CRONACA – “Vicino, ma niente sigaro questa volta”. Commenta così patron Elon Musk il tentativo della sua Space X di lanciare un carico in orbita e riuscire a recuperare il razzo per poterlo riutilizzare. Per quanto riguarda la missione cargo con la navicella Dragon, partita prima dell’alba di sabato 10 gennaio della Florida dalla base di Cape Canaveral della NASA, tutto ha funzionato regolarmente (anche se il volo doveva essere inizialmente effettuato il giorno dell’Epifania scorso). Ma gli occhi di tutti erano puntati sul rientro del razzo Falcon 9, che sarebbe dovuto atterrare su di una piattaforma galleggiante appositamente predisposta nell’oceano. Il commento di Musk racchiude il senso dell’esperimento: lo abbiamo fatto arrivare dove volevamo, ma l’impatto è stato troppo violento e non potremo riutilizzarlo.
La Space X, azienda completamente privata che ha un contratto con la NASA per il servizio di cargo, ha aperto da qualche tempo la strada verso un razzo riutilizzabile. Ogni volta che una capsula spaziale viene mandata fuori dall’atmosfera terrestre, infatti, il primo stadio del razzo, quello che dà la spinta per raggiungere la velocità di fuga dalla gravità terrestre, viene sganciato e ricade solitamente in mare a peso morto, danneggiandosi in modo irreversibile. Il che significa un enorme costo per l’azienda che a ogni lancio deve impiegare praticamente ex novo un razzo. L’idea della Space X è che non c’è nessuna ragione per la quale non si possa pensare di recuperarlo con un atterraggio morbido, risparmiando una delle componenti più costose di ogni lancio.
La piattaforma di atterraggio galleggiante di Space X.
I primi tentativi effettuati dall’azienda americana non sono andati a buon fine: il razzo era caduto a circa 3 chilometri di distanza dal punto previsto per il recupero. Un po’ troppo. Nel corso del 2014, altri due tentativi avevano visto perfetti “soft landings”, ma non sulla piattaforma, bensì direttamente in mare. Il lancio del 10 gennaio doveva combinare entrambi gli aspetti, migliorando l’accuratezza della mira e mantenendo la delicatezza dell’impatto. Purtroppo non tutto è andato come previsto, ma prima di quest’ultimo lancio, Elon Musk aveva spiegato che la possibilità di successo era comunque al 50%, se non qualcosa meno.
La tecnologia per il rientro del Falcon 9 sulla piattaforma prevede il razzo sia dotato di un motore supplementare, meno potente di quello per il lancio, che possa fornire una spinta verso l’alto sufficiente a rallentarlo durante la caduta, che – va sottolineato – inizia a velocità supersonica. In questa fase il razzo apre anche una serie di alettoni che servono alla squadra a terra per pilotare la planata verso la piattaforma.
Mentre la squadra di Space X cercherà di capire come migliorare la performance al prossimo tentativo, il cargo Dragon rimarrà agganciato alla Stazione Spaziale Internazionale per un mese. La lascerà, infatti, il 10 febbraio e intraprenderà il suo breve viaggio verso il proprio “splash” in mare.
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