RICERCA – Un team internazionale di scienziati ha elaborato un’epidermide (lo strato più esterno della pelle) completamente in laboratorio, a partire da cellule staminali pluripotenti umane (iPSC): questo traguardo potrebbe presto offrire alternative valide ed economicamente efficaci ai modelli animali ora utilizzati per testare cosmetici e farmaci, aiutando anche nella comprensione e studio di malattie rare o comuni che colpiscono la pelle.
A partire da cellule staminali pluripotenti indotte, il team guidato da Theodora Mauro è riuscito a produrre veri e propri cheratinociti, la tipologia cellulare predominante nello strato più esterno della pelle. Queste cellule create in laboratorio sono quasi identiche a quelle che vengono originate dalle cellule staminali embrionali umane (hESC) e dai cheratinociti ottenuti dalle biopsie, conservandone la funzione e la struttura. Partendo da questi presupposti, i ricercatori hanno creato l’epidermide tridimensionale lavorandola in un ambiente ad alta e poi bassa umidità, in modo da creare una barriera permeabile funzionale. Questa è essenziale per evitare che il corpo umano perda la sua umidità ed entrino invece al posto dell’acqua tossine, sostanze chimiche nocive o microbi.
Lo studio è stato condotto in collaborazione tra il King’s College di Londra e il San Francisco Veteran Affairs, e pubblicato su Stem Cell Reports. Come spiegano i ricercatori, l’epidermide costituisce un’interfaccia di protezione tra il corpo e l’ambiente esterno. Finora non eravamo in grado di costruire in laboratorio un’epidermide davvero funzionale, che svolgesse i compiti di quella reale efficacemente, venivano perciò sfruttati dei modelli in vitro elaborati a partire da campioni bioptici di pelle.
“La capacità di ottenere un numero infinito di unità geneticamente identiche può essere sfruttata per studiare una gamma di condizioni cliniche nelle quali la barriera costituita dalla pelle è difettosa a causa di mutazioni nei geni che ne regolano la formazione, come l’ittiosi (pelle asciutta e screpolata) o la dermatite atopica”,spiega Mauro. “Possiamo utilizzare questo modello per studiare in che modo si sviluppa, normalmente, la barriera costituita dalla pelle, come viene colpita dalle varie malattie e in che modo possiamo stimolarne la riparazione e la guarigione”.
Crediti immagine: Jo Andre Johansen, Flickr