Trattato Europa-Usa sul libero commercio: quali garanzie per gli alimenti e l’ambiente?
ECONOMIA – Siamo nel vivo di un lunghissimo negoziato che scavalca l’Oceano Atlantico e punta dritto a creare un varco tra le barriere commerciali tra Europa e Stati Uniti. Come? Ridefinendo i requisiti d’accesso dei prodotti degli Usa nel territorio europeo e viceversa. Dal mercato delle auto ai generi alimentari, passando attraverso la produzione industriale e la sanità, sono perciò in fase di discussione le normative a garanzia della sicurezza di un grandissimo numero di oggetti e materiali che usiamo comunemente.
Il nome del negoziato è Transatlantic Trade and Investment Partnership, spesso abbreviato TTIP, ed entro la fine del 2014 porterà all’omologazione delle normative e all’abolizione dei controlli e dei dazi doganali (finora necessari a evitare frodi, accertare la sicurezza dei prodotti, schivare i pericoli del bio-terrorismo), incentivando di fatto gli scambi commerciali tra i due continenti. Ma a quale scopo? E laddove le normative a cui siamo abituati dovessero venire stravolte a favore di un compromesso con gli Usa, quali sarebbero le ricadute sulla qualità dei nostri prodotti alimentari, sui metodi di produzione, e quale il conseguente impatto ambientale? Abbiamo deciso di fare un punto attraverso ciò che finora (poco, in realtà) è stato svelato in via ufficiale.
Perché il TTIP
Omologare le normative sui prodotti commerciali per eliminare i dazi doganali fungerebbe da lubrificante per l’ingresso e l’esportazione dei prodotti. Questo sia a livello pratico, dove le imprese qualificate potranno beneficiare di un regime semplificato e svincolato dall’attrito della burocrazia per sdoganare i carichi, sia a livello economico, con quote di risparmio notevoli su entrambi i fronti dell’Oceano. Secondo le dichiarazioni della Commissione Europea, il potenziale risparmio per l’economia nel nostro continente potrebbe raggiungere i 120 miliardi di euro all’anno (545 euro a famiglia); quelli per l’economia americana, i 90 miliardi.
Secondo le stesse dichiarazioni la libertà dei paesi coinvolti di agire per proteggere i cittadini dai rischi per la salute, la sicurezza e l’impatto ambientale non sarebbe in discussione ma, di fatto, le trattative si sono svolte finora quasi completamente all’ombra, sollevando preoccupazioni e inevitabili polemiche.
La mancata trasparenza e le perplessità
“Sui negoziati commerciali è necessario muoversi con un certo grado di confidenzialità per operare con successo”, dicono dalla Commissione, altrimenti sarebbe come “giocare a carte mostrando le proprie all’avversario”. Insomma, fino al termine delle trattative sarà davvero difficile che le nuove regole vengano rese note. Rendere le normative più compatibili non significherebbe però “adagiarsi sul minimo comune denominatore”, rassicurano i responsabili delle trattative, “bensì capire dove si collocano le divergenze più immotivate”. Il nostro alto livello di protezione, qui in Europa, non sarebbe perciò negoziabile.
Ciò non toglie che i consumatori potranno toccarlo con mano solo a fatto compiuto, poiché persino le richieste di pubblicazione delle bozze di negoziato sono rimaste prive di seguito. Non resta quindi, per il momento, che cercare di comprendere almeno in che ambiti è in corso il dibattito. Eccone alcuni, che abbiamo isolato tra le attività dove si muovono le maggiori critiche.
L’agricoltura
Gli Stati Uniti sono intenzionati ad aumentare le esportazioni di grano e soia. L’Europa, piuttosto, di prodotti lavorati come l’olio di oliva e vini o birra di alta qualità. Sono attivi oggi alcuni blocchi verso l’esportazione di alcuni frutti e su molte bevande pesano tasse di scambio anche del 22-23%. È probabile che alla firma del TTIP seguirebbe la rimozione di questo tipo di clausole e che per molti dei nostri prodotti la strada americana sarebbe facilitata.
Ma come la mettiamo con le pratiche di lavorazione dei terreni e delle materie prime? Quali sarebbero i requisiti a garanzia della loro qualità? Un esempio (tra i tantissimi possibili) è quello relativo all’uso dei pesticidi: in vista dell’omologazione delle normative sui prodotti agricoli, potrebbero variare le tipologie, ma anche le stesse soglie accettabili, di queste sostanze. Idem per i fertilizzanti, per i livelli di sfruttamento dei terreni e per la manipolazione dei raccolti.
Gli Ogm
Ci saranno forzature ad amplificarne l’uso in Europa? Stando alle dichiarazioni la risposta è negativa, in quanto le norme basilari che li regolano non fanno parte del negoziato. Gli organismi geneticamente modificati che, entro le normative europee, sono già autorizzati come alimenti, mangimi o sementi (in totale 52) possono già essere commercializzati in Europa sotto il controllo della European Food Safety Agency (Efsa), la cui procedura non dovrebbe subire alcun tipo di deviazione in seguito alle trattative.
L’allevamento
Il TTIP è certamente per l’Europa un’occasione per ampliare il giro di consumatori dei derivati caseari e dei salumi, ma alcuni gruppi sostengono che le nuove politiche potrebbero mettere seriamente a rischio la protezione e la valorizzazione dei prodotti tipici. Basti pensare alla (già sudata) normativa sui marchi DOP, DOC, che potrebbe essere rimessa in discussione.
Altre perplessità sono generate dalla paura che i nostri supermercati possano popolarsi di carni imbottite di ormoni o antibiotici, anche se su questo punto la Commissione Europea si è dichiarata irremovibile nella tutela della qualità.
L’impatto ambientale
Dovrebbe essere modesto e, nonostante la leva della liberalizzazione degli scambi, comportare un innalzamento molto contenuto delle emissioni di Co2. Si prevedono effetti modesti anche sull’aumento del volume dei rifiuti, sul possibile calo della biodiversità e lo sfruttamento delle risorse naturali. Questo secondo le previsioni della Commissione Europea.
Per un parere più equo, parallelamente al TTIP è stato fortunatamente lanciato anche il Trade Sustainability Impact Assessment (Trade SIA), che calcolerà le ricadute ambientali, ma anche sociali, connesse al negoziato, e che è stato affidato a un organo esterno e imparziale. E forse sarà proprio da questo ente che arriveranno i primi dati davvero indipendenti sui possibili effetti delle trattative in corso.
Crediti immagine: Benson Kua, Flickr