von Humboldt non esagerava: le anguille elettriche saltano fuori dall’acqua
Un nuovo esperimento conferma il racconto dell'esploratore in viaggio lungo l'Orinoco, una testimonianza rimasta indimostrata per oltre 200 anni
SCOPERTE – Era il febbraio del 1800 quando il famoso esploratore, botanico e naturalista tedesco Alexander von Humboldt lasciò la costa del Sud America, per spingersi lungo il corso del fiume Orinoco insieme al collega Aimé Bonpland, botanico francese, che già da un anno lo accompagnava nei suoi viaggi. Per quattro mesi i due studiarono l’ambiente fluviale, percorrendo quasi 3000 chilometri e compilando una mappa del Casiquarie, il corso d’acqua naturale che unisce i bacini del Rio delle Amazzoni e dell’Orinoco, usato dalle popolazioni locali da sempre ma decisamente meno famoso tra gli esploratori.
Oltre ad aver stabilito e mappato la posizione della biforcazione fluviale sull’Orinoco, la “sorgente” del Casiquarie, e ad aver documentato la vita di varie tribù indigene, von Humboldt e Bonpland rimasero affascinati dalle anguille elettriche, gli elettrofori, pesci notturni grandi anche due metri e mezzo la cui potente scarica elettrica è una delle armi più affascinanti e pericolose del mondo animale: 600 volt. Così von Humboldt decise di guardarle più da vicino e si trovò ad osservare la “pesca con i cavalli” a opera dei pescatori indigeni. Ne uscì un resoconto impressionante, che molti ritengono un po’ romanzato, delle capacità degli elettrofori: una trentina tra cavalli e muli furono portati nel fiume alla mercé delle anguille, che balzarono fuori dall’acqua attaccandosi alle zampe degli animali e furono protagoniste di una “battaglia” a dir poco epica. Alcuni cavalli morirono, ma ristabilita la calma fu possibile trascinare fuori dall’acqua cinque anguille, probabilmente esauste.
Da allora nessun resoconto od osservazione ha riportato un comportamento simile negli elettrofori: nulla togliendo ai loro superpoteri elettrici, dovuti a migliaia di cellule specializzate (gli elettrociti), questi animali non saltano fuori dall’acqua. O perlomeno credevamo fosse così, perché Kenneth Catania, neurobiologo della Vanderbilt University noto per le sue ricerche sulle anguille elettriche, è riuscito a documentarne i balzi sfruttando come incentivo una testa di alligatore posticcia e un braccio finto. In realtà, si tratta di reazioni ancor più straordinarie di quelle documentate da von Humboldt: quando l’elettroforo è messo alle strette da una creatura parzialmente sommersa, spesso reagisce sollevandosi al di fuori dell’acqua e appoggiato il mento sull’aggressore comincia a scatenarvi contro una serie di scariche elettriche.
“La prima volta che ho letto il racconto di von Humboldt, ho pensato fosse del tutto bizzarro”, dice Catania in un comunicato, “perché le anguille avrebbero dovuto attaccare i cavalli, invece di scappare via?”. Durante le sue ricerche, tuttavia, si era già accorto che una piccola parte delle anguille reagiva alla rete usata per muoverle da una vasca all’altra come di fronte a una minaccia, non scappando ma balzando fuori dall’acqua. Quando cacciano una preda, come un piccolo pesce, gli elettrofori sfruttano le cariche ad alto voltaggio per mettere KO i suoi muscoli e poi risucchiarlo con la bocca. Un po’ come essere attaccati da un taser, ma lungo più di due metri.
Per studiare il nuovo comportamento, Catania ha elaborato una serie di esperimenti ad hoc. Prima di tutto ha stabilito che un elettroforo tende a ignorare tutto ciò che non conduce elettricità. Poi, collegando un amperometro e un voltmetro a un piatto di alluminio, ha scoperto che sia voltaggio che amperaggio erano estremamente più elevati quando l’animale balzava in alto verso il suo obiettivo. Senza l’acqua intorno a “spalmare” la carica, la corrente elettrica viaggia direttamente dall’anguilla fino al suo predatore e le permette di elettrificare una porzione molto più grande del suo corpo.
Così i vari pezzi del puzzle tornano insieme: nella stagione secca, nel bacino del Rio delle Amazzoni, il livello dell’acqua scende parecchio originando una serie di aree poco coperte che più facilmente mettono gli elettrofori “alle strette”, facendoli sentire vulnerabili anche ai predatori terrestri e spingendoli, così, a saltare fuori dall’acqua per ottimizzare la difesa. In molte zone il periodo secco coincide anche con la stagione riproduttiva, rendendo ancor più importante dotarsi di una risposta efficace per proteggere i piccoli.
A quanto pare von Humboldt non aveva esagerato.
@Eleonoraseeing
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