AMBIENTE – Secondo la US Environmental Protection Agency (EPA), un quinto delle emissioni di metano è da attribuirsi agli animali da allevamento come i bovini, gli ovini e gli altri ruminanti. Nel caso delle mucche il gas serra prodotto è oltre 25 volte più potente dell’anidride carbonica stessa, ma addirittura all’interno della stessa specie, tra i diversi individui, la quantità di metano emessa varia molto. Per stati come la Nuova Zelanda, dove per ogni abitante ci sono sette pecore, la problematica si fa piuttosto urgente; gli scienziati hanno perciò voluto indagare il ruolo giocato in questo fenomeno dai microbi che vivono nel rumine, l’organo caratteristico degli animali ruminanti. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Genome Research.
I ricercatori dello US Department of Energy Joint Genome Institute (DOE JGI), in collaborazione con la AgResearch Limited hanno studiato il contenuto del rumine tramite sequenziamento del DNA e tecniche molto sofisticate. “Volevamo capire perché alcune pecore producono molto metano, altre poco”, spiega Eddy Rubin, direttore del DOE JGI. “Lo studio mostra che il responsabile di questa differenza è proprio il microbiota degli animali [quello situato nel rumine]”.
Per condurre la ricerca, gli scienziati hanno seguito un gruppo di animali di un programma neozelandese per la selezione e la riproduzione di ovini a basse emissioni, che cerca di raggiungere tale obiettivo senza compromettere altri tratti come la riproduzione, la produzione di lana e la qualità della carne. Sono state così selezionate 22 pecore, e tra queste individuati i quattro individui con le emissioni più elevate, quelli con le emissioni più basse e due animali su un livello intermedio. I dieci campioni metagenomici raccolti dai vari rumine sono stati poi analizzati e sequenziati in laboratorio, fornendo dati per 50 miliardi di basi ciascuno grazie all’approccio proprio della metagenomica, che si avvale di tecniche genomiche dedicate a studiare i microrganismi direttamente nel loro ambiente naturale evitando la coltivazione in laboratorio, particolarmente difficile se si tratta di ricreare condizioni estreme per temperatura, salinità e via dicendo.
In seguito, i ricercatori hanno cercato di individuare l’eventuale correlazione tra la quantità di batteri metanogeni presenti nelle pecore e le emissioni, basse o elevate. Nel caso delle prime hanno trovato un livello particolarmente alto di batteri del genere Metanosphaera, nelle seconde, invece, della specie Methanobrevibacter gottschalkii. Grazie a indagini approfondite, gli scienziati hanno scoperto che i livelli ai quali vengono espressi i geni coinvolti nella produzione di metano si modificano in maniera sensibile nelle varie pecore, suggerendo una regolazione differente forse legata alla concentrazione di idrogeno nel rumine, o al tempo di elaborazione del cibo nei prestomaci. “Non è tanto la composizione del microbioma a determinare le emissioni, come si tenderebbe a pensare, ma è principalmente la regolazione trascrizionale dei microbi a fare la differenza. Un concetto piuttosto nuovo negli studi di metagenomica”, spiega Rubin. Grazie a questa scoperta, i ricercatori ora conoscono nuovi target per indirizzare la riduzione delle emissioni, agendo direttamente a livello del microbioma.
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