IN EVIDENZA

La nascita della Luna e l’impatto che vaporizzò la Terra

All'origine della formazione della Luna ci sarebbe evento catastrofico che ha quasi disintegrato il nostro pianeta circa 4,5 miliardi di anni fa

moonrot_still-0001
La Luna ha caratteristiche anomale rispetto agli altri satelli del Sistema Solare, e per lungo tempo è stato difficile spiegare la sua origine. Crediti immagine: NASA/Goddard Space Flight Center

APPROFONDIMENTO – La Luna ha catturato l’attenzione dell’umanità fin dal lontano passato, tanto che alcune suddivisioni del tempo come settimane e mesi hanno la loro origine proprio nello osservazione dei moti lunari. Del resto si tratta del corpo celeste più vicino alla Terra e dell’astro più luminoso dopo il Sole, ma il suo fascino va al di là del chiarore argenteo della sua luce. L’unico satellite naturale della Terra infatti rappresenta un’anomalia nel Sistema Solare di difficile spiegazione e il tentativo di comprendere la sua origine ha prodotto diverse teorie. Nessuna di queste però fino a oggi è riuscita a essere del tutto convincente e in accordo con le osservazioni. Una ricerca condotta da Kun Wang e Stein Jacobsen, geochimici rispettivamente della Washington University e della Harvard University ha però finalmente permesso di fare maggiore luce sulla questione. I risultati pubblicati sulla rivista Nature suggeriscono che la Luna si sarebbe formata nel corso di un evento catastrofico che ha quasi disintegrato il nostro pianeta circa 4,5 miliardi di anni fa e altro non sarebbe che una parte del mantello della proto-Terra vaporizzato dall’impatto.

A un’analisi sommaria del Sistema Solare, la Terra spicca immediatamente, come Saturno con i suoi anelli, per una particolarità molto evidente: la Luna. Il sistema Terra-Luna infatti da lontano appare quasi come un pianeta doppio, cosa molto evidente dalle immagini del nostro pianeta ottenute dalle zone esterne del Sistema Solare. Perché un satellite come la Luna dovrebbe risaltare così tanto? Dopo tutto nel corso degli anni sono stati scoperti centinaia di satelliti nel Sistema Solare – alcuni, come Ganimede e Titano, anche di dimensioni maggiori molto maggiori di quelle lunari.

La particolarità della Luna sta nella posizione nel Sistema Solare e soprattutto nelle sue proporzioni rispetto alla Terra. Di tutte le centinaia di satelliti scoperti solo tre orbitano attorno ai pianeti rocciosi interni, il resto fa parte dei complessi sistemi satellitari dei giganti gassosi. Pensiamo agli altri due satelli interni, Phobos e Deimos, che ruotano attorno a Marte: sono niente più che corpi celesti di qualche km di diametro, nulla di paragonabile alla Luna. Anche la stragrande maggioranza dei satelliti che orbitano attorno ai giganti gassosi è di piccole o piccolissime dimensione. Un numero esiguo però ha dimensioni notevoli, ma tra questi solo quattro hanno massa maggiore di quella lunare. Ciò che li distingue però dalla Luna è il rapporto di massa con il loro pianeta. La massa di Ganimede è infatti quasi 13 000 volte inferiore rispetto a quella di Giove, mentre quella della Luna è solo 81 volte inferiore rispetto a quella terrestre.

Se confrontata con altri satelliti del Sistema Solare, la Luna è troppo grande rispetto al pianeta attorno a cui orbita e ciò rende difficile spiegare la sua origine. I piccoli satelliti di Marte, per esempio, sono asteroidi catturati dal campo gravitazionale del pianeta. Quelli in orbita attorno ai giganti gassosi in parte si sono formati dai dischi di materiale in caduta sui pianeti durante la formazione del Sistema Solare, in parte sono corpi celesti catturati dal campo gravitazionale. In questo scenario non sorprende che il satellite più grande, Ganimede, si sia formato proprio attorno dal disco di accrescimento del pianeta più grande, cioè Giove.

E la Luna? Non potrebbe essere stata catturata anch’essa o essersi formata insieme alla Terra accrescendosi dal materiale che stava cadendo a formare il nostro pianeta? Queste due semplici possibilità della cattura e dell’accrescimento sono state considerate dagli scienziati, tuttavia per le caratteristiche della Luna sono da sempre sembrate poco convincenti.

