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Stress e cancro: una correlazione biologica

Un nuovo studio evidenzia il ruolo dei betabloccanti nel ridurre il rischio di progressione del tumore alla mammella, legato anche allo stress

Le relazioni parentali, unitamente a importanti eventi stressanti come le situazioni sentimentali e affettive impegnative o negative, sono determinanti nell’evolversi della malattia oncologica: l’aspetto psicologico è intimamente intrecciato alla risposta fisiologica del paziente. Crediti immagine: Andrew Imanaka, Flickr

RICERCA – È ormai diventato luogo comune dire a un malato di cancro di cercare di fare una vita tranquilla, senza stress, per affrontare con più successo le terapie. Una lettura il più delle volte incentrata sul benessere psicologico del malato. Oggi però sappiamo che la correlazione fra stress e cancro è una questione anzitutto biologica. Da tempo la scienza ha dimostrato un legame fra la presenza di stress cronico nei malati di cancro e la progressione del tumore.

Uno studio, pubblicato in questi giorni su Nature Communication e coordinato dalla Monash University di Melbourne (Australia), con il contributo dell’Istituto Europeo di Oncologia, ha messo in luce il meccanismo tramite cui questo accade nel caso del cancro alla mammella, studiando gli effetti in vivo sui topi, e verificando i risultati attraverso uno studio clinico che ha coinvolto 1000 donne con tumore alla mammella. I risultati prodotti dallo studio sono stati due: anzitutto che lo stress agisce sul nostro organismo potenziando i canali del sistema linfatico intorno e all’interno del tumore, che diventano dunque delle vie maestre per la proliferazione delle cellule malate, e che una possibile soluzione viene dai betabloccanti.

“Abbiamo osservato che nei topi l’allontanamento del piccolo dalla madre provocava una progressione tumorale più rapida” racconta Sara Gandini, una delle ricercatrici dello IEO che ha lavorato allo studio sui betabloccanti. “Inoltre, anche in un altro lavoro condotto dalla divisione di psiconcologia dell’IEO pubblicato recentemente, abbiamo mostrato che le relazioni parentali, unitamente a importanti eventi stressanti come le situazioni sentimentali e affettive impegnative o negative, sono determinanti nell’evolversi della malattia. L’aspetto psicologico è infatti intimamente intrecciato alla risposta fisiologica del paziente -prosegue Gandini- e per questo molta parte del nostro lavoro futuro è e dovrà essere sempre più in collaborazione con epidemiologi, biologi, oncologi e psiconcologi. Si tratta di osservazioni frutto di anni di ricerche pubblicate in tutto il mondo su questo aspetto, ora confermate dall’approccio farmacologico e dagli studi sui topi”.

Sempre all’interno dello stesso studio i ricercatori hanno individuato, nei betabloccanti, una nuova via a livello farmacologico per contrastare questi effetti nocivi dello stress. I betabloccanti sono farmaci usati comunemente nella cura dell’ipertensione -costano poco e hanno scarsi effetti collaterali- e hanno la capacità di inibire la noadrenalina, nota anche come “ormone dello stress”. La possibilità di studiare nuovi effetti di farmaci già collaudati e in commercio è un ambito di ricerca su cui in medicina si sta investendo molto negli ultimi anni. Studiare nuove applicazioni di un farmaco già in commercio significa infatti avere a disposizione anni di dati, per esempio, circa i suoi effetti collaterali.

Dopo i risultati ottenuti con i topi, i ricercatori hanno messo a punto uno studio osservazionale su 1000 donne trattate in IEO per tumore alla mammella, che ha confermato nell’uomo, finora, i risultati positivi ottenuti sui topi grazie ai betabloccanti. Le pazienti trattate con betabloccanti mostravano infatti un’incidenza minore di linfonodi colpiti e di metastasi. “Si tratta appunto di uno studio osservazionale, non ancora di una ricerca randomizzata e quindi possiamo solo dire che i risultati sono interessanti ma dovranno essere confermati da ulteriori ricerche che stiamo mettendo a punto per diverse patologie”, conclude Gandini.

@CristinaDaRold

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.