Studi pugliesi su Xylella fastidiosa: buoni risultati sui sintomi ma il batterio resta
Tutte le piante trattate con acido citrico, rame e zinco, sono sopravvissute all’estate del 2015 e all’inverno successivo ma gli esperti sono cauti: bisogna ripetere i test almeno per un'altra stagione.
AMBIENTE – “I trattamenti in corso di sperimentazione sugli olivi in Puglia possono ridurre i sintomi della malattia causata da Xylella fastidiosa ma non sono in grado di debellare l’agente patogeno dalle piante infette”. A darne notizia è l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), a seguito di una valutazione degli studi condotti sugli olivi pugliesi infetti dall’Università di Foggia e dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA) di Caserta.
I ricercatori dell’Università di Foggia, guidati da Francesco Lops e Antonia Carlucci, dopo una significativa potatura delle piante affette da CoDiRO, hanno trattato gli olivi intaccati dal batterio con diversi composti bioattivi, riscontrando una crescita notevole di rami e foglie, prive di sintomi di disseccamento, entro cinque mesi dall’inizio del trattamento.
Il team di scienziati del Crea di Caserta, seguito dal batteriologo Marco Scortichini, ha testato sul campo un prodotto commerciale brevettato in Israele e già impiegato con successo nel trattamento della rogna dell’olivo, delle batteriosi del kiwi e del nocciolo. Il trattamento a base di acido citrico, rame e zinco, iniettato direttamente nello xilema o somministrato attraverso nebulizzazione sulla pianta malata, ha prodotto risultati incoraggianti per ciò che riguarda la ripresa vegetativa degli alberi infetti. Tutte le piante trattate (circa la metà dei 110 olivi selezionati per la sperimentazione nei campi delle zone di Galatone, Veglie e Galatina) sono sopravvissute all’estate del 2015 e all’inverno successivo.
Tuttavia, il gruppo di esperti scientifici dell’EFSA (Plh) afferma che è prematuro trarre conclusioni rispetto all’efficacia a lungo termine di tali trattamenti sperimentali. La vasta ricerca già condotta su malattie di altre colture, come la malattia di Pierce nella vite, evidenzia, comunque, che questi procedimenti possano migliorare la salute delle piante, soprattutto se associati a pratiche agronomiche. Anche gli scienziati che hanno condotto le sperimentazioni – finalizzate a far regredire i sintomi piuttosto che ad eliminare il patogeno – sono cauti: si tratta di risultati preliminari e occorrerà ripetere i test per un’altra stagione. Nonostante i risultati incoraggianti per ciò che riguarda la ripresa vegetativa, dunque, L’Efsa conferma che allo stato attuale non esista alcun trattamento in grado di debellare il batterio dalle piante coltivate in campo aperto.
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