Si possono predire i disturbi dell’ansia?
Disturbi psichiatrici come ansia e depressione potrebbero essere previsti prima del loro manifestarsi, grazie al monitoraggio della zona cerebrale dell'amigdala
RICERCA – Ognuno di noi reagisce in maniera diversa agli eventi stressanti ed esistono persone più suscettibili che possono sviluppare nel tempo gravi problemi psichiatrici. Si può predire la comparsa di questi disturbi per una migliore prevenzione? Secondo uno studio pubblicato da un team di ricercatori della Duke University sulla rivista Neuron, sembrerebbe di sì, grazie al monitoraggio dell’attività elettrica dell’amigdala, zona cerebrale sottocorticale che è coinvolta nella percezione ed espressione delle emozioni.
A tutti capita di scontrarsi con eventi drammatici e stressanti come la perdita di una persona cara, ma non tutti rispondono allo stesso modo. Alcuni soggetti sembrano essere più sensibili a tali eventi, al punto da sviluppare negli anni disturbi psichiatrici di vario tipo, come depressione e ansia.
A cosa si deve questa differenza di reazione? C’è un modo per predire questa suscettibilità e individuare le persone a rischio in modo da poter prevenire per tempo gli effetti dannosi di tali disturbi? Alcuni studi hanno cercato di rispondere a questa domanda, ipotizzando un legame tra intensità dell’attività cerebrale e una diversa reazione a eventi traumatici. Tuttavia si è trattato di studi con pochi soggetti e, questi pochi soggetti, erano già persone considerate a rischio, come i reduci di guerra.
Per vederci più chiaro, i ricercatori della Duke University hanno condotto uno studio su 340 adulti sani che hanno seguito per quattro anni. Per prima cosa è stata misurata l’intensità elettrica dell’amigdala per monitorare la sua attività, grazie all’utilizzo della risonanza magnetica funzionale. Durante l’esperimento ai soggetti sono stati mostrati volti arrabbiati o impauriti.
La seconda parte dello studio consisteva invece nel fornire, alle persone coinvolte, un test online da compilare ogni tre mesi nel quale segnalare eventi traumatici capitati. Contemporaneamente veniva chiesto di rispondere a un questionario per valutare lo stato di ansia e di depressione.
Dai risultatì è emersa una correlazione tra intensità dell’attività cerebrale dell’amigdala e i sintomi dei disturbi di ansia e depressione, provocati da eventi traumatici capitati nel corso degli esperimenti. Chi all’inizio dello studio mostrava un’amigdala più attiva, quindi, sviluppava nel corso dei quattro anni successivi (la durata del test) sintomi di ansia e depressione più gravi.
Questa ricerca ha permesso di capire come una diversa attività cerebrale in soggetti sani possano predire come reagiranno tali persone a eventi traumatici e quindi qual è il rischio che possano sviluppare disturbi mentali. Il risultato davvero sorprendente è che basta una misura di attività cerebrale piuttosto semplice per darci informazioni utili sulla suscettibilità di una persona a sviluppare un disturbo, già con anni di anticipo.
Pur trattandosi di un dato preliminare che indica solo un fattore di rischio, si aprono nuove possibili vie di prevenzione dei disturbi mentali post-traumatici. Come afferma Johnna Swartz, tra gli autori dello studio, si tratta di un marcatore cerebrale attraverso il quale “possiamo in teoria indirizzare le persone a richiedere trattamenti prima che il disturbo si manifesti”.
Non solo. Con queste informazioni forse si potrà, come lo stesso gruppo di ricerca sta cercando di fare, identificare marcatori genetici che possano essere delle spie su una diversa attività dell’amigdala. In questo modo si potrebbero individuare le persone a rischio con specifici esami, meno costosi della Risonanza Magnetica.
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