LA VOCE DEL MASTER – Tremore, rigidità muscolare, lentezza nei movimenti. Nei pazienti affetti da Parkinson, quando si manifestano questi sintomi, metà dei neuroni che controllano i movimenti sono, purtroppo, già morti a causa del morbo. La malattia neurodegenerativa, che colpisce circa il 3 per mille della popolazione generale e l’1 per cento di quella sopra i 65 anni, ha infatti un’evoluzione lenta ma progressiva.
Per questo motivo gli studi sulla diagnosi precoce diventano cruciali. All’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa il gruppo di ricerca guidato da Filippo Cavallo ha progettato e realizzato dei sensori indossabili capaci di rilevare anche le minime alterazioni motorie, permettendo di poter intervenire fin dalle fasi iniziali della malattia. “In genere la diagnosi avviene circa 5-7 anni dopo l’insorgenza della malattia”, racconta Erika Rovini, assegnista di ricerca all’Istituto di Biorobotica. “Con una mappatura tridimensionale dei movimenti possiamo Individuare anche i primi segni di degrado delle attività motorie e iniziare le cure con largo anticipo”.
I farmaci neuroprotettivi possono, infatti, rallentare il declino delle attività motorie, migliorando sensibilmente la qualità della vita dei pazienti. Andando inoltre a diminuire l’impatto economico della malattia sulla società, che è stimato in 14 miliardi di euro per la sola Europa.
Dallo scorso settembre, inoltre, i ricercatori dell’Istituto di Biorobotica mettono a disposizione i sensori per un progetto della ASL 1 di Carrara sull’iposmia idiopatica, un deficit delle vie olfattive di cui non si conosce la causa scatenante. Lo studio, del quale a breve usciranno i primi risultati, si basa sul fatto che le vie olfattive sono le prime a essere danneggiate dal Parkinson, precedendo anche di anni i problemi a quelle motorie. Carlo Maremmani, neurologo a capo della ricerca, sta collaudando i sensori della scuola pisana su un gruppo di pazienti che presentano un indebolimento sospetto del senso dell’olfatto, e quindi con un maggiore rischio di contrarre la malattia.
Ma le applicazioni di questi sensori indossabili non sono limitate alla diagnosi: possono rivelarsi utili anche nella fase di monitoraggio del malato, che può usarli in autonomia nella propria abitazione. “Con questi dispositivi, di piccole dimensioni e facilmente utilizzabili anche dal paziente stesso, la valutazione della malattia diventa quantificabile in modo oggettivo”, conclude Rovini.
E proprio per la loro usabilità, i sensori possono trovare applicazione anche nell’ambito delle case smart e della domotica per anziani e disabili. Nella casa domotica dell’Istituto di Biorobotica si pensa già a come integrare i sensori con i robot domestici o gli elettrodomestici.
Immagine di apertura, montaggio video e slideshow di Viola Bachini. Riprese video di Giacomo Destro
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