I feromoni delle regine non sono tutti uguali
Non solo api ma vespe, calabroni e formiche: per ogni specie i feromoni si sono evoluti in maniera unica e mandano segnali legati alla riproduzione
SCOPERTE – Gli insetti sociali, tra tutti le api, sono forse tra gli animali che più ci affascinano per la loro straordinaria organizzazione e comportamento. Ma per quanto li studiamo sembra sempre ci siano nuovi elementi, complessi e inaspettati, che arrivano a stupirci. Anche dal punto di vista chimico. Un nuovo studio della Penn State e della Tel Aviv University, ad esempio, ha messo in discussione l’idea che sia un unico gruppo di sostanze chimiche sempre uguali, i feromoni, a regolare la riproduzione di molte specie quali appunto api, vespe e formiche. È decisamente più complesso di così, spiegano gli scienziati sulle pagine di Proceedings of the Royal Society B.
Da un lato l’idea che fossero gli stessi feromoni a occuparsi di tutto, in insetti così diversi tra loro, era affascinante. “Ma eravamo scettici al pensiero che comportamenti così complessi potessero essere regolati da un meccanismo tanto semplice e comune in specie tanto differenti”, spiega Etya Amsalem, entomologa della Penn State. “Ci sembrava più probabile che i feromoni si fossero evoluti in maniera unica per ogni singola specie, sottoposta a differenti pressioni sociali e abituata a vivere in un ambiente diverso da quello che ospita le altre”.
Uno degli aspetti più affascinanti della vita di questi insetti sociali è il fatto che in molte specie non siano le femmine della colonia (le lavoratrici, workers) a occuparsi della deposizione delle uova, ma si impegnino al contrario a curare quelle prodotte dalla regina. L’unica madre. “In alcune specie sappiamo che la regina stessa produce dei feromoni che inibiscono le lavoratrici dal riprodursi”, spiega Amsalem. Qualche tempo fa uno studio aveva proposto che i segnali chimici di varie regine – attraverso un ampio spettro di specie, calabroni, formiche e vespe compresi – fossero estremamente simili, un gruppo comune di sostanze biochimiche responsabili del blocco della riproduzione nelle femmine.
Studiando gli ovari dei calabroni femmine lavoratrici in presenza dei feromoni della regina, i ricercatori volevano scoprire se questi fossero attivi (quindi capaci di produrre uova), inattivi o addirittura regrediti, ovvero quello che succede quando le uova in via di sviluppo vengono riassorbite all’interno dei tessuti dell’animale. L’esposizione al feromone c25 a quanto pare “ha determinato l’aumento dei livelli di regressione, ma non aveva altri effetti”, racconta Amsalem, che insieme a Christina Grozinger (direttrice del Center for Pollinator Research alla Penn State) e agli altri colleghi ha iniziato il nuovo studio su Bombus impatiens proprio partendo da questi presupposti: c25 e altri feromoni simili, come c23 e c27, hanno gli stessi effetti?
Gli elementi che hanno valutato sono principalmente tre: le dimensioni delle uova in via di sviluppo (per capire se erano mature e pronte a essere deposte), il numero di uova deposte dalle lavoratrici e il tempo richiesto da queste ultime per deporle. “Nessuno di questi tre fattori sembrava essere stato influenzato dall’esposizione ai tre tipi di feromoni”, racconta Grozinger. “La cosa interessante che in tutti e tre i casi l’esposizione aumentava il tasso di regressione degli ovari […]. Più presto le lavoratrici deponevano le loro uova, più aumentava il numero di femmine che mostravano la regressione”. La conclusione delle ricercatrici è stata che la regressione è una sorta di misura per la produzione di uova, non tanto un metro di quanto l’inibizione stia funzionando. Sostanzialmente, le tre sostanze biochimiche prodotte dalle regine non inibiscono l’attivazione ovarica nelle femmine lavoratrici.
Il dibattito in merito alla segnalazione legata ai feromoni è piuttosto intenso nella comunità entomologica, perciò le ricercatrici sperano che questo nuovo dato riesca a contribuire: specialmente per comprendere in che direzione si stia evolvendo questo tipo di segnalazione e in che modo venga mantenuto nelle colonie il comportamento sociale. La biologia che studia i feromoni è decisamente più complessa del previsto: “Non sarebbe accurato dire che la riproduzione delle lavoratrici viene regolata da un semplice e diffuso meccanismo comune a diverse specie. Al contrario, i feromoni si sono evoluti in maniera unica per ciascuna specie e potrebbero esserci molti altri segnali specie-specifici usati dagli insetti sociali ancora da scoprire”.
Leggi anche: Con BEE.CAMP l’apicoltura diventa digitale
Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.
Crediti immagine: Peter Shanks, Flickr