SALUTE – “È l’unica patologia tumorale che potrebbe diventare una malattia rara se eliminassimo l’abitudine al fumo” (Silvia Novello, Presidente di Walce onlus – Women Against Lung Cancer)
“C’è un’arretratezza culturale nell’associazione tra cancro e fumo. Ma se non hai mai fumato e ti ammali? Come succede?” (Andrea Ardizzoni, Direttore della Struttura Complessa Oncologia Medica di Parma)
“Anche per quanto riguarda il tumore del polmone, la terapia personalizzata è la svolta” (Federico Mereta, giornalista medico-scientifico)
Punti di vista differenti ma anche diverse chiavi di lettura per un’unica patologia: se ne è parlato a Il tumore del polmone: approcci mirati, un punto di svolta?, il media tutorial che si è tenuto a Roma il 19 novembre. Una data non casuale visto che novembre è stato dichiarato Mese di sensibilizzazione mondiale del tumore del polmone, e quale migliore occasione per presentare i più recenti sviluppi in tema di cure personalizzate? Di questo tipo di tumore si parla molto poco, ha spiegato Mereta nella sua introduzione, e solo quando ci sono buone notizie. Quindi raramente. Ed è difficile anche comunicare le novità, perché il cancro del polmone continua a essere associato alla colpevolizzazione e stigmatizzazione dei pazienti, a quel “Ma lei fumava?” subito dopo la diagnosi. Fino a dieci anni fa l’iter era uno e uno soltanto: ci si sottoponeva all’intervento chirurgico e poi alla chemioterapia. Solo in seguito sono state indagate le cellule tumorali, scoprendo che ci sono situazioni genetiche particolari che permettono terapie mirate. Un punto di svolta? Si.
Da alcuni anni lo studio dell’assetto genico del cancro ha infatti modificato radicalmente la classificazione dei tumori polmonari, rendendo possibile identificare la cura più adatta a ogni paziente grazie alle informazioni istologiche e molecolari del singolo tumore. Come ha spiegato Lucio Crinò (Struttura Complessa Oncologica Medica, Perugia) “L’alterazione genetica è l’evento principale per lo sviluppo del NSCLC, un adenocarcinoma a grandi cellule che costituisce il 60% dei tumori al polmone. NSCLC non risponde efficacemente alla chemioterapia e colpisce anche persone più giovani, oltre a essere più comune nei non fumatori. Ma la mutazione è anche il bersaglio molecolare per i nuovi trattamenti”. Un esempio? I tumori ALK-positivi, nei quali la traslocazione del gene ALK determina la produzione di una proteina (una tirosin-chinasi) che innesca la proliferazione cellulare incontrollata e di conseguenza il tumore. Sul fronte delle terapie personalizzate nell’ultimo decennio sono stati compiuti enormi progressi: la molecola più recente è crizotinib, ha spiegato Crinò, che agisce proprio sul recettore ALK con risposta positiva nel 60% dei casi e due volte l’efficacia della chemioterapia. Un passo in avanti non da poco nella medicina personalizzata, “Una terapia disegnata sul paziente come un abito fatto su misura” ha confermato Novello, ribadendo tuttavia una necessità imprescindibile: per ogni paziente, patologo e biologo devono avere a disposizione materiale bioptico di qualità e quantitativamente sufficiente, per assicurare tutti i passaggi di laboratorio necessari a ottenere una diagnosi corretta e garantire l’esecuzione dei test biomolecolari.
Come ha precisato Novello, inizia proprio a questo livello l’importanza di una buona comunicazione riguardo al tumore del polmone, sia tra il medico e il paziente che tra questo e la società. “È fondamentale che il paziente sappia che i test per individuare le mutazioni va eseguito solo se necessario, perché per molte forme di tumori le probabilità che siano positivi sono scarsissime ed è più efficace la chemioterapia. Dobbiamo anche sapergli spiegare perché il crizotinib negli Usa è disponibile subito dopo la diagnosi, ad esempio, mentre in Italia no”. Nonostante Walce sia nata come onlus rivolta alle donne, offre aiuto e consulenze a tutti i pazienti: “Il tumore del polmone ha dei numeri talmente elevati che un’associazione pazienti è fondamentale” ha aggiunto Novello “e questo va oltre la medicina di genere, pur sapendo che l’abitudine al fumo è in crescita tra le donne e in calo tra gli uomini, con un divario tra i sessi che negli anni Sessanta era del 58,8%, oggi supera di poco il 4%”.
Un po’ di numeri dal rapporto AIOM–AIRTUM del 2012: solo in Italia si ammalano di tumore del polmone 39.000 persone l’anno (l’11% di tutte le diagnosi di tumore), che incidono per 1/4 sulla popolazione femminile e 3/4 su quella maschile. L’età media di insorgenza è tra i 65 e i 70 anni e nella maggior parte dei casi il tumore viene diagnosticato in fase ormai avanzata e non è operabile. “Mancano metodiche di screening efficaci” spiega Ardizzoni “e tra un soggetto e l’altro la variabilità e enorme. Clinica, per età e presenza di altre malattie, oppure genetica, nel caso ci siano mutazioni. Gli stessi tumori sono variabili, spesso regolati da meccanismi molecolari diversi”. Nel corso della vita, un uomo su 9 e una donna su 36 vanno incontro al rischio di sviluppare un tumore del polmone, indipendentemente dai fattori di rischio; c’è tuttavia una relazione diretta con la quantità e la durata del fumo, che rimane la causa nell’80-90% dei casi . E si tratta di un nesso che non viene certo fatto passare inosservato.
“Nel 2001 metà degli articoli pubblicati sul tumore del polmone trattavano di fumo, nel 2008 erano ancora il 48%, e oggi? Se controllassimo, sarebbero certamente molti di più” ha confermato Daniela Minerva (L’Espresso). Nonostante il carcinoma al polmone sia la forma di tumore più diffusa al mondo, non è presente sui media e nella conversazione pubblica se non quando lo si può correlare ai danni da fumo oppure alle campagne di prevenzione, e vi è quindi una differenza anche qualitativa rispetto alla presenza mediatica degli altri. Lo testimonia un articolo comparso su Jama (Journal of the American Medical Association) nel 2010, nel quale si tratta dettagliatamente la copertura mediatica sull’oncologia. Il 50% riguarda i tumori al seno e alla prostata, il 20% i tumori in generale mentre quelli sul polmone rimangono agli ultimi posti. “Il successo mediatico del tumore del seno, ad esempio, è legato anche ad aspetti sociali o a una sua componente glamour, perché ha avuto tra le pazienti anche star di Hollywood o del mondo della moda che una volta guarite sono diventate testimonial” spiega Minerva. Ma per il tumore del polmone è tutta un’altra storia. “A oggi il dato globale di sopravvivenza al tumore del polmone è inchiodato a circa il 18%. È informazione di guerra questa, non ci sono testimonial famosi e i sopravvissuti non vengono mai citati: ma non credo sia solamente perché sono pochi”. Si danno solo le buone notizie dunque, e dato che il fumo è la causa diretta nella maggior parte dei casi l’asse comunicativo si è completamente spostato in quella direzione. Se sei malato perché fumavi sei colpevole, te la sei cercata, vieni ostracizzato. “E di certo raccontarlo non è glamour, per i media” conclude Minerva.
Crediti immagine: The Armed Forces Institute of Pathology (AFIP), Wikimedia Commons