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Niente terrestri su Marte (per ora)

Una valutazione del MIT ha bocciato il progetto Mars One, per il quale si era candidato anche il fisico Carlo Rovelli. I coloni marziani finirebbero per morire nel giro di 68 giorni, probabilmente per soffocamento

Water_ice_clouds_hanging_above_Tharsis_PIA02653_black_backgroundTECNOLOGIA – Mars One è l’ambizioso progetto del ricercatore olandese Bars Lansdorp, che prevede di riuscire a spedire una prima colonia umana su Marte già nel 2025. Prima un satellite artificiale per le telecomunicazioni, poi un viaggio di sola andata per gli astronauti che, una volta arrivati a destinazione, dovrebbero essere raggiunti, ogni due anni, da un nuovo gruppo di coloni. L’unico limite per tentare la sorte sul pianeta rosso: avere tra i 18 e i 40 anni.

Il 31 agosto 2013 la fondazione Mars One aveva chiuso ufficialmente la sua prima call di iscrizioni online, raccogliendo ben oltre le 200.000 adesioni da 140 paesi diversi. Tra gli aspiranti coloni marziani ad aver inviato la propria candidatura via video c’erano 46 italiani, e a fare più notizia era stato il fisico e saggista Carlo Rovelli, del Centre de Physique Theorique de Luminy, vicino a Marsiglia. “Faccio parte di una generazione che voleva cambiare il mondo ma non ci è riuscita”, raccontava lo scienziato al Corriere, “questa è una possibilità per provarci altrove”.

A/R week end, parti il sabato e torni la domenica

Per rendere più appetibile il progetto marziano, Lansdorp prevede di trasformarlo in una sorta di reality show, attirando così le attenzioni non solo del pubblico ma anche di potenziali investitori. Terminata la prima selezione tramite i video postati online con l’apposito form, seguiranno visite mediche e colloqui per capire se questi aspiranti coloni hanno la tempra per affrontare il viaggio. Poi il reality vero e proprio, una sorta di Grande Fratello per far conoscere gli astronauti al pubblico e far scegliere ai telespettatori chi vincerà il biglietto di sola andata per raggiungere Curiosity&co.

Al termine delle selezioni a carattere nazionale non “ne resterà soltanto uno”, bensì quattro, la cui partenza è prevista per il 2025. Secondo Lansdorp i costi non saranno poi così astronomici, in funzione del fatto che si tratta di un viaggio di sola andata e non è necessario organizzare il rientro sulla Terra. A differenza di Trenitalia, insomma, non c’è un risparmio se pianificate anche il ritorno da Marte. Neanche se lo fate nel week end.

Nel 2020, in base ai piani di Mars One, è previsto il lancio di un rover per l’esplorazione, seguito da un altro che lo raggiungerà circa un paio d’anni dopo. Poi l’ultimo cargo di approvvigionamenti. Questi due rover, unendosi ai loro cugini già in loco, dovranno posizionare le capsule destinate alle abitazioni e ai rifornimenti dei coloni, che una volta giunti potranno dedicarsi alle attività marziane senza intoppi. Costruendo la prima colonia umana permanente su Marte. O perlomeno questo è quanto sostengono a Mars One, dicono in base a numerosi studi e valutazioni (etiche, psicologiche, economiche e quant’altro) condotti da esperti del settore.

Colonizzeremo Marte. Anzi no.

Quindi siamo pronti a spedire il primo quartetto di John Carter? Non secondo un gruppo di ricercatori del MIT (Massachussetts Institute of Technology), secondo i quali i coraggiosi coloni sarebbero destinati a morire di asfissia entro 68 giorni dall’arrivo. Bocciato Mars One. Secondo la valutazione della fattibilità tecnica del progetto, resa pubblica da poco dagli scienziati, non siamo ancora in possesso di una tecnologia tale da rinnovare efficacemente l’aria di un ambiente chiuso -quale sarebbero le abitazioni e le strutture per le coltivazioni dedicate ai coloni, condensate nelle stesse costruzioni-.

Garantire i livelli di ossigeno necessari per permettere agli esseri umani di respirare normalmente non è ancora possibile, spiegano gli esperti MIT nel loro studio, o almeno non lo è in uno scenario marziano come quello previsto da Mars One. Nelle case su Marte l’umidità raggiungerebbe presto livelli del 100%, proprio perché il progetto prevede che il cibo venga coltivato lì: ne risulterebbe una produzione di ossigeno tale da far soffocare i coloni. La prima necessità, dunque, è elaborare dei sistemi per rimuovere l’ossigeno in eccesso.

Acqua cibo e rifornimenti

Anche l’idea di ottenere l’acqua da bere a partire dalle riserve di ghiaccio trovate su Marte è, agli occhi del MIT, decisamente poco attuabile allo stato attuale delle tecnologie spaziali. Per sopravvivere in salute, inoltre, a un colono sarebbero necessarie oltre 3.000 calorie al giorno, ovver un quantitativo di cibo decisamente più elevato rispetto alle aspettative di produzione dei “campi” marziani, all’interno delle strutture abitative. La maggior parte delle valutazioni fatte nello studio è stata possibile grazie ai dati raccolti dagli astronauti che sono stati a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.

Dal punto di vista dei rifornimenti, uno degli aspetti che non sembrano essere stati considerati a fondo è quello degli elementi di ricambio per le strutture marziane. Parti sostitutive che diventerebbero necessarie già nel giro di pochi anni, e che presto arriverebbero a costituire il 62% delle spedizioni di materiale dalla Terra alla colonia. E se i nuovi marziani stampassero in 3-D tutto ciò di cui hanno bisogno? In un lontano futuro, forse, perché all’attuale livello della tecnologia non sarebbe possibile. E probabilmente, nello spazio, nemmeno al livello che potremmo raggiungere nel 2025. Economicamente non così poco dispendioso come prospetta la visione di Lansdorp, anzi: gli stessi costi per mandare su Marte i primi quattro astronauti e avviare la missione sono ben maggiori di quelli anticipati. Supererebbero infatti i 4,5 miliardi di dollari solo per la prima partenza.

Prospettive allettanti, ma facendo un passo indietro

Secondo Olivier de Weck, professore di aeronautica e astronautica del MIT, la prospettiva di costruire un insediamento permanente su Marte è decisamente eccitante. Per renderla reale, tuttavia, abbiamo ancora bisogno di raggiungere una serie di innovazioni in svariati ambiti della tecnologia. “Non stiamo dicendo, in maniera assolutistica, che Mars One non si potrà attuare”, spiega de Weck. “Però pensiamo non sia fattibile secondo i progetti che hanno elaborato finora”. Per garantire sicurezza ai coloni, dunque, e permettere loro di giungere sul pianeta in condizioni sicure, c’è ancora molto lavoro da fare. D’altronde, Marte è l’unico pianeta che conosciamo abitato solamente da robot.

@Eleonoraseeing

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: NASA/JPL/MSSS, Wikimedia Commons

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".