ATTUALITÀ – La procura di Torino ha chiuso le indagini sulla vicenda Stamina. Gli indagati sarebbero venti e i capi di accusa per niente leggeri: associazione a delinquere finalizzata alla truffa, aggravata in quanto ai danni della Sanità pubblica, e somministrazione di farmaci pericolosi. Per Vannoni si aggiungono anche l’ipotesi di esercizio abusivo della professione medica e violazione della privacy (per i video che ritraevano bambini malati postati sulla sua pagina Facebook).
Si tratta dell’ultimo, pesante, capitolo di una vicenda che ha registrato una grande assenza, quella dei dati scientifici, ma in compenso è stata tutta un pullulare di giudici, tribunali, sentenze, decreti legge e manifestazioni. La saga giudiziaria legata a Stamina inizia a cavallo tra il 2009 e il 2010, quando il procuratore Guariniello avvia un’inchiesta per somministrazione di farmaci pericolosi per la salute, truffa e associazione a delinquere. Nonostante questo, nel 2011, per motivi ancora poco trasparenti, il metodo approda agli Spedali Civili di Brescia. Ed è qui che nel 2012, su richiesta di Guariniello, intervengono i NAS per ispezionare il laboratorio dove vengono eseguite le lavorazioni sulle cellule usate da Stamina. Le analisi parlano di una struttura assolutamente inadeguata e l’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco, decide di intervenire ponendo il divieto di “effettuare prelievi, trasporti, manipolazioni, colture, stoccaggi e somministrazioni di cellule umane presso l’Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia in collaborazione con la Stamina Foudation ONLUS”. Passano solo pochi mesi e le famiglie dei malati, supportate dal Movimento Pro Stamina (sul sito i documenti necessari), si rivolgono ai tribunali del lavoro dando il via ad una pioggia di ricorsi per poter continuare il trattamento. La prima sentenza arriva dal tribunale di Venezia il 30 agosto 2012. Il giudice ordina agli Spedali Civili di proseguire le infusioni su di una piccola paziente. Secondo dati presentati al Senato, aggiornati al 31 marzo scorso, sono 519 in totale i ricorsi presentati. Quelli accettati hanno dato il via ad una lunga lista di attesa per il trattamento. Sono infatti 147 i pazienti che aspettano di sottoporsi alle infusioni presso gli Spedali Civili, come già avvenuto per altri 36 pazienti . L’ultimo pronunciamento contro il blocco di AIFA è arrivato qualche giorno fa dal giudice Genna del tribunale Civile di Marsala. Una “barbarie” sospendere i trattamenti al piccolo Gioele, che andrebbe incontro a “morte certa”.
Nel frattempo, i medici degli Spedali Civili di Brescia hanno annunciato, lo scorso 2 aprile, di sospendere tutte le infusioni, anche quelle ordinate dai vari tribunali, in attesa che si pronunci il nuovo Comitato scientifico. La bocciatura unanime del metodo Stamina da parte del primo comitato scientifico, nominato dal Ministero della salute nel luglio 2013, era stata infatti sospesa dal Tar del Lazio pochi mesi dopo. La decisione presa dall’ospedale bresciano è stata dettata anche dall’assenza, per motivi personali, di Erica Molino, l’unica biologa autorizzata da Stamina alla preparazione delle cellule. Secondo Vannoni, la macchina è invece pronta a ripartire. “Il 5 maggio contiamo di riprendere le infusioni secondo il protocollo”, dice. E, dopo il rinvio a giudizio della Procura di Torino aggiunge “altro che truffatore. Stamina è da premio Nobel per la Medicina”.
C’è da chiedersi cosa resta ancora dopo 519 ricorsi, 20 rinvii a giudizio, centinaia di sentenze, due comitati scientifici nominati e 918.000 euro di spese legali a carico di un ospedale pubblico, se non la speranza tormentata di chi aspetta, nonstante tutto, di veder scorrere quella lunga lista d’attesa e l’amaro in bocca per un sistema che non ha saputo impedire a priori questo far-west giudiziario.
Elaborazione grafica: Silvia Reginato