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Quando la garza fallisce, le spugne fermano l’emorragia

3233653164_4e2fcf121f_bRICERCA – Gli interventi d’emergenza sui campi di battaglia possono essere brutali almeno quanto le ferite. Come si ferma un’emorragia? Il medico infila la garza direttamente dentro la ferita, a volte profonda più di dieci centimetri. E se il flusso di sangue non si ferma entro tre minuti… tutta la garza deve essere estratta, e bisogna ricominciare daccapo. Si, fa male e non è una cosa rapida.

Dovrà pur esserci un metodo alternativo, direte voi, magari un po’ meno doloroso e al contempo più efficace. Ebbene ora c’è: è il frutto del lavoro di RevMedx, una startup dell’Oregon formata da un bouquet di professionisti che spaziano dai veterani di guerra agli scienziati, passando per gli ingegneri, tutti alla ricerca di un modo per fermare efficacemente un’emorragia.

Il frutto del lavoro di RevMedx è una speciale siringa modificata, che inietta nella ferita delle spugne rivestite che la sigillano e bloccano il flusso di sangue, più velocemente ed efficacemente rispetto a una garza. Il team si è ispirato alla schiuma che viene utilizzata per le riparazioni d’emergenza degli pneumatici, sapendo tuttavia che la pressione sanguigna è troppo alta per mantenere una sostanza simile nel corpo, che verrebbe dunque spazzata via.

Perché dunque non provare con le spugne? I ricercatori di RevMedx si sono così procurati delle normali spugne dal ferramenta, le hanno tagliate fino a ottenere piccole sfere del diametro di 1 centimetro e le hanno iniettate nelle ferite di alcuni animali, che hanno subito smesso di sanguinare. Nel giro di 15 secondi le spugne si espandono fino a riempire l’intera cavità della ferita, creando una pressione sufficiente a interrompere il sanguinamento. Inoltre, aderendo efficacemente alle superfici umide, le spugne hanno tutte le caratteristiche giuste per adeguarsi al corpo umano e non venire espulse.

Veloce, efficace e un’ottima idea: dopo aver visto i primi prototipi della siringa spara-spugne, l’esercito degli Stati Uniti ha finanziato il progetto con un fondo di 5 milioni di dollari, per completare lo sviluppo del prodotto definitivo.

Ma sarà sicuro iniettarsi spugne nelle ferite? Ovviamente no, infatti il materiale che verrà usato nel prototipo finale della siringa dovrà essere sterile, biocompatibile e a rapida espansione. Nei piani di ricerca a lungo termine c’è anche riuscire a utilizzare un materiale biodegradabile, in modo che le spugne non debbano essere rimosse dal corpo. Il team RevMedx ha intanto lavorato su una spugna speciale fatta di pasta di legno e rivestita con chitosano, una sostanza antimicrobica derivata dall’esoscheletro di alcuni crostacei, che sortisce effetto coagulante. Per rendere le spugne ancora più sicure, ed essere certi che non ne rimangano accidentalmente nel corpo, vengono tutte contrassegnate con dei marcatori visibili ai raggi x.

E che dire della siringa? Il team ha lavorato con Ziba, un’azienda di design di Portland, per progettare una siringa in policarbonato di 30 millimetri di diametro, con manico all’interno per risparmiare spazio. Per utilizzare la siringa il medico estrae il manico, inserisce il cilindro nella ferita e inietta le spugne il più vicino possibile all’arteria. Potrebbe trattarsi di una totale rivoluzione negli interventi d’emergenza, con novità positive su ogni fronte; basti pensare che tre siringhe monouso sostituiscono nel kit medico almeno cinque rotoli di garza, portando a un guadagno anche in termini di spazio e peso. RevMedx ha lavorato anche su una versione più piccola dell’applicatore, con un diametro di soli 12 millimetri e adatta a ferite meno profonde.

Fonti: RevMedx, Popular Science

Crediti immagine: gosheshe, Flickr

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".