massa rocciosa sono andati distrutti. Il pezzo rimanente, proprio per sua scarsa compattezza, si è sbriciolato quasi completamente formando un pulviscolo incandescente. Solo frammenti di dimensioni relativamente piccole sono arrivati fino a terra.

I danni sono stati comunque ingenti: 1200 persone sono finite in ospedale, ustionate dalla forte luce dovuta all’esplosione o per avere inalato le polveri calde. Lo scoppio della meteora ha provocato un’onda d’urto pari a quella provocata da 600 mila tonnellate di tritolo, che ha investito un’area pari a 90 km di diametro, provocando forti oscillazioni delle abitazioni.

A spingere i ricercatori nello studio di quest’oggetto non è stata solo la curiosità, o l’ebrezza di avere tra le mani un corpo proveniente da così lontano nel tempo e nello spazio. Recenti osservazioni effettuate da sensori a infrasuono del governo americano,  fanno supporre che frammenti come quello precipitato a Chelyabinsk possano arrivare sulla Terra molto più di frequente rispetto ai 150 anni ipotizzati. Studiare gli effetti di questo impatto con i mezzi più moderni che abbiamo a disposizione, serve a stabilire un modello su cui prevedere, e quindi prevenire, le conseguenze di collisioni future.

Crediti immagine: Alex Alishevskikh, Flickr

Condividi su
Giulia Annovi
Mi occupo di scienza e innovazione, con un occhio speciale ai dati, al mondo della ricerca e all'uso dei social media in ambito accademico e sanitario. Sono interessata alla salute, all'ambiente e, nel mondo microscopico, alle proteine.