Cordone ombelicale: il momento giusto per “chiuderlo”
Lo confermano sempre più dati: legare il cordone 2-3 minuti dopo la nascita ha una serie di effetti positivi, a breve e a lungo termine.
GRAVIDANZA E DINTORNI – Per molto tempo, la norma in sala parto è stata chiara: il cordone ombelicale si “clampa” (cioè lo si lega per interrompere il flusso di sangue dalla placenta, un’operazione che precede il taglio) subito dopo la nascita. Questione di una manciata di secondi. Oggi, però, l’atteggiamento è cambiato. Sulla base di un numero crescente di studi, sempre più autorità sanitarie e associazioni scientifiche (dal Royal College of Obstetricians & Gynaecologists all’Organizzazione mondiale della sanità) suggeriscono di non avere troppa fretta: meglio aspettare 2-3 minuti per i bambini sani nati a termine e comunque non prima di quanto strettamente necessario per i prematuri o i bimbi nati in emergenza.
L’ultimo punto a favore del cosiddetto clampaggio tardivo viene da uno studio svedese che, per la prima volta, mostra l’assenza di rischi a lungo termine per questa pratica. Al contrario, la legatura tardiva del cordone sembra comportare benefici in termini di miglioramento delle abilità motorie fini, soprattutto nei maschi.
Già nel 2011, Ola Andersson e colleghi, dell’Università di Uppsala, avevano pubblicato un primo studio sul confronto a breve termine tra clampaggio precoce (entro 10 secondi dalla nascita) e tardivo (dopo 3 minuti) del cordone, esaminato in un gruppo di 400 bambini. Era emerso che, a 4 mesi di età, i piccoli che avevano subito il clampaggio tardivo mostravano livelli di ferritina (un indice delle riserve di ferro dell’organismo) più elevati e un rischio minore di anemia neonatale. I ricercatori, però, non si sono fermati qui e quando i bambini hanno compiuto 4 anni ne hanno ricontattato le famiglie, per valutare, attraverso test per i piccoli e questionari per i genitori, anche una serie di aspetti legati allo sviluppo cognitivo e motorio. Indagini che hanno portato a due buone notizie.
La prima è che, in generale, non ci sono differenze tra i due gruppi di bambini per quanto riguarda lo sviluppo cognitivo e neurologico generale. In altre parole: la legatura tardiva del cordone non comporta rischi a lungo termine. La seconda è che, al contrario, la pratica può avere effetti positivi, soprattutto nei maschi: quelli ai quali il cordone era stato clampato più tardi, infatti, hanno mostrato punteggi più alti nei test di motricità fine (relativi ad abilità come manovrare le forbici, allacciare i bottoni, disegnare).
“Un risultato perfettamente sensato dal punto di vista scientifico” commenta il neonatologo Andrea Dotta, responsabile del reparto di Terapia intensiva neonatale dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma. “Il punto è che nel cordone ombelicale c’è ancora una buona quantità di sangue fetale. Se si aspetta qualche minuto a legarlo, le pulsazioni della placenta riescono a spingere questo sangue nel bambino, che così riceve circa 80-100 ml di sangue più”.
Un “bonus” che significa più globuli rossi, e dunque più ferro e sono proprio queste maggiori riserve di ferro acquisite alla nascita che potrebbero rendere conto delle migliori performance neuromotorie dei bimbi studiati da Andersson. Il ferro, infatti, è un elemento molto importante per lo sviluppo neurologico del bambino: “Se nei primi mesi di vita è carente, i bambini possono andare incontro a conseguenze importanti” spiega Dotta. Certo in Svezia, come in genere nei paesi ricchi e sviluppati, difficilmente oggi i bambini mostrano carenze significative.
E in effetti, lo studio di Andersson dice che la pratica del clamping tardivo è associata a miglioramenti molto lievi (a proposito: riguarda soprattutto i maschi perché nel primo anno di vita le femmine hanno di solito migliori riserve di ferro). Però un gesto semplice come aspettare qualche minuto primo di legare e recidere il cordone ombelicale potrebbe avere effetti importanti nei paesi in cui la carenza di ferro in epoca perinatale e l’anemia causata da carenza di ferro sono più rilevanti.
E non è tutto, perché in gioco non c’è solo la quantità di ferro. “Il clampaggio tardivo del cordone favorisce il passaggio dalla circolazione placentare del feto a quella polmonare del neonato, ormai fuori dall’utero” spiega Enrico Ferrazzi, direttore della clinica di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale Buzzi di Milano e ordinario dell’Università di Milano. “In altre parole, ottimizza l’attività respiratoria e quella circolatoria del bambino, sia in caso di parto naturale sia, a maggior ragione, in caso di parto cesareo. Perché se con il primo, il bambino, attraverso il travaglio, ha avuto tempo per cominciare ad adattarsi alla vita extauterina, con il secondo il passaggio è traumatico. In effetti, si è visto che le piccole complicanze respiratorie o cardiovascolari che possono essere associate al cesareo si riducono se si aspettano almeno 40-60 secondi prima di clampare”. E lo stesso vale per bimbi prematuri, che nascono (o vengono fatti nascere, per esempio per problemi nella crescita) prima del tempo.
A meno che non ci siano emergenze particolari, anche quando il piccolo pesa meno di 1 kg si possono aspettare 40-60 secondi, iniziando la procedura di assistenza respiratoria con il bimbo ancora attaccato alla placenta. “I dati a nostra disposizione dicono che questo riduce la richiesta di trasfusione di globuli rossi nei primi giorni di vita e il rischio di emorragie cerebrali” puntualizza Dotta.
L’unico “effetto collaterale” di un clampaggio ritardato del cordone è l’aumento del rischio di ittero neonatale. In forma lieve, però, e perfettamente gestibile con la fototerapia. Era questa possibilità, insieme all’idea che un taglio immediato del cordone riducesse il rischio di emorragia post parto per la mamma, a spingere verso l’intervento a pochi istanti dalla nascita. Ormai, però, vari studi hanno concluso che il rischio di emorragia materna non aumenta e che, per il neonato, la bilancia pende comunque a favore del taglio tardivo. Che tuttavia non è ancora diffuso quanto dovrebbe e potrebbe, considerato che è una procedura a costo zero.
“Tutti i centri nascita più grandi e importanti ormai la praticano, ma sul territorio la situazione è a macchia di leopardo” afferma Dotta. Anche perché finora di indicazioni ufficiali in materia non ce ne sono. “Già ora la Sigo, Società italiana di ginecologia e ostetricia, raccomanda il calmpaggio tardivo” sottoliena Ferrazzi, che anche referente Sigo su questi temi. “Però siamo consapevoli che serve una posizione ufficiale. Per questo, la Sigo sta lavorando alla messa a punto di linee guida più stringenti”.
Leggi anche: Il pesce giusto per mamma
Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.
Crediti immagine: mliu92, Flickr