Dall’Overview Effect ad una nuova consapevolezza planetaria
Guardare la Terra dallo spazio è un’esperienza unica che potrebbe cambiare per sempre i comportamenti e le priorità della specie umana.
Si chiama Overview Effect ed è un cambiamento cognitivo percepito da molti astronauti guardando la Terra dallo spazio per la prima volta. Psiche, emotività e spiritualità sembrano sopraffatte dal cambio drammatico di prospettiva che si verifica durante i viaggi spaziali nell’orbita terrestre o verso la Luna, quando il nostro mondo appare improvvisamente come una fragile sfera nell’immensità dell’Universo. Un posto unico e raro che è la nostra casa, la casa di tutta l’umanità. Senza confini territoriali e divisioni sociali, di razza o religione.
Questa esperienza è potente e non svanisce quando gli astronauti tornano sulla Terra. È una nuova consapevolezza acquisita che modifica per sempre la percezione della vita, degli esseri viventi e di questo pianeta. Alcuni scienziati credono che tutti dovrebbero avere la possibilità di sperimentare questa sensazione per evolverci come specie e cambiare radicalmente il rapporto con gli altri, con la natura e l’Universo. Oppure, per scopi terapeutici. Purtroppo, però, lo spazio è accessibile solo a una ristretta cerchia di persone. I futuri voli commerciali, organizzati dalle aziende private del settore aerospaziale, saranno molto costosi e quindi riservati ad un’élite ristretta di fruitori.
La realtà virtuale potrebbe offrire un’alternativa low cost.
Dalla percezione all’effetto
Osservare la Terra dallo spazio deve essere davvero un contesto unico. La vista del nostro meraviglioso pianeta verde-blu, da solo nell’oscurità del vuoto, avvolto da una sottile atmosfera come fosse un guscio d’uovo, innesca una grande risposta emotiva negli astronauti.
Se ne ha traccia fin dagli arbori dell’era spaziale. Quando Yuri Gagarin, il primo uomo a volare nello spazio nell’aprile del 1961, tornò sulla Terra dichiarò di essere rimasto colpito non tanto dalla vastità dell’Universo, quanto dal nostro piccolo pianeta. «Girando intorno alla Terra con la mia navicella, mi sono meravigliato della bellezza del nostro pianeta», aveva detto. «Gente del mondo, salvaguardiamo e valorizziamo questa bellezza, non distruggiamola».
Quella di Gagarin non fu un’affermazione a effetto dovuta alla gloria del momento perché, nel corso dei decenni, altri cosmonauti hanno manifestato le stesse convinzioni, gli stessi sentimenti, indipendentemente dalle differenti nazionalità, dal sesso o dalla personale visione della vita.
Questo fenomeno è noto come Overview Effect (o “veduta d’insieme”), secondo una definizione coniata per la prima volta dallo scrittore e filosofo spaziale Frank White nel 1987.
White, in realtà non è mai stato nello spazio ma ha provato qualcosa di simile durante un viaggio in aereo. Nel corso di un’intervista aveva dichiarato che l’idea gli era venuta sorvolando il paese. La vista parziale ma estesa della superficie terrestre gli fece capire che, se avesse volato ancora più in alto, allora avrebbe avuto una vista d’insieme. Senza confini o convenzionali linnee di demarcazione geografica. «Tutte queste cose diventano conoscenza. Concetti che, vivendo in superficie, troviamo molto difficili da afferrare filosoficamente, o mentalmente. E il termine Overview Effect mi è venuto in mente».
«Sono stato felice quando la mia esperienza in aereo è stata confermata dagli astronauti», aveva aggiunto. «Loro, hanno capito di cosa stavo parlando. Non pensavano che fosse una domanda stupida. E hanno detto, oh sì. Sappiamo cosa stai dicendo. Sappiamo cosa stai chiedendo».
L’Overview Effect nello spazio
L’astronauta italiano Paolo Nespoli, durante uno show televisivo, aveva raccontato: «Quando vai nello spazio, hai la possibilità di guardare la Terra da un punto diverso. Siamo tutti insieme, non si vedono confini dallo spazio. A me è sembrato di vedere una nave in viaggio nell’Universo, non ci sono confini. Se c’è un confine importante, quello è l’atmosfera visibile alla sera quando il Sole cala e si vede questa piccola linea blu che sembra la nebbiolina in Valpadana. Se non ci fosse quel confine, noi non saremmo qui. Forse dovremmo fare attenzione a quel confine perché ci divide dal vuoto dell’Universo. È paradossale come tu arrivi in orbita da terrestre e diventi extraterrestre ed è la prima volta che guardi la Terra e dici quella è casa mia. Guarda com’è bella, guarda com’è unica ma guarda anche com’è delicata».
Lo stesso concetto è stato ribadito da molti altri cosmonauti.
Ron Garan, che trascorse 177 giorni nello spazio e si rese promotore di questa esperienza unica in prima persona, aveva dichiarato: «Quando guardiamo la terra dallo spazio, vediamo questo pianeta incredibile e indescrivibilmente bello. Sembra un organismo vivente che respira. Ma, allo stesso tempo, sembra anche estremamente fragile».
«Tutti quelli che sono andati nello spazio dicono la stessa cosa perché è davvero sorprendente. Vedere questo strato sottilissimo [di atmosfera] fa riflettere e ci si rende conto che quella linea esile è tutto ciò che protegge ogni essere vivente sulla Terra, fondamentalmente dalla morte».
Tuttavia, «mentre guardavo la Terra – questa splendida e fragile oasi, quest’isola che ci è stata donata e che ha protetto tutta la vita dall’asprezza dello spazio – fui assalito dalla tristezza. … Nonostante la travolgente bellezza di questa scena, esiste una grave iniquità sull’apparente paradiso che ci è stato offerto. Non ho potuto fare a meno di pensare a quel quasi miliardo di persone che non ha acqua pulita da bere. All’infinito numero che va a letto affamato ogni notte. All’ingiustizia sociale, ai conflitti e alla povertà che pervadono l’intero pianeta. Vedere la Terra da questo punto di vista mi ha offerto una prospettiva unica, qualcosa che sono arrivato a chiamare “prospettiva orbitale”. