Perché Svetlana Aleksievich ha vinto il Nobel per la letteratura
Narrare gli eventi storici per indagare l’essere umano: l’opera di Svetlana Aleksievich vince il premio Nobel 2015 per la letteratura
CRONACA – “Negli ultimi trenta o quaranta anni è stata occupata a costruire una mappa dell’individuo sovietivo e post-sovietico. Ma non è davvero una storia di eventi, è una storia di emozioni. Quello che ci offre è veramente un mondo emozionale”. Così commenta Sara Danius, Segreteria Permanente dell’Accademia di Svezia, l’opera della giornalista e scrittrice Svetlana Aleksievich. Quattordicesima donna a vincere il Premio Nobel per la letteratura (l’ultima prima di lei era stata Alice Munro nel 2013), l’autrice bielorussa è stata premiata per il suo lavoro di narrazione corale, che ha testimoniato l’esperienza umana dentro a grandi eventi nella storia dell’Unione Sovietica e del suo disfacimento. “Gli eventi storici che ha trattato nei suoi libri”, continua Sara Danius (tra l’altro la prima donna a ricoprire questo ruolo per l’Accademia Svedese), “per esempio il disastro di Chernobyl o la guerra sovietica in Afganistan, sono in un certo senso solo pretesti per esplorare l’individuo sovietico e post-sovietico. Ha condotto centinaia e centinaia di interviste a bambini, donne e uomini, e in questo modo ci offre una storia di un essere umano di cui non sapevamo molto”.
L’attribuzione del Nobel per la letteratura ad Aleksievich non arriva inaspettata. Secondo il sito inglese di scommesse Landbrokes (il cui favorito ha però vinto il premio soltanto una volta nei precedenti 11 anni), la scrittrice era data per favorita (per 3/1), davanti al giapponese Haruki Murakami e al keniota Ngugi Wa Thiong’o (6/1). Con la sua opera più giornalistica che narrativa nel senso tradizionale, l’autrice rompe una lunga pausa nell’assegnazione del premio svedese ad autori di non-fiction. Una pausa durata più di cinquant’anni, lamentava l’anno scorso il giornalista Philip Gourevitch dalle pagine del New Yorker, felice di vedere Svetlana Aleksievich tra i favoriti del Nobel. “È possibile che il comitato del Nobel possa finalmente ribaltare l’ignobile trattamento della cosiddetta ‘scrittura di non-fiction’, e ammettere che si tratta di letteratura?”.
Be’, la vittoria della giornalista bielorussa sembra indicare che sì, è possibile.
Svetlana Aleksievich, nata nel 1948 nella città di Ivano-Frankivs’k (oggi in Ucraina), ha lavorato come giornalista per il giornale Sel’skaja Gazeta, a Minsk, in Bielorussia. Il suo primo libro, tradotto in italiano come La guerra non ha un volto di donna (1985), raccoglie le esperienze delle donne che hanno partecipato alla Seconda Guerra Mondiale sul fronte russo.
Nel 1989 l’autrice pubblica Ragazzi di Zinco (pubblicato in italiano per edizioni e/o nel 2003), un’inchiesta sull’intervento militare sovietico in Afganistan, e sulle conseguenze drammatiche lasciate sulla popolazione (i “ragazzi di zinco” del titolo sono i migliaia di giovani soldati sovietici ritornati dal fronte in casse di zinco e sepolti di nascosto).
Sono i suicidi causati dal crollo dell’Unione Sovietica al centro di Incantati dalla morte (1997; pubblicato in Italia nel 2005 per edizioni e/o), in cui Aleksievich raccolta il fallimento del Paese attraverso un intreccio di destini individuali.
Esce nel 1997 Preghiera per Chernobyl (questo il titolo con cui il testo è pubblicato in Italia, sempre per edizioni e/o, nel 2004), che raccoglie le voci dell’umanità colpita dalle conseguenze del disastro nucleare di Chernobyl del 1986.
È stato pubblicato lo scorso anno da Bompiani il suo ultimo libro, Tempo di seconda mano. La vita in Russia dopo il crollo del comunismo, in cui la scrittrice cerca di tratteggiare la fine dell’impero sovietico attraverso una raccolta di interviste a persone comuni, condotte nel corso di decenni.
Non manca chi legge nella scelta dell’Accademia Svedese un atto politico, in un momento storico in cui le tensioni tra l’Europa e la Russia sono più vive che mai. Per le sue posizioni anti-regime e le sue critiche, la scrittrice è stata a lungo invisa alle autorità sovietiche, e ha dovuto trascorrere molti anni all’estero. “Nel scegliere Aleksievich”, scrive Alexandra Alter sul New York Times, “il comitato svedese continua una lunga tradizione dell’uso del premio per punzecchiare l’autorità sovietica e ora post-sovietica”. Tra i cinque Nobel per la letteratura attribuiti ad autori di lingua russa, ricorda la giornalista, quattro hanno ritirato il premio durante l’esilio, o non hanno ottenuto il visto per poter presenziare alla consegna dell’onorificenza a Stoccolma.
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