Cancro, quando i bersagli sono i telomeri
Individuati due biomarcatori per individuare i danni nelle cellule tumorali. La base per lo studio di nuovi farmaci ancora più mirati
RICERCA – I telomeri giocano un ruolo chiave nell’invecchiamento cellulare, perché ci accorciano mano a mano che la cellula si divide, e una volta che diventano molto brevi, la cellula stessa comincia il suo processo di invecchiamento. In una cellula tumorale invece, questo processo di morte cellulare, che significherebbe l’eliminazione del tumore stesso, non si innesca. Le cellule tumorali non invecchiano, potremmo dire che sono immortali, e questo è un problema dal momento che in questo modo il cancro non solo rimane vivo, ma si espande.
Per questo motivo uno dei punti focali della ricerca sul cancro è riuscire a capire i punti deboli del DNA delle cellule tumorali, e in particolare i punti deboli dei telomeri, in modo che diventino “mortali”. Individuare quindi il bersaglio migliore dove colpire, grazie a farmaci mirati.
Una novità in questo senso arriva dall’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma, che da anni studia i telomeri come potenziali bersagli terapeutici per il trattamento dei tumori. La novità è che alcuni ricercatori sono riusciti a rivelare il meccanismo tramite il quale alcuni farmaci riconoscono le parti malate nei telomeri e le distruggono, lasciando intatte quelle sane. Lo studio, è stato pubblicato su Nucleic Acid Research.
“I farmaci antitumorali agiscono sul DNA, che risulta danneggiato in caso di cancro – spiega Annamaria Biroccio, ricercatrice IFO coinvolta nella ricerca – ma qui abbiamo fatto un passo in più, lavorando cioè su una porzione precisa di DNA, cioè appunto i telomeri. Abbiamo scoperto che se i telomeri sono alterati, le cellule tumorali sono particolarmente sensibili all’azione di alcune molecole; in altre parole, sono più deboli”.
Il centro di tutto è quindi l’alterazione dell’equilibrio del telomero, che è ciò da cui sono partiti i ricercatori del Regina Elena per studiare i meccanismi che dovranno essere alla base di nuovi farmaci mirati contro questa porzione di DNA danneggiato. Hanno infatti creato artificialmente in laboratorio un telomero non funzionale nelle cellule sane, osservando che proprio la presenza di questo telomero faceva sì che queste cellule sane, diventassero improvvisamente sensibili al trattamento.
Nel dettaglio, a raccontare quando il telomero in questione è danneggiato sono le proteine, e in questo caso specifico il disaccoppiamento di due proteine specifiche: la Gamma-H2AX e la 53BP1, che esprimono il grado di danno al DNA telomerico di una cellula tumorale, che rende le cellule suscettibili al trattamento.
“In altre parole quello che emerge dal nostro studio – prosegue la Biroccio – è che queste proteine si comportano come biomarcatori per il danno telomerico, ci dicono cioè quando un telomero è più debole, indicandoci il posto giusto dove colpire.”
Al momento però, affinché questi risultati si traducano in farmaci in grado di agire in maniera mirata sui telomeri, bisognerà attendere. “Perché studi di questo tipo attraggano le case farmaceutiche è necessario aver confermato su più fronti l’efficacia di alcuni biomarcatori, per individuare a quali pazienti si potrebbe somministrare un farmaco di questo tipo e a quali invece no.” Per fare questo è necessario però ancora qualche tempo. “Dobbiamo insomma confermare l’efficacia di questi biomarcatori proteici che abbiamo individuato, e poi si potrà cominciare a pensare in termini di farmaci.”
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