Sistemi termofotovoltaici per produrre energia sostenibile
Le proprietà intrinseche dei nuovi materiali bidimensionali, o delle combinazioni di materiali 2D, non sono facili da misurare sperimentalmente. Con le equazioni della meccanica quantistica è possibile fare delle previsioni, con l'obiettivo di convertire l'energia in maniera più efficiente ed ecosostenibile
RICERCANDO ALL’ESTERO – “La cosa bella della fisica della materia, a differenza di altri settori, è che noi teorici computazionali abbiamo la verifica sperimentale delle nostre predizioni mentre siamo ancora vivi. Higgs è stato fortunato, hanno trovato il bosone quando lui aveva 80 anni, ma c’è gente che studia cose che non potrà mai vedere. Ho l’idea romantica che, alla fine della mia vita, mi guarderò indietro e capirò qualcosa del mondo in cui sono stata”.
Nome: Giorgia Fugallo
Età: 34 anni
Nata a: Cagliari
Vivo a: Parigi
Dottorato in: fisica (Londra, Regno Unito)
Ricerca: Il trasporto termico nei nuovi materiali.
Istituto: Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne (Losanna, Svizzera), CNRS (Université Pierre et Marie Curie, Parigi), attualmente Ecole Polytechnique Paris.
Interessi: il nuoto, il cinema di fantascienza, la letteratura.
Di Parigi mi piace: l’architettura, esiste ancora una vita di quartiere, è una città mediterranea.
Di Parigi non mi piace: è molto costosa e troppo orientata al turismo, ha ancora problemi di integrazione.
Pensiero: Sapiens fingit fortunam sibi. (Plauto)
Lo sviluppo di nuovi materiali termoelettrici, cioè materiali in grado di generare elettricità a partire dal calore di scarto, potrebbe svolgere un ruolo cruciale nella produzione di energia sostenibile. Questa opportunità è subordinata alla sintesi e caratterizzazione di materiali nano-strutturati e alla misurazione, il più possibile accurata e precisa, della loro conduttività termica.
Che importanza ha il trasporto termico nei materiali?
La dispersione del calore, e quindi lo spreco di energia, è uno dei punti cruciali quando si parla di sostenibilità energetico-ambientale. Quando usiamo gli elettrodomestici o le automobili, ci sono componenti che si riscaldano molto e l’energia termica che rilasciano viene persa nell’ambiente. Sarebbe invece utile poterla riconvertire e cioè avere a disposizione un materiale che prenda questo calore e lo trasformi in elettricità, magari da reinvestire all’interno della macchina stessa o nelle nostre case. Qui entra in gioco la termoelettricità: è una proprietà fisica di tutti i materiali che collega il flusso calorico che li attraversa al flusso di elettroni, e quindi alla possibilità di emettere una corrente elettrica. Alcuni materiali hanno un rapporto tra flusso di calore e flusso di elettroni molto blando e non sono molto efficienti, mentre ce ne sono altri con effetti termoelettrici rilevanti.
Senza entrare troppo nel dettaglio, diciamo che, in termini di sostenibilità energetica, più bassa è la conduttività termica e alta quella elettrica, maggiore sarà l’efficienza di conversione del materiale. Diverso è invece il discorso dei nuovi materiali per le applicazioni tecnologiche, computer o telefonino per intenderci, che devono avere una conduttività termica elevata, per disperdere il calore il più velocemente possibile senza perdere in efficienza. Questo perché il surriscaldamento dei componenti elettronici è diventato un problema cruciale da gestire, addirittura più importante della miniaturizzazione dell’hardware secondo la legge di Moore (ndr, ne avevamo parlato qui).
Quindi, indipendentemente dall’applicazione, è importante conoscere le proprietà termiche di un materiale per poi sfruttarle a piacimento.
Come si calcola la termoelettricità di un materiale?
Per risolvere le interazioni elettroniche di un materiale, usiamo le formule della meccanica quantistica. Sono equazioni ben note che noi fisici cerchiamo di volta in volta di risolvere per giustificare i risultati ottenuti sperimentalmente o prevedere nuovi comportamenti o suggerire la composizione di nuovi materiali. Il punto è che nonostante siano equazioni molto studiate, in realtà non riescono a descrivere l’interazione tra tutti i singoli elettroni di tutti gli atomi presenti in un certo materiale: ciò comporterebbe uno sforzo umano impossibile e una capacità di calcolo computazionale che nessun computer, nemmeno un supercomputer, finora possiede. Si sfrutta allora la teoria del funzionale della densità, sviluppata negli anni ‘60, che permette di studiare sistemi di elettroni in modo collettivo.
La mia ricerca si basa proprio sull’uso di questa teoria e si propone di calcolare le proprietà termiche (e ottiche) dei materiali, inserendo nelle equazioni quantistiche solamente la specie atomica da considerare, per esempio silicio o germanio. Le simulazioni che si ottengono, non essendo legate a nessun dato sperimentale, possono riguardare qualsiasi disposizione atomica, anche diversa da quelle esistenti in natura, che porti a un nuovo materiale, stabile alla pressione e alla temperatura in cui viviamo e con proprietà intrinseche interessanti. Fare la stessa cosa sperimentalmente, non solo costerebbe tantissimo ma ha il rischio di ottenere qualcosa di poco utile o addirittura privo delle proprietà di interesse.
Che tipo di materiali nanostrutturati studi?
Quelli che vanno molto di moda adesso sono i materiali bidimensionali, cioè quelli formati da un singolo strato atomico. Il boom è avvenuto nel 2004 quando Andrej Geim e Konstantin Novoselov sono riusciti a sintetizzare il grafene, un nanomateriale costituito da un unico strato di grafite. Con il mio gruppo del CNRS di Parigi, ho scritto un codice che risolve più efficientemente di altri la dispersione del calore in questi materiali. Siamo così riusciti a dare un valore preciso, senza approssimazioni, alla conduttività termica non solo del grafene, ma anche del molibdeno disulfuro, nitruro di boro, fluorografene e del grafane.
I risultati che abbiamo ottenuto sono particolarmente interessanti perché si tratta di una misurazione piuttosto difficile da fare sperimentalmente: per esempio, per il grafene il problema sta nella sintesi, dato che non si riesce a ottenere un foglio di carbonio sufficientemente puro e con dimensioni abbastanza grandi da non compromettere la misura del trasporto termico. Abbiamo anche studiato materiali tridimensionali come il diamante, silicio, germanio, bismuto ma il grafene è il materiale con la più alta conduttività termica vista finora, superiore al diamante di diversi ordini di grandezza. Il fatto che sia anche un nanomateriale, quindi che abbia una struttura molto piccola, lo rende particolarmente interessante come dissipatore di calore nei dispositivi elettronici.
Infine, ci siamo occupati di alcune eterostrutture, cioè combinazioni di materiali bidimensionali messi a strati uno sopra l’altro, con proprietà sicuramente particolari ma ancora da valutare con precisione. Finora si è visto che le leghe più efficienti nella conversione calore-elettricità sono quelle silicio-germanio.
Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?
In questo momento mi sto occupando anche della parte ottica del fotovoltaico con l’idea di combinare questa tecnologia a quella termica. In generale, oggi si sfrutta l’energia solare per eccitare gli elettroni e creare corrente elettrica. Ci potrebbero però essere altri fotoni, come quelli emessi da un corpo caldo, che hanno sicuramente energia più bassa di quelli provenienti dal Sole (nel campo dell’infrarosso) ma potrebbero essere comunque in grado di far funzionare le celle fotovoltaiche. La conversione dell’energia è un argomento molto popolare, in Francia si parla già di strutture ibride combinate di tipo termofotovoltaico.
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