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Le eccellenze della ricerca europea

Svezia, Danimarca e Finlandia: continua il nostro approfondimento sulla ricerca in Europa e la sua valutazione

APPROFONDIMENTO – Dopo aver esaminato come funziona il sistema della ricerca in Germania e Gran Bretagna, spostiamo ora la nostra attenzione su Danimarca, Svezia e Finlandia. I dati Eurostat parlano chiaro: se si guarda alla spesa in ricerca e sviluppo (R&D) in relazione al prodotto interno lordo, questi tre paesi conquistano il podio europeo, seguiti a breve distanza da Austria e Germania.

03 - Grafico GERD-GDP

Ottime anche le loro prestazioni per quanto riguarda le migliori università, secondo la classifica stilata annualmente da Times Higher Education – in Europa, solo Inghilterra e Germania fanno meglio di loro – e il livello di innovazione ed eccellenza scientifico-tecnologica, che li vede leader europei insieme alla Germania.

03 - Mappa innovazione

Di questi tre paesi, la Finlandia è quello più in difficoltà dal punto di vista economico: la crisi e il tracollo della Nokia hanno portato il PIL pro-capite e le performance economiche al di sotto della media europea, e a un calo significativo degli investimenti in ricerca e sviluppo, diminuiti del 13% fra il 2010 e il 2014. Ciò nonostante, il paese continua a essere nella top ten delle economie più competitive al mondo (pur essendo sceso dal quarto all’ottavo posto) e la percentuale di spesa in R&D (GERD) rispetto al PIL – al di sotto dell’obiettivo previsto dal governo (4%) – è la più alta in Europa (3,17%).

7378118008_dd7623a285_zIl sistema della ricerca finlandese è centralizzato per quanto riguarda strategie, linee guida e finanziamenti, ma le regioni dispongono di un certo grado di autonomia locale nell’implementazione delle politiche locali, soprattutto per quanto riguarda lo stanziamento dei fondi strutturali.

A livello gerarchico, al vertice della governance della ricerca si trovano il Parlamento e il Governo, il quale è a sua volta supportato dal Research and Innovation Policy Council (RIC), presieduto dal Primo Ministro e incaricato di fornire consigli sullo sviluppo strategico e la coordinazione delle politiche riguardanti scienza e innovazione. Il secondo livello della gerarchia è rappresentato dai ministeri, in particolare quello dell’Educazione e della Cultura, e quello dell’Occupazione e dell’Economia, che gestiscono l’87% dei finanziamenti governativi per la ricerca. Al terzo livello troviamo una serie di agenzie – l’Accademia della Finlandia, Tekes, Sitra e altre – che finanziano sia la ricerca di base sia quella applicata in maniera competitiva. Per avere un’idea delle cifre, l’Accademia e Tekes hanno a disposizione un budget per il 2016 rispettivamente di 439 e 381 milioni di euro. Al quarto e ultimo livello della struttura di governance della ricerca ci sono università, organizzazioni di ricerca pubblica e politecnici (recentemente riformati).

Con un simile sistema, e dato l’approccio fortemente evidence-based alle decisioni politiche, i processi di valutazione non possono che avere una grande importanza, al punto che la stessa valutazione è stata al centro di uno studio per analizzarne l’impatto, promosso nel 2013 dal Ministero per l’Occupazione e l’Economia.

7378125668_f90fa28057_zQuello svedese è un sistema estremamente diversificato, sia in termini di fonti di finanziamento, sia per quanto riguarda le categorie di organizzazioni che svolgono ricerca. Le 36 università e collegi universitari conducono circa i due terzi della ricerca pubblica dell’intero paese. Gli ospedali universitari non sono inclusi nella categoria delle infrastrutture della ricerca. Gli istituti di ricerca industriale non rientrano nel settore dell’istruzione superiore ma fanno parte del Research Institute of Sweden (RISE), un’organizzazione pubblica che si coordina con il mondo accademico, le imprese e la società per incentivare la competitività e l’innovazione tecnologica. La biologia è uno dei settori di punta della ricerca svedese, al punto da essere stata definita “la principale area di esportazione dopo il legname e la carta” dal Ministro dell’Istruzione e della Ricerca, Helene Hellmark Knutsson.

