Perché le persone scelgono la bicicletta? Dipende dal portafoglio
Per chi appartiene a una fascia di reddito medio-bassa è una questione di funzionalità. Per i più ricchi si tratta di una scelta di piacere.
SALUTE – Ormai da diversi anni la letteratura scientifica ha dimostrato che le disuguaglianze socioeconomiche portano a inevitabili disuguaglianze di salute, anzitutto perché condizionano i nostri comportamenti, come ciò che mangiamo, se fumiamo oppure no, e quanta attività fisica facciamo. Come ebbe a scrivere il noto epidemiologo inglese Sir Michael Marmot, “social inequality is killing on a grand scale”, la disuguaglianza sociale sta uccidendo su larga scala.
Una ricerca pubblicata dall’Università di Washington ha osservato che all’interno dello stesso panorama urbano, in particolare in un centro città densamente popolato e ricco di servizi, le ragioni che determinano la scelta di usare la bicicletta o di andare a piedi rispetto a usare l’automobile sono differenti a seconda del portafoglio della persona.
Il sondaggio, che è stato condotto nel 2013, comprendeva oltre 100 domande dettagliate sulle abitudini di viaggio delle persone all’interno dell’ambiente in cui vivono. Come riferimento, lo studio ha considerato una media fra i 40 e i 60 mila dollari di reddito lordo per la fascia medio-bassa e oltre i 140 mila dollari per la fascia ad alto reddito.
Quello che è emerso è che ciò che influenza le persone con un reddito medio a scegliere la bicicletta è la prossimità dei servizi come la scuola, il lavoro o il supermercato. Per i più ricchi invece, questa possibilità non basta per convincerli a non usare l’auto. Insomma, per chi guadagna di meno, andare in bicicletta o a piedi piuttosto che prendere l’auto è correlato a un vincolo spaziale, di funzionalità, mentre per chi guadagna molto si tratterebbe – dicono gli autori – di una scelta legata al piacere di fare una passeggiata o una pedalata in un bel quartiere.
I ricercatori hanno infatti osservato una correlazione fra il numero di auto presenti nelle case di chi ha un reddito medio basso con la frequenza con cui questi ultimi scelgono di andare in bicicletta o a piedi. Più auto nel proprio garage significa meno giorni in bici, una correlazione che non è stata rilevata all’interno della fascia a reddito più alto, segno – secondo gli autori – che in ogni caso, sia che si posseggano 2 o 4 auto, i giorni in cui si sceglie di andare a piedi sono i medesimi. Si tratta – appunto – di una scelta ben precisa.
Un fatto ovvio, si potrebbe dire, ma assume importanza se pensiamo a come vengono diffuse le iniziative che riguardano la promozione dell’attività fisica, come i servizi di condivisione di biciclette. “Questo studio suggerisce che alcune strategie di utilizzo del territorio possono funzionare solo per alcuni gruppi ” spiegano gli autori. “Lo studio suggerisce anche che le politiche di promozione di buone pratiche come camminare e andare in bicicletta hanno bisogno di essere pensate su misura per diversi quartieri e diverse popolazioni.”
Al centro di tutto c’è comunque la salute. Non bisogna dimenticare che in Europa oltre 8 morti su 10 sono dovute a malattie che in gergo specialistico si definiscono “malattie non trasmissibili” (Non Communicable Diseases), che sono per esempio il cancro, le malattie cardiovascolari, il diabete, che come è noto sono fortemente correlate con il nostro stile di vita. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che l’80% delle morti premature dovute a questi fattori sia evitabile tenendo sotto controllo i principali fattori di rischio per la salute, che sono il fumo, il consumo di alcol, l’obesità e in generale una dieta non equilibrata e la scarsa attività fisica.
Tuttavia, il vero deus ex machina che determina l’evoluzione di uno stile di vita, cioè la causa a monte rispetto al fatto di non fare attività fisica o di una dieta non equilibrata, è proprio una profonda disuguaglianza economico-sociale. Lo scriveva Sir Michael Marmot nel primo studio Whitehall pubblicato addirittura negli anni Settanta e lo ribadisce nel 2014 l’epidemiologo Giuseppe Costa nel libro “L’equità nella salute in Italia. Secondo rapporto sulle disuguaglianze sociali in sanità”.
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