IsiPU: cercare i dinosauri con le app
Dalla app IsiPU alla paleontologia digitale, come si viaggia nel tempo profondo con la tecnologia
CULTURA – “Il bello della paleontologia rispetto alle altre scienze è che una volta terminati i lavori di scavo, estrazione e studio, i reperti vengono ripuliti e preparati all’esposizione, si possono mostrare in tutto il loro splendore” racconta Marco Cherin, paleontologo presso l’Università di Perugia, a una platea di grandi e piccoli in occasione del Festival della Scienza di Genova. Imparare anzitutto osservando, e in quanto a osservazione un’occasione in più ci è data dalla tecnologia, come i nostri smartphone, che diventano un interessante terzo occhio per andare letteralmente indietro nel tempo, oppure i software di ultima generazione che permettono di ricostruire virtualmente interi scheletri a partire da pochi frammenti ritrovati, studiarli come se li avessimo lì davanti a noi.
Un incontro molto interessante, quello genovese, che ha visto dialogare un paleontologo “navigato” come Raffaele Sardella, e tre dei giovani studiosi di paleontologia più promettenti per lo sviluppo di questa scienza nel nostro paese: Marco Cherin, appunto, Dawid Adam Iurino, che ha appena conseguito il Dottorato di ricerca in Scienze della Terra all’Università La Sapienza di Roma e Luca Bellucci, membro del Consiglio Direttivo dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana (IsIPU).
Fulcro dell’incontro: la paleontologia italiana. Sì perché contrariamente a quello che si pensa, in Italia i dinosauri ci sono stati, eccome, e ci sono gruppi di ricerca che li stanno studiando. Fino a qualche decennio fa era opinione comune fra i paleontologi che in Italia, essendo sommersa nel Mesozoico (un periodo compreso fra 251 e 0,4 milioni di anni fa) non vi fosse stata la presenza di dinosauri. Nel 1992 invece ci si rese conto che sebbene la penisola fosse sostanzialmente sommersa in quel periodo, vi erano tuttavia delle zone emerse, dove è stata accertata la presenza dei dinosauri. Anzi, addirittura quello che viene soprannominato Ciro, un dinosauro italiano il cui nome scientifico è Scipionyx samniticus, è in realtà una star nel mondo dei paleontologi, perché è l’unico al mondo a conservare parte degli organi interni. Due di questi siti di ritrovamento dei dinosauri si trovano in Ciociaria, nella parte meridionale del Lazio, precisamente a Coste San Giacomo e Fontana Ranuccio. Due siti geograficamente molto vicini fra loro, ma che raccontano due mondi completamente diversi sotto il profilo paleontologico, il primo risalente a 2 milioni anni or sono, e l’altro a 5000 mila anni fa.
“C’erano molti modi per raccontare il nostro lavoro qui – racconta Luca Bellucci – e noi abbiamo scelto di puntare sulla tecnologia, creando la app IsiPU, gratuita per smartphone tramite cui è possibile anche da casa, oltre che una volta presenti sul sito, scoprirne tutti i segreti: chi erano e come erano fatti gli animali che vivevano nella zona, come si presentava il sito dal punto di vista orografico, oltre al racconto del lavoro di noi paleontologi durante le fasi dello scavo.” Uno dei tool è la cosiddetta barra del tempo che mostra i siti di Coste San Giacomo e Fontana Ranuccio come sono oggi e semplicemente trascinando indietro la barra temporale, come erano milioni di anni fa. Oltre a immagini interattive che permettono di farsi un’idea della grandezza di questi antichi abitanti della zona rispetto all’uomo. Un’esperienza molto educativa specie per i più piccoli, che possono vedere da vicino cosa significa fare il paleontologo. Perché – ci tiene a precisare all’inizio dell’incontro Marco Cherin, il lavoro del paleontologo non è il lavoro dell’archeologo. L’archeologo scava nel terreno alla ricerca di segni del passaggio dell’uomo sul territorio, mentre al paleontologo interessano i fossili, cioè i resti di qualsiasi organismo del passato.
“Noi ricercatori, che oggi abbiamo all’incirca 30 anni, siamo i figli della generazione Jurassic Park” spiega Dawid Adam Iurino, che si definisce paleontologo virtuale e che si occupa in particolare di grafica 3D. “Un film pieno di effetti speciali che ha letteralmente cambiato il modo di immaginare i dinosauri e ha introdotto nel mondo della paleontologia l’idea di utilizzare le nuove tecnologie all’interno di un lavoro così tradizionalmente manuale. Dal 1993 ad oggi però il mondo è cambiato moltissimo e la tecnologia ci aiuta sia dal punto di vista dello studio, che della comunicazione, a partire dai bambini”.
Il lavoro di paleontologia di Iurino avviene infatti prevalentemente al computer. “Digitalizzo i reperti fossili per esempio usando la TAC, la stessa che viene utilizzata in ospedale per osservare l’interno del corpo umano.” Sono tre in particolare i settori in cui lavora il paleontologo digitale, prima fra tutte la paleopatologia, che ci racconta cioè quando una certa patologia ha cominciato a svilupparsi e come si è evoluta, e che ha permesso di scoprire che anche i dinosauri per esempio soffrivano di tumore. La seconda branca di ricerca che fa ampio uso delle nuove tecnologie è la paleoneurologia, cioè lo studio del cervello di animali estinti. Infine, la ricostruzione 3D, che permette di risalire all’esatta conformazione degli arti di animali di cui altrimenti sarebbe impossibile conoscere l’esatta anatomia.
Perché il paleontologo ha come obiettivo quello di leggere il tempo profondo, e le nuove tecnologie oggi a disposizione, anche in Italia -sottolineano i relatori alla platea genovese – rendono questo viaggio assai più interessante e completo.
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