Onde gravitazionali, dall’alert di Ligo verso una nuova fisica
A raccontare la scoperta delle onde gravitazionali è Marco Drago, fisico dell'Università di Padova e postdoc al Max Planck Institute for Gravitational Physic di Hannover che ha ricevuto per primo l'alert da Ligo
APPROFONDIMENTO – Sono le 10.50 del mattino del 14 settembre in Italia, quando una mail inviata da Ligo, Advanced Laser Interferometer Gravitational Wave Observatory, cambia la storia della fisica. Una semplice mail che lancia un “alert”: Ligo come ogni giorno raccoglie segnali a caccia di onde gravitazionali tra tanto rumore di fondo e qualche segnale “blind” di controllo. Ma questo alert appare da subito diverso dagli altri e Marco Drago, fisico dell’Università di Padova e postdoc al Max Planck Institute for Gravitational Physic di Hannover in Germania, lo capisce subito.
Come funziona l’esperimento?
“Ligo riceve i segnali e i 4 algoritmi, tra cui quello elaborato da me e dai miei colleghi delle università della Florida, di Padova e di Trento, analizzano i dati in tempo reale. Estraggono gli eventi interessanti inviando degli alert, che nel giro di qualche minuto o al massimo qualche ora vengono passati ai telescopi ottici perché possano puntare la sorgente e verificare cosa abbiamo osservato. Gli alert sono abbastanza comuni e ne riceviamo almeno uno al giorno, perché la nostra soglia di attenzione è abbastanza bassa”.
Ma quell’evento aveva qualcosa di diverso?
“Quell’evento era molto diverso dagli altri per almeno due motivi. Il primo è l’energia, oltre il doppio rispetto agli altri eventi osservati. Il secondo è la forma, perché il nostro algoritmo è in grado di ricostruirla: era chiaro che si trattava di due corpi che si fondevano e ne formavano uno solo.
Questo tipo di segnali ha una frequenza che tipicamente aumenta con l’andare del tempo e si riconosce facilmente a prima vista. Non che potessimo sapere che erano proprio due buchi neri senza tutti i calcoli del caso, ma quel tipo di sistema binario era più che riconoscibile”.
Nessuno prima di voi aveva osservato le onde gravitazionali. Come si crea un algoritmo in grado di riconoscerle?
“Il nostro algoritmo fa parte di quella ricerca in cui non si dispone di modelli specifici, quindi bisogna essere aperti a tutto il possibile e immaginabile. Questo, in effetti, dà delle complicazioni in più, perché devi cercare di essere il più possibile sensibile a tutto quello che potrebbe essere un’onda gravitazionale.
Ovviamente non mancano i problemi: i rumori dei rivelatori sono tanti e la natura ti sorprende sempre, riesce sempre a restituire un segnale che non è onda gravitazionale ma l’algoritmo lo pesca come tale, quindi poi è necessaria una analisi statistica molto raffinata”.
Quali sono i problemi in questo tipo di rivelazioni?
“Il nostro problema principale è cercare di non essere accecati da tutte quelle possibili sorgenti di rumore che, sostanzialmente, sembrano essere onde gravitazionali ma non lo sono. Soprattutto negli ultimi anni c’è stato un netto miglioramento della parte algoritmica, e noi abbiamo sempre lavorato per cercare di diminuire questa sorgente di rumore. Ogni giorno si cercano nuovi metodi e si fanno nuovi studi per risolvere questa questione.
Poi una volta ottenuta la rivelazione, il problema diventa la caratterizzazione dell’evento al meglio possibile. Il nostro algoritmo è molto completo e dà anche una stima della forma d’onda nel tempo, che a seconda di quanto è energetico è più o meno sporcata dal rumore intrinseco”.
L’esperimento Ligo dispone di un sistema di controllo. Solo pochi scienziati tra i centinaia della collaborazione Ligo-Virgo erano a conoscenza degli eventi “blind”, cioè l’immissione nell’interferometro di “finte” onde gravitazionali. Non hai sospettato che l’evento del 14 settembre potesse essere uno di questi?
“In effetti quando ho visto l’evento e la sua forma ho pensato potesse trattarsi di una blind, la forma era troppo perfetta e si fatica sempre a credere di avere per le mani una scoperta di questa entità. Poi una volta realizzato che non si trattava di quel caso e riguardando l’evento, che è stato molto potente, abbiamo capito di cosa si trattava. Ma lo scetticismo in questi casi è d’obbligo e ora appare chiaro perché abbiamo atteso febbraio per pubblicare i nostri risultati”.
Qual è stato il ruolo dei ricercatori italiani?
“Tutta l’Italia è nella collaborazione di Ligo-Virgo e anche se l’interferometro di Cascina era spento al momento della rivelazione del segnale, gli scienziati italiani della collaborazione hanno avuto pieno accesso ai dati. Per quanto riguarda l’evento in sé stesso, tutti i ricercatori di Virgo che si occupano di data analysis hanno contribuito a dare significanza all’evento, in particolare il gruppo di Padova-Trento con cui lavoro. D’altronde tra i due risultati sulla significanza dell’evento che compaiono nel paper, uno è il nostro.
Poi ci sono anche gruppi che lavorando in un ambito diverso hanno contribuito dando una stima più raffinata dei parametri dell’evento stesso, anche se noi siamo più focalizzati sulla rivelazione, cioè il passo successivo al nostro, e sono molti i gruppi italiani che se ne occupano”.
Ora Ligo “riposa” dopo lo sforzo, ma la scoperta è solo la punta dell’iceberg. Quali sono i prossimi passi che vi attendono? E quali le prospettive per il futuro della fisica gravitazionale?
“Al momento abbiamo analizzato i dati raccolti dal 14 settembre al 20 ottobre e ora stiamo analizzando i dati raccolti fino a metà gennaio. Nel giro di qualche mese riusciremo a pubblicare anche altri risultati e potremo dire se sono state trovate altre onde gravitazionali, anche più piccole dato che eventi potenti come questo sono rari.
Poi nell’estate verranno riaccesi i rivelatori di Ligo, e forse anche di Virgo, per almeno sei mesi in modo da avere una caratterizzazione del cielo nettamente migliore a quella avuta finora e speriamo, ovviamente, di riuscire a vedere altri eventi.
Quello che ora speriamo è di poter osservare altri eventi e con una frequenza maggiore, in modo da capire ancora meglio il fenomeno che stiamo appena conoscendo e di determinare i parametri che lo caratterizzano. Poi, quando avremo un buon numero di eventi e una buona statistica, finalmente si comincerà a fare anche fisica gravitazionale”.
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Crediti immagine copertina: Nasa/C.Henze
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