Da Trieste un passo avanti verso la terapia genica contro il glioblastoma
Introducendo nelle cellule tumorali una copia extra di un gene gli scienziati sono riusciti a compromettere la loro capacità di riprodursi e a indurle al suicidio
SCOPERTE – In un futuro non troppo lontano la terapia genica potrebbe rivelarsi l’arma vincente contro il glioblastoma, il tumore più diffuso e aggressivo che colpisce il sistema nervoso centrale. Lo confermano i risultati di uno studio della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste, appena pubblicati sulla rivista Oncotarget: introducendo nelle cellule tumorali una copia extra di un gene, gli scienziati sono riusciti a compromettere la loro capacità di riprodursi e a indurle al suicidio. Il tutto senza danneggiare le cellule sane. Finora i test sono stati condotti in vitro e in vivo (su modelli animali), e in base ai modelli elaborati dei ricercatori sembra che il trattamento riesca a colpire il cancro in almeno sei punti diversi. Un’ulteriore buona notizia, perché potrebbe significare che è in grado di contrastare anche la comparsa di recidive.
Introducendo geni ad hoc nel genoma di una cellula ospite è possibile farli funzionare attraverso il suo macchinario genetico, e risultati come questi sono estremamente promettenti quando si tratta di combattere tumori mortali. Nel caso del glioblastoma infatti la chirurgia non è quasi mai un’opzione “perché si insinuano nei tessuti sani”, spiega in un comunicato Antonello Mallamaci, che ha guidato il gruppo di ricerca. Il gene sfruttato per il trattamento si chiama Emx2 e Mallamaci lo studia da anni, con particolare interesse per il suo ruolo durante la crescita embrionale, quando controlla la proliferazione dell’astroglia ed è in grado di “bloccare” gli astrociti. Insieme ad altre cellule nervose, gli astrociti costituiscono la glia e sostengono e proteggono i neuroni, oltre a smaltirne i prodotti di scarto e influenzarne l’attività.
Così è nata l’idea di sfruttare Emx2 per un trattamento genico. “Sappiamo che durante le prima fasi delle sviluppo del sistema nervoso crescono solo neuroni, mentre la glia inizia a proliferare solo quando la crescita neuronale è praticamente finita”, spiega Carmen Falcone, ricercatrice SISSA e prima autrice dello studio. “Nei nostri studi precedenti abbiamo scoperto che Emx2 si esprime a livelli molto alti nella fase di generazione dei neuroni, mentre quando inizia la crescita della glia la sua azione si riduce drasticamente. In questo modo, il gene fino a un certo punto mantiene ferma la crescita degli astrociti”.
Gli scienziati hanno lavorato su colture di glioblastoma fornite dall’IST (Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro) di Genova, e “per quasi tutti i campioni, in meno di una settimana, il tessuto tumorale è letteralmente collassato”, raccontano. Dopo aver modellato in vitro i meccanismi molecolari scatenati dalla copia extra di Emx2, i ricercatori hanno iniziato la sperimentazione sui topi. “Abbiamo selezionato un pezzetto di DNA che fa sì che il gene terapeutico si attivi solo nelle cellule tumorali, senza attaccare le altre, e abbiamo replicato con esso lo stesso risultato ottenuto nei primi test in vitro”. Un accorgimento adottato in modo da limitare le sofferenze degli animali.
Per aggiungere la copia extra di un gene in una cellula vivente, come in questo caso, gli scienziati sfruttano i meccanismi dei virus: non potendo riprodursi da soli inseriscono il proprio DNA in quello dell’ospite in modo che sia lui a duplicarlo, formando nuovi virus. Dopo aver reso innocuo un virus, rimuovendo il suo genoma, possiamo “riempirlo” con quello che vogliamo veicoli. Per esempio i geni per la terapia genica contro il cancro. La strategia si è dimostrata vincente e il gene Emx2 è riuscito a uccidere le cellule di almeno quattro tipi diversi di glioblastoma, in vitro e sui modelli animali. “Ora continueremo ampliando i test in vivo con altri glioblastomi”, conclude Mallamaci. “Lavorando molto sodo e con un pizzico di fortuna speriamo che in pochi anni questo possa tradursi in un beneficio tangibile per gli sfortunati pazienti colpiti da questa patologia”.
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