Carbone del mais: malattia distruttiva o prelibatezza messicana?
Il meccanismo molecolare attraverso cui il fungo Ustilago maydis infetta la pianta del mais resta un mistero. Studiarne la patogenesi e scoprire come bloccare l'infezione potrebbe aiutarci a proteggere le colture anche da altri parassiti
RICERCANDO ALL’ESTERO – “La patologia vegetale è importantissima, magari nella vita di tutti i giorni non ci pensiamo ma senza questo tipo di ricerca tra qualche anno potremmo non mangiare più banane a causa di un fungo parassita. Personalmente, ho sempre amato lavorare con le piante, andare alla ricerca di quelle malate, scoprire perché stavano male e cercare di curarle”.
Nome: Marino Moretti
Età: 34 anni
Nato a: Piedimonte matese (CE)
Vivo a: Marburg (Germania)
Dottorato in: Biologia e Biotecnologia dei Funghi (Torino)
Ricerca: Fitopatologia molecolare di Ustilago maydis
Istituto: Department of Organismic Interactions, Max Planck Institute for Terrestrial Microbiology (Marburg, Germania)
Interessi: cucina rinascimentale, opera lirica, cinema, teatro, mostre.
Di Marburg mi piace: il paesaggio, la sicurezza (si può girare in bicicletta), l’efficienza.
Di Marburg non mi piace: c’è poca attività culturale, non ci sono le montagne, le persone ecclettiche sono out.
Pensiero: Udite, udite, o rustici, attenti non fiatate. Io già suppongo e immagino che al par di me sappiate ch’io sono quel gran medico, dottore enciclopedico (Gaetano Donizetti, Elisir d’amore).
Che tipo di organismo è Ustilago maydis?
È un fungo patogeno che infetta la pianta del mais ma non è particolarmente dannoso dal punto di vista economico, le perdite annuali si aggirano attorno al 2% della produzione mondiale a differenza del 20-30% di determinati patogeni del riso.
È un organismo molto studiato come sistema modello per la genetica e la biologia e questo grazie a diverse caratteristiche: innanzitutto il suo genoma è piuttosto piccolo, circa 20 Mb, e circa il 70% dei suoi geni è privo di introni, quindi tutto il meccanismo dello splicing non esiste. Poi è facile da manipolare geneticamente dato che non possiede gran parte dei meccanismi di riparazione dei danni al DNA e quindi tecniche di ingegneria genetica, come per esempio la ricombinazione omologa, sono molto più efficienti. Inoltre, in Ustilago molti processi biologici sono conservati e si ritrovano nei mammiferi, o in generale nel regno animale.
Tra questi c’è l’apertura e la chiusura dei pori nucleari durante la mitosi; il meccanismo di accrescimento dell’ifa o il trasporto di organelli e mRNA lungo i microtubuli, quasi identico all’accrescimento di neuroni; l’eredità materno-mitocondriale del regno animale, simile alla distribuzione dei mitocondri fungini; il meccanismo stop codon reading through, che controlla la localizzazione e la produzione delle proteine, c’è sia nel regno animale che in questo fungo; molte proteine coinvolte in tumori vengono studiate in Ustilago; la giunzione di Holliday, struttura che si forma durante la ricombinazione omologa tra cromatidi fratelli nel crossing over della meiosi, è stata proposta per la prima volta per cercava di spiegare uno scambio di materiale genetico in Ustilago.
Come si manifesta l’infezione di Ustilago sul mais?
U. maydis attacca tutte le parti visibili della pianta, raramente le radici, e causa la formazione di masse tumorali di varia dimensione, inizialmente lucide e di colore biancastro e successivamente nere, polverose e ricche di spore. Da qui il nome carbone del mais.
