Inaugurato l’Extreme Light Infrastructure alla presenza dell’arcivescovo di Praga
ELI si trova alle porte della capitale ceca e, una volta completato, sarà una struttura d'eccellenza per l'impiego di laser ad altissima intensità. Perché il progetto ha dovuto ricevere il benestare della Santa Sede?
ATTUALITÀ – Lunedì 19 ottobre, Dolní Břežany, un paesino nell’hinterland praghese. Il cielo è grigio, ma fortunatamente non piove: la cerimonia si può tenere all’aperto. La piccola folla che si raccoglie di fronte all’entrata principale sta assistendo a un evento piuttosto raro, soprattutto negli ultimi tempi di contrazione economica: l’inaugurazione di un nuovo edificio che dall’anno prossimo ospiterà un centro di ricerca sui laser tra i più ambiziosi del mondo.
Il progetto è di quelli importanti, dal momento che oltre al nuovo centro di Praga, comprende altri due istituti, uno a Budapest (Ungheria) e uno a Bucarest (Romania), anch’essi specializzati nello studio e nell’applicazione dei laser. Ma lo è ancora di più pensando che l’Extreme Light Infrastructure (ELI), questo il nome del progetto finanziato con fondi europei, ha piantato i propri pilastri in altrettanti paesi dell’Est europeo, paesi che sono stati sotto il Patto di Varsavia e che finora non hanno ospitato grossi centri internazionali di ricerca. Forse un po’ retorico, quindi, ma tutto sommato giustificato l’entusiasmo del cerimoniere quando dice: “Benvenuti al più importante evento scientifico degli ultimi anni”. Almeno vale sul fronte dell’apertura in Europa di nuove infrastrutture di queste dimensioni.
L’eccezionalità dell’evento spiega la presenza del presidente del senato ceco Milan Štěch, il presidente dell’Accademia delle Scienze ceca Jiří Drahoš, un paio di ministri, il presidente della regione boema, una serie di personalità internazionali della ricerca, da John Womersley del Science and Technology Facilities Council britannico a Gérard Mourou, uno dei pionieri del laser ultraveloci. Tutto atteso, tutto preventivabile. Invece sul palco spunta anche Dominik Duka, un uomo basso e un po’ pingue che porta il clergy. È l’arcivescovo di Praga e viene a portare la benedizione di Dio su questo progetto. Sembra fuori luogo, un pesce fuor d’acqua, ma in realtà un motivo per la sua presenza c’è. Per comprenderlo, però, bisogna raccontare tutta la storia dall’inizio. Una storia che parla delle aspirazioni ceche e della scienza usata come grimaldello per lo sviluppo economico di un territorio.
Sempre più potente, sempre più intenso
La cartella stampa recita che ELI Beamlines “è un centro europeo per i laser che, non solo mette a disposizione ricerca d’avanguardia e le basi tecnologiche per usi futuri, ma stabilisce una collaborazione a lungo termine tra la Repubblica Ceca e laboratori e aziende europee e americane per lo sviluppo di sistemi laser unici che vadano oltre i limiti e i parametri delle esistenti infrastrutture per la ricerca”. In pratica, dal 2018, quando tutte e quattro le beamline dovrebbero essere pienamente operative, l’ELI ceco sarà l’unica struttura al mondo in grado di fornire altrettanti laser altamente energetici con impulsi molto brevi (nell’ordine dei femtosecondi, milionesimi di miliardesimi di secondo) capaci di lavorare contemporaneamente. Inoltre, secondo i progetti del consorzio di ricerca, la linea 4 (L4) dovrebbe essere in grado di raggiungere i 1500 Joule per impulso e picchi di potenza di 10 petawatt, rendendolo il più potente laser al mondo.
Le applicazioni di questa tecnologia d’avanguardia sono innumerevoli, dalla diagnostica medica nel settore oncologico allo studio di materiali nuovi e dalle caratteristiche particolari, dallo studio dei plasmi ad alta densità all’approfondimento della fisica “esotica” che si genera dall’interazione a velocità relativistiche tra laser e materia. Ma il consorzio che gestisce l’infrastruttura sta già raccogliendo interessi anche del mondo industriale per collaborazioni e progetti.
Una delle idee per sostenere economicamente nel tempo ELI è, infatti, quella di renderla una struttura aperta a chiunque voglia utilizzarne le quattro linee di laser per i propri progetti: i paesi membri del consorzio avranno un certo “tempo-macchina” assicurato, mentre i privati potranno pagare una quota per l’impiego. Il modello esiste già, e sembra funzionare piuttosto bene. Si trova a Grenoble, in Francia, e si chiama European Synchrotron Research Facility (ESRF) ed è diretto dall’italiano Francesco Sette, ovviamente presente alla cerimonia di Dolní Břežany.
Un modello di sviluppo per un territorio
Con la fine del regime comunista Dolní Břežany, villaggio con 7500 anni di storia e una vocazione prevalentemente agricola, si stava trasformando in un dormitorio di pendolari che lavorano a Praga. In fondo, piazza San Venceslao è a un’ora di distanza da qui e con la nuova linea quattro della metropolitana, la distanza di potrebbe accorciare ulteriormente. Quando una quindicina di anni fa Věslav Michalik si trasferisce qui con la famiglia, però, non è quello che ha in mente, voleva migliorare la qualità della propria vita, non finire a vivere in un paese dell’hinterland senza servizi e opportunità. Il passo per la politica, lui ingegnere con un passato nelle banche, è breve. “Abbiamo fatto una lista con alcuni amici e pensavamo di riuscire a prendere attorno al 20% alle comunali”, racconta durante un pranzo nel ristorante del microbirrificio locale dove producono una birra dal nome emblematico: Laser Beer.
“Alla fine abbiamo preso il 70% e mi sono ritrovato a fare il sindaco”. Guarda all’amministrazione con uno sguardo diverso, cercando di fornire spazi pubblici per la comunità che intanto ha superato i 3500 abitanti. Bonifica una discarica “ricordo del rispetto per l’ambiente del regime comunista” e ci ricava una nuova piazza per il paese, comincia a ristrutturare il castello per farne un resort di lusso, blocca la cementificazione del territorio e lancia programmi per il recupero dei vecchi stabili agricoli in disuso. Uno diventa il microbirrificio, ma gli altri sono uffici di lusso e appartamenti di classe energetica elevata . Sì, perché al quarto mandato consecutivo, l’orizzonte di Věslav Michalik si è allargato e ha visto nella scienza la possibilità di sviluppo che cercava.
Tutto comincia con l’alleanza che stringe con altri due piccoli comuni limitrofi. Il progetto è di creare a sud di Praga, a meno di un’ora dal centro, mezz’ora di statale dall’aeroporto principale, una regione avanzata per l’innovazione e la tecnologia. La chiama STAR, che sta per Science and Technology Advanced Region, e negli ultimi dieci anni, pezzettino dopo pezzettino, il puzzle si completa, concretizzando la visione del Věslav Michalik che ha preso casa qui anni fa. Nel giro di poco, infatti, con un’armonia che in altre latitudini sarebbe improbabile, STAR diventa la sede ideale per il progetto che il consorzio internazionale di ELI, sostenuto dal governo ceco, sta cercando. Per due fattori diversi. Il primo è la vicinanza con un istituto di fisica che ha sede a Praga, con una pluridecennale consolidata tradizione di ricerca nel settore dei laser. In più, l’idea di avere Praga come hub, città dalla bellezza scintillante e nel cuore “oltrecortina” dell’Europa, ha un suo innegabile fascino per attirare eventuali partner privati.
Il secondo fattore è che il governo ceco, in una certa misura, ha la stessa visione del sindaco e riesce a convincere la Commissione Europea che anche un centro di ricerca può essere uno strumento di sviluppo per l’economia e la società del paese. La Commissione si lascia convincere e secondo lo spagnolo Octavio Quintan Trias, del Directorate-General for Research and Innovation, è un evento dalle caratteristiche “pioneristiche, con diversi programmi della Commissione che sono riusciti fruttuosamente a lavorare insieme”. Non nasconde che c’era una certa resistenza, perché i fondi strutturali solitamente si usano per la costruzione di strade, ferrovie e cose del genere: infrastrutture che servono da volano per lo sviluppo di un paese o di una regione. Ma in questo caso “è innegabile l’impatto positivo che questo progetto avrà sulla società e l’economia” non solo della Repubblica Ceca.
Sarebbe esagerato pensare a Věslav Michalik come all’eroe di questo evento, ma le sue doti di manager pragmatico hanno fatto sicuramente la differenza per far atterrare ELI qui piuttosto che altrove, unendo gli interessi della scienza con quelli di sviluppo della sua Dolní Břežany. Già oggi la nuova struttura ha 280 dipendenti, tra ricercatori, tecnici e amministrativi, con il 35% di stranieri, Italia compresa. “Alcuni dei professori che lavoreranno qui, hanno già comperato alcuni dei nuovi appartamenti”, racconta il sindaco: il pendolarismo, grazie alla ricerca scientifica, non sembra più l’unica opzione. Soprattutto considerando che alla porta accanto c’è HILASE, un altra struttura controllata dall’Istituto di Fisica di Praga, e che si occupa di sviluppare tecnologia per i laser, in particolare le pompe che danno potenza ai fasci. Gli impiegati qui sono un’altra settantina, ma il responsabile Tomáš Mocek assicura che c’è ancora molto spazio, soprattutto in termini di attrazione di partner privati. Qualcuno c’è già, soprattutto le “industrie di settore orientali”. Michalik non si sbottona, ma aggiunge che sta trattando con aziende di livello mondiale per aprire una sede qui.
La benedizione vaticana
Rimane da chiarire il ruolo dell’arcivescovo di Praga in questa vicenda, che non è stato di poco conto, essendosi venuto a trovare in una situazione delicata, che avrebbe potuto mandare all’aria tutto e destinando Dolní Břežany a non diventare la possibile Mecca del laser. Nella tela tessuta dal consorzio di ELI, dal governo ceco e da Michalik, in effetti, c’era un problema da risolvere. Il terreno ideale su cui costruire il nuovo edificio, proprio dietro al municipio e a una delle nuove piazze, non era di proprietà comunale. Il titolare di quel terreno era l’arcivescovado di Praga che da secoli aveva qui una delle sue residenze estive. Per la precisione, quel castello ridotto in rudere che ora si sta trasformando in albergo e la tenuta circostante.
Il problema non era vendere, in fondo tutta la proprietà era in stato di abbandono. Il punto era tutto nella cifra che quegli ettari avevano cominciato a valere pensando a tutto lo sviluppo che ne sarebbe potuto conseguire. Si parla di un milione, euro più, euro meno: una somma che l’arcivescovo di Praga, per le regole interne alla Chiesa, non poteva accettare senza il benestare della Santa Sede. Non sapremo forse mai tutti i dettagli della trattativa, ma il risultato è che monsignor Dominik Duka si fa approvare la vendita, rendendo in questo modo ELI probabilmente l’unico progetto europeo che ha ottenuto l’esplicita approvazione dello Stato del Vaticano.
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