Perché alcune galassie producono getti luminosi e altre no
Mistero svelato grazie al telescopio Hubble e a un team internazionale guidato da un italiano
RICERCA – Non tutti i buchi neri supermassicci presenti nelle galassie producono potenti emissioni radio associate a getti di materia. Ma ora sappiamo che esiste una correlazione fra la presenza di questi getti luminosi in una galassia e sua storia evolutiva, cioè se la galassia è in fase di scontro con altre o se la fusione è avvenuta da poco. Questo non significa che tutte le galassie che presentano getti siano in formazione, ma i dati hanno comunque permesso ai ricercatori, grazie al telescopio Hubble, di evidenziare una correlazione. Lo studio è stato pubblicato su The Astrophysical Journal.
Perché in alcune galassie attive si generano dei getti luminosi mentre in altre no? Sembra una domanda molto specifica, ma porta con sé implicazioni di ampio respiro. “Capire come e quando vengono prodotti i getti è un problema importantissimo per la fisica. Questi getti hanno una luminosità migliaia di volte superiore a quella di una galassia e l’energia prodotta viaggia quasi alla velocità della luce, circa al 99,9% della famosa costante c. Per questo capire come originare una quantità così importante di energia è una risposta che potrebbe riguardare l’attività di molti fisici al mondo, anche fra chi non studia le galassie.”
A parlare è Marco Chiaberge, ricercatore dell’Istituto di Radioastronomia dell’INAF e ora allo Space Telescope Science Institute di Baltimora, negli Stati Uniti e alla Johns Hopkins University. I suoi commenti illustrano un’importante scoperta che fa luce – è proprio il caso di dirlo – su come vengono generati questi getti di materia. In alcuni casi la materia, attratta dalla forza gravitazionale del buco nero presente al centro della galassia, muovendosi produce le fortissime emissioni elettromagnetiche, che interagendo con il campo magnetico generato producono a loro volta le onde radio osservate.
“Studiare l’evoluzione delle galassie attive, la loro formazione, che cosa accade quando si scontrano, e che ne è dei loro buchi neri significa indagare il nostro stesso passato, dato che si calcola che ogni galassia, compresa la nostra, sono state attive per il 10% circa della loro vita.”
Guardare lontano, si sa, è come guardare indietro nel tempo, e in questo caso i ricercatori grazie alla potente Wide Field camera 3 (WFC3) del telescopio Hubble, hanno osservato una porzione di universo circa 9 miliardi di anni luce lontano da noi. “Le condizioni fisiche di galassie così antiche sono molto diverse da quelle di oggi, anche perché quando l’universo, e quindi le galassie, erano più giovani, gli scontri avvenivano molto più frequentemente rispetto a oggi.”
Inoltre gli scontri possono avvenire in fasi diverse nella vita dell’universo. “Per questo sarà necessario studiare le galassie a diversi redshift” conclude Chiaberge. “Ora abbiamo inquadrato la dinamica generale e prossimo passo sarà quello di capire i dettagli, anzitutto osservando una porzione di cielo più ampia, in modo da produrre delle statistiche a seconda dei vari sottogruppi di galassie esaminate. Al momento abbiamo fatto richiesta sempre per Hubble per una seconda fase di osservazioni, e per l’utilizzo del telescopio Alma in Cile. Con questi due strumenti siamo persuasi che anche la seconda fase di osservazione e analisi ci porterebbe belle sorprese.”
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Crediti immagine: ESA/Hubble, L. Calçada (ESO)