In Messico le pannocchie infettate da questo fungo, tumorali e brutte da vedere, vengono raccolte e cucinate per un piatto tipico locale che si chiama huitlacoche o el oro negro. A volte gli agricoltori infettano volontariamente i semi di mais per ottenere campi più produttivi, cosa molto curiosa come pratica agricola visto che in genere una volta capito come funziona l’infezione l’obiettivo è mettere a punto sistemi di lotta più efficienti.
La mia ricerca si concentra sui meccanismi attraverso cui Ustilago maydis, una volta raggiunta la superficie della pianta, penetra al suo interno e scatena la successiva patogenesi. Il fine ultimo non ha a che vedere con la cucina ma con l’utilizzo di queste conoscenze nell’infezione di patogeni particolarmente deleteri per esempio per il grano o per altre colture vegetali, che sono magari più difficili da studiare perché non possono essere manipolati geneticamente o perché le attuali tecniche di ricerca non funzionano.
Cosa succede a livello molecolare quando U. maydis attacca la pianta?
Nell’infezione sembra essere coinvolta una proteina chiamata MSB2, una mucina presente nella membrana della cellula in grado di percepire in qualche modo l’idrofobicità della superficie fogliare. Questo stimolo fisico è l’informazione chiave che fa capire al fungo di essere sulla pianta giusta, nel momento giusto: da qui inizia la penetrazione con la formazione degli appressori, l’ingrandimento dell’ifa e la secrezione degli enzimi litici. Sappiamo poco del funzionamento di MSB2, dal punto di vista strutturale ha una lunga coda extracellulare e una piccola catena citoplasmatica che svolgono attività diverse. La funzione principale sembra essere svolta proprio dalla porzione intracellulare, che cambia conformazione a seguito dell’interazione con la superficie dell’ospite e scatena una cascata di segnali che portano all’attivazione della trascrizione e all’inizio del processo infettivo vero e proprio.
La coda extracellulare, invece, possiede diversi siti di taglio per proteasi che causano il rilascio di catene proteiche di varie dimensioni. Le funzioni di queste parti secrete sono ancora poco note ma secondo alcuni dati preliminari sembra siano in grado di legare e inattivare proteine o peptidi tossici rilasciati dalla pianta come meccanismo di difesa quando viene attaccata da ipotetici patogeni. L’obiettivo della nostra ricerca è riuscire a caratterizzare il meccanismo con cui MSB2 si attiva e riconosce l’ospite per poi scoprire come interferire con la sua funzione e bloccare il processo infettivo. Dato che è una proteina molto conservata, si può pensare di applicare le conoscenze ottenute in Ustilago per impedire l’infezione di tutti quei funghi patogeni che agiscono in modo simile e causano danni maggiori a colture come il riso e il grano.
Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?
Conoscere il più possibile il meccanismo d’azione di Ustilago maydis. Certo, potrei vederne l’utilità anche tra dieci o venti anni quando magari verrà messo a punto un farmaco o una sostanza chimica che riduce drasticamente l’infezione di un patogeno su una pianta. Ma in teoria potrei contribuire a evitare la scomparsa di specie come gli ulivi, oggi attaccati dalla Xylella fastidiosa, la palma col punteruolo rosso, le banane col Fusarium oxysporum cubense o la papaya col virus PRSV.
Un altro ambito in cui vorrei tornare a lavorare è quello della lotta biologica, un mezzo ecologico ed efficace per ridurre i parassiti o diminuirne gli effetti su una popolazione attraverso l’utilizzo dei loro nemici naturali. In passato ho studiato un fungo patogeno, la Cryphonectria parasitica, che ha decimato molti castagni in America ma non ha fatto grandi stragi in Europa, sebbene le piante venissero ugualmente attaccate. Si è scoperto che, in Europa, C. parasitica veniva a sua volta infettato da un virus e questa combinazione portava a una minore patogenicità per i castagni per cui si è deciso di utilizzare questi funghi attenuati in virulenza per uno scopo di lotta biologica. Non parlo di lotta chimica, dunque, cui sono sempre molto contrario.
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