I due principali documenti in questo settore sono il Research Bill, che viene redatto ogni quattro anni e suggerisce gli stanziamenti e l’agenda per la ricerca pubblica, e il National Innovation Strategy, che stabilisce le linee guida per le politiche di innovazione nell’ambito di Horizon 2020. Entrambi questi documenti sono realizzati tramite la consultazione degli stakeholder coinvolti. Questo approccio fa capire quanto il sistema svedese sia basato su un’organizzazione di tipo bottom-up – quindi molto condizionato dai diversi attori in gioco – che fa capo a diversi ministeri. Ministeri la cui autorità è però attenuata da una struttura di servizi pubblici che li porta a delegare molti poteri ad agenzie specializzate, come lo Swedish Research Council, che si occupa della ricerca di base e della comunicazione scientifica rivolta al grande pubblico. Queste agenzie svolgono anche un ruolo di supporto e consiglio rivolto ai ministeri tramite report annuali.

Il Research Bill è l’elemento su cui si fonda il finanziamento della ricerca svedese. Attrarre eccellenze dall’estero, supportare i giovani ricercatori e aumentare i fondi allocati a progetti condotti da gruppi e individui (piuttosto che da organizzazioni) sono le priorità evidenziate dal documento attualmente in vigore, che risale al 2012. Il 51% dei finanziamenti pubblici è distribuito su base competitiva mentre il finanziamento istituzionale è passato attraverso una serie di riforme: nel 2009 è stato introdotto un modello di distribuzione di fondi basato su due indicatori, pubblicazioni/citazioni e finanziamenti esterni. Nel 2014, lo Swedish Research Council ha proposto un nuovo modello che include anche la peer-review e non si limiti ai soli indicatori. Un sistema che si affianca a quello su cui sta lavorando Vinnova, l’agenzia governativa che gestisce i fondi per sviluppo e innovazione.

Anche la Svezia ha però i suoi punti deboli. Il principale sembra essere il calo delle performance del sistema scolastico evidenziato dal report PISA, cui si aggiunge una bassa interazione fra università e industria.

7378111558_74a341071b_zLa Danimarca continua a mantenere il suo ruolo di paese leader nella ricerca e nell’istruzione. Merito di una cultura fortemente dedicata all’innovazione, di un’economia stabile che ha saputo riprendersi bene dalla crisi, e dei robusti finanziamenti in ricerca e sviluppo (terza in Europa come GERD calcolato in rapporto al PIL). Finanziamenti che però il recente governo, in carica dal 2015, ha ridotto. Il ruolo dei privati in Danimarca è di grande importanza: basti pensare che, nel 2014, il 57,9% del GERD è stato finanziato da imprese. La ricerca pubblica è condotta principalmente dalle università e da alcuni istituti di ricerca pubblici.

Il sistema danese è fortemente centralizzato e lascia poca autonomia alle regioni, che non hanno un ruolo di rilievo nella governance della ricerca. Governance che è soprattutto affidata al Ministero per l’Istruzione Superiore e la Scienza, mentre altri ministeri, a partire da quello per gli Affari e la Crescita, hanno i propri programmi di ricerca e innovazione. Il Danish Council for Research and Innovation Policy è un’istituzione, fondata nel 2014, che si occupa di promuovere lo sviluppo della ricerca e l’innovazione del paese, nonché di svolgere un’attività di supporto e consiglio su temi scientifici e tecnologici a favore del Ministero, del Governo e del Parlamento. La maggioranza dei suoi membri devono avere una forte esperienza nel campo della ricerca.

Per quanto riguarda i finanziamenti, tre sono le principali istituzioni coinvolte: la Danish National Research Foundation finanzia la ricerca di eccellenza indipendentemente dalle discipline; il Danish Council for Independent Research (DFF) distribuisce fondi su base competitiva ad attività di ricerca ispirata più dagli interessi dei singoli ricercatori che delle strategie nazionali; l’Innovation Fund Denmark investe in ricerche e tecnologie che contribuiscano alla crescita e all’occupazione.

La valutazione della ricerca, delle strutture e delle politiche a essa legate è un’attività presa in grande considerazione in Danimarca. L’istituzione che se ne occupa è la Danish Agency for Science, Technology and Innovation, che ha pubblicato svariati report, come quello sull’efficacia del trasferimento tecnologico delle università danesi, o quello sull’attività del DFF.

Leggi anche: Valutazione della ricerca in Francia: cosa possiamo imparare?

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Michele Bellone
Sono un giornalista e mi occupo di comunicazione della scienza in diversi ambiti. I principali sono la dissemination di progetti europei, in collaborazione con Zadig, e il rapporto fra scienza e narrativa, argomento su cui tengo anche un corso al Master di comunicazione della scienza Franco Prattico della SISSA di Trieste. Ho scritto e scrivo per Focus, Micron, OggiScienza, Oxygen, Pagina 99, Pikaia, Le Scienze, Scienzainrete, La Stampa, Il Tascabile, Wired.it.