Medico insonne? Meno empatia verso il paziente
I professionisti della salute che soffrono di problemi legati al sonno sono meno empatici, il che può portare a decisioni mediche frettolose e sbagliate
SALUTE – Un sondaggio Anaao-Assomed, di recente, ci ha raccontato una situazione del personale sanitario italiano che ha del paradossale (anche se non stupisce troppo): i nostri medici, da nord a sud della penisola, non sono in salute. Poche assunzioni, orari che rendono difficile conciliare vita privata e lavorativa, troppi pazienti. Due medici su cinque fra gli intervistati italiani hanno dichiarato di soffrire di problemi cardiovascolari, altrettanti hanno problemi legati al sonno. La situazione già così non promette bene, e si apre a ventaglio su una serie di questioni che sono più attuali che mai. Dalla relazione medico-paziente sempre più frettolosa a chi si domanda “che fiducia può dare un professionista che fuma, è sovrappeso, non cura per primo la propria salute?”, fino a un elemento ancora più preoccupante, da poco messo in luce da uno studio su Sleep.
Secondo la ricerca i problemi legati al sonno, come l’insonnia, riducono sensibilmente l’empatia di chi lavora nella sanità. Non solo medici ma anche infermieri, farmacisti, tecnici di laboratorio, radiologi. E tra le conseguenze c’è il rischio, ovviamente umano, di sbagliare. Gli autori hanno preso un campione di 97 professionisti tutti afflitti da problemi legati al sonno, confermati dall’Insomnia Severity Index: difficoltà nell’addormentarsi, frequenti risvegli durante le ore di sonno, incapacità di dormire a lungo anche quando avevano la disponibilità di farlo. Il loro livello di empatia è stato misurato con l’Interpersonal Reactivity Index (IRI) un indice che fonda la sua valutazione principalmente su quattro elementi, la fantasia, il perspective taking (capacità di osservare le cose da altri punti di vista, non necessariamente con empatia), l’empatia vera e propria e l’ansia/disagio legati alla sofferenza altrui.
Si sono così resi conto che più era grave il problema di insonnia dei lavoratori, più si abbassava la loro capacità di mettersi nei panni altrui e di provare empatia, ovvero comprendere davvero lo stato d’animo di un’altra persona e “parteciparne”. Un elemento non propriamente secondario quando il rapporto con il prossimo è centrale nel lavoro che si svolge, e perdere la profondità del legame può far prendere decisioni mediche sbagliate e frettolose. In attesa di nuovi risultati su campioni più ampi di professionisti sanitari, questa prima piccola indagine ci aiuta di sicuro a riflettere. Sono già note, ad esempio, le conseguenze che può avere un impiego a turni, che in quanto a portarsi dietro problemi di salute non scherza. Se agli orari sballati, il carico di lavoro eccessivo e i troppi pazienti (difficili da seguire tutti con cura) si aggiunge anche questo, diventa più facile entrare nell’idea di cosa stia andando storto di recente nel rapporto medico-paziente. Ma anche farmacista-paziente e via dicendo. Che sia l’ora di abbracciare davvero l’approccio della slow medicine, per fare il bene di entrambe le parti?
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