Cercando di spiegare l’origine della Luna

Fin dai primi tentativi di spiegare l’origine della Luna, in effetti, gli scienziati hanno pensato a meccanismi più complessi ed esotici. La prima teoria proposta risale al 1898 e suggeriva che la Luna si fosse staccata dalla Terra a causa della forza centrifuga quando il nostro pianeta era ancora fuso. Nel proporre questa idea, l’astronomo e matematico George Darwin, figlio del celebre naturalista Charles, colse in effetti un fondo di verità. Tra l’altro la sua teoria prevedeva che la Luna in passato fosse stata molto più vicina alla Terra e che si sia lentamente allontanata da essa. In effetti a seguito delle missioni lunari è stato possibile misurare con precisione la distanza del nostro satellite ed è emerso che questo si sta tutt’ora allontanando. Questo avviene a causa dell’attrito prodotto dalle maree, che provoca un lento rallentamento della rotazione terrestre con una conseguente perdita di momento angolare. Poiché il momento angolare è una quantità che si conserva, questa perdita viene compensata da un guadagno da parte della Luna che la porta lentamente ad allontanarsi.

La teoria di George Darwin, sebbene abbia avuto un grande successo, presentava grosse lacune. Infatti non riusciva a spiegare il meccanismo con cui la Luna si era allontanata dalla superficie terrestre. Per altro divenne evidente che la forza centrifuga necessaria avrebbe richiesto una rotazione terrestre troppo elevata, così nel 1946 il geologo Reginald Aldworth Daly propose una modifica della teoria di Darwin: la Luna si sarebbe staccata dalla Terra non per la forza centrifuga, ma a seguito di una collisione con un corpo celeste. All’epoca però la proposta di Daly non ricevette attenzione e finì nel dimenticatoio.

Man mano che le conoscenze sulla Luna aumentavano, divenne sempre più evidente che anche le semplici ipotesi della cattura e dell’accrescimento erano molto difficili da giustificare. La Luna ha una composizione simile a quella terrestre, ma presenta alcune differenze. Le rocce di cui è composta presentano forti analogie con quelle del mantello terrestre (cioè in prevalenza silicati), ma a differenza del nostro pianeta il satellite ha un nucleo metallico molto piccolo ed è in generale povera di ferro e di metalli. Se si fosse formata in altre zone del Sistema Solare per poi essere catturata, avrebbe dovuto avere una composizione ben differente da quella osservata. Tuttavia il problema maggiore dell’ipotesi della cattura è che richiederebbe una dissipazione di energia cinetica enorme per rallentare la Luna e farla inserire sull’orbita attuale. Gli oggetti catturati tipicamente si dispongono su orbite molto ellittiche, mentre quella della Luna lo è molto poco e solo un’atmosfera terrestre abnormemente estesa nel passato avrebbe potuto dissipare tanta energia. Se la Luna si fosse invece formata dal disco di materiale in accrescimento sulla Terra, la sua orbita sarebbe molto più in accordo con le osservazioni. Tuttavia la formazione del sistema Terra-Luna da un unico disco di accrescimento non è in grado di giustificare né la quantità di momento angolare presente nel sistema stesso, né lo scarso contenuto di metalli della Luna che dovrebbe essere molto più simile a quello terrestre.

Queste considerazioni hanno perciò portato a escludere progressivamente le ipotesi di accrescimento e di cattura. L’ipotesi dell’impatto invece fu ripresa da William K. Hartmann e Donald R. Davis in una ricerca pubblicata nel 1975. La loro teoria partiva dalla considerazione che nella fase finale del periodo di formazione planetaria ci dovessero essere molti corpi celesti di massa paragonabile a quella di grandi satelliti. Un impatto sulla Terra di uno di questi oggetti avrebbe potuto lanciare nello spazio materiali leggeri e poveri di metallo, che si sarebbero poi aggregati a formare la Luna. L’astronomo canadese Alastair G. W. Cameron riprendendo questa teoria aggiunse che il corpo impattante avrebbe dovuto essere della taglia di Marte (1/10 della massa terrestre). In una collisione tangenziale i silicati negli strati esterni dei due corpi si sarebbero vaporizzati, mentre i due nuclei metallici sarebbero rimasti intatti. Così, mentre il nucleo dell’oggetto impattante si sarebbe fuso con quello terrestre, la maggior parte del materiale di collisione finito in orbita sarebbe stata composta da silicati e povera di metalli. Nel 2000 il planetoide, il cui impatto avrebbe formato la Luna, fu chiamato Theia, riprendendo dalla mitologia greca nome del titano padre della dea Selene (Luna in greco).

La teoria dell’impatto quindi giustifica la composizione della Luna, la sua grande massa e il tipo di orbita, e per questo si affermò rapidamente. Il dibattito si spostò sul tipo di dinamica con cui avvenne l’evento. Il periodo in cui sarebbe avvenuto è stato individuato tra 4,4 e 4,5 miliardi di anni fa e il modello fino a oggi più in voga, il cosiddetto impatto a bassa energia, prevede che questo sia avvenuto a circa 15 000 km/h (una bassa velocità in termini astronomici) e con un angolo di 45°. Le simulazioni hanno mostrato che nell’impatto una parte consistente del mantello di Theia sarebbe dovuta finire nel materiale espulso da cui poi si è formata la Luna. Nel 2001, però, da un’analisi degli isotopi lunari emerse che questi hanno proporzioni identiche a quelle terrestri. Gli isotopi sono le varie forme con cui possono esistere in natura gli atomi di un elemento e vengono distinti per il differente numero di neutroni presenti. Per esempio l’ossigeno ha tre isotopi stabili formati da 8 protoni, e da 8, 9 o 10 neutroni. Di solito gli isotopi si presentano in natura in proporzioni abbastanza definite, ma ogni corpo celeste è caratterizzato da una proporzione tipica. La composizione isotopica quindi è una sorta di impronta digitale e dalle analisi nel 2001 emerse che quelle della Luna sono identiche a quelle terrestri. Come è possibile conciliare questo col fatto che nella Luna dovrebbe esserci una quantità significativa di materiale proveniente da Theia?

Poiché le probabilità che Theia avesse una composizione isotopica simile alla Terra sono quasi nulle, si è cercato nel corso degli anni Duemila di elaborare un modello che prevedesse che la Luna fosse formata soprattutto da materiale terrestre. Nel 2007 fu così proposta una modifica del modello dell’impatto a bassa energia che vedeva la formazione di un disco di silicati fusi avvolto in un’atmosfera di silicati vaporizzati da cui si sarebbe poi formata la Luna. Questa configurazione avrebbe avuto una durata di un centinaio di anni e avrebbe permesso di mescolare a sufficienza il materiale di Theia e della Terra.

Le simulazione però hanno mostrato che il processo di rimescolamento non è molto veloce, così nel 2015 fu proposto un modello di impatto ad alta energia che avrebbe quasi disintegrato il nostro pianeta: il suo mantello e quello di Theia si sarebbero di fatto interamente vaporizzati, raggiungendo il cosiddetto stato superfluido e permettendo così ai materiali dei due corpi di mescolarsi a sufficienza per poi ricondensarsi a formare la Luna e il mantello terrestre. Le tecniche a disposizione per un’analisi isotopica, tuttavia, non erano ancora abbastanza accurate da poter distinguere gli scenari a bassa e ad alta energia. Un metodo di analisi sviluppato nel 2015 da Kun Wang e Stein Jacobsen ha però permesso misure dieci volte più precise, permettendo quindi di effettuare una ricerca molto più accurata sulla composizione isotopica lunare. I risultati della ricerca hanno mostrato una lieve differenza nelle frazioni di due isotopi del potassio: le rocce lunari infatti sono più ricche dell’isotopo più pesante rispetto a quelle terrestri. Questo arricchimento si sarebbe potuto verificare solo nelle condizioni di superfluido dell’impatto ad alta energia. Le condizioni dell’atmosfera di silicati attorno al disco di magma dell’impatto a bassa energia invece avrebbero dovuto determinare una frazione maggiore dell’isotopo più leggero.

Anche se rimangono ancora dettagli da chiarire, lo studio condotto da Kun Wang e Stein Jacobsen sembra perciò decisamente propendere per lo scenario ad alta energia e i nuovi modelli che saranno proposti per spiegare meglio l’origine della Luna dovranno partire da questo risultato.

Leggi anche: Phobos, la luna di Marte e il mistero delle sue striature

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Condividi su
Vincenzo Senzatela
Appassionato di scienze fin da giovane ho studiato astrofisica e cosmologia a Bologna. In seguito ho conseguito il master in Comunicazione della Scienza alla SISSA e ora mi occupo di divulgazione scientifica e giornalismo ambientale