Sensibilizzazione agli allergeni nei bambini: quando introdurre latte, uova e frutta secca?
Fino a non molti anni fa si ritardava la loro introduzione nella dieta dei più piccoli, ma sempre più studi indicano che la direzione da seguire è quella opposta
SALUTE – Si è da poco conclusa l’annuale conferenza dell’American Thoracic Society (ATS), che riunisce, tra i vari professionisti, quelle impegnati nelle aree della salute respiratoria e polmonare. Una delle ricerche presentate all’incontro si basa sui dati del Canadian Healthy Infant Longitudinal Development (CHILD) Study, diretto da Malcolm Sears e che ha coinvolto oltre 1400 bambini da 0 a 12 mesi di vita.
Questo studio ha mostrato che introdurre nella dieta dei bambini prodotti a base di latte vaccino come yogurt e formaggi, ma anche uova e noccioline entro il primo anno di età riduce le probabilità che sviluppino una sensibilizzazione alimentare a questi cibi potenzialmente allergenici, dunque la produzione di specifici anticorpi (IgE, le immunoglobuline). Non si tratta ancora di allergia, perché è il risultato dei primi contatti tra un potenziale allergene e l’organismo, ma “è un passo importante che va in quella direzione”, spiega in un comunicato Maxwell Tran, co-autore dello studio e ricercatore alla McMaster University di Hamilton, in Canada. Non si tratta dunque di un aspetto da trascurare, perché in base agli ultimi dati europei sulle allergie infantili (lo studio Europrevall pubblicato su Allergy la scorsa estate) queste sono in aumento: ne soffrono 2-3 bambini ogni cento nella fascia 0-3 anni e 1-3 su cento in età scolare.
Lo studio presentato alla conferenza ATS ha indagato un campione casuale della popolazione, mentre molte indagini precedenti si erano concentrate su categorie particolarmente a rischio o su allergie e problemi legati alla salute respiratoria comparsi in bambini più grandi. Anche per questo è il primo, dicono gli autori, a indicare chiaramente che la strategia migliore non è evitare l’assunzione di alimenti come il latte vaccino o le uova, ma il contrario: anticiparla. Molte linee guida legate alla salute e all’alimentazione infantile stanno andando proprio in questa direzione, conferma Tran, “e raccomandano di introdurre certi cibi prima dei sei mesi”. Un esempio sono le indicazioni della American Academy of Allergy, Asthma & Immunology aggiornate al 2015, che suggeriscono di introdurre i cibi solidi potenzialmente allergenici dopo quelli solidi e “meno a rischio” in un ambiente protetto (dunque per le prime volte è meglio farlo a casa) tra i quattro e i sei mesi.
Fino a non molti anni fa la situazione era molto diversa e si pensava che ritardare l’assunzione di questi cibi – specialmente nei bambini più a rischio, magari perché figli di genitori allergici e soggetti a predisposizione ereditaria – fosse la cosa migliore da fare. Durante la gravidanza e l’allattamento, inoltre, anche le mamme non allergiche venivano incoraggiate a curare la propria alimentazione in questo senso (con attenzione a latte, frutta secca, uova, pomodori…). Se per le noccioline non ci sono esplicite indicazioni, oggi è sconsigliato anche a loro escludere alimenti di alto valore nutritivo come latte e uova. Anche per il latte in formula, nel caso delle mamme che non allattino al seno, ci sono accorgimenti da poter seguire: alcune formule idrolizzate, si legge sempre sulle linee guida AAAAI, se introdotte entro i primi sei mesi di vita riducono il rischio che i neonati sviluppino la dermatite atopica, una patologia cutanea cronica che colpisce circa il 30% della popolazione in età pediatrica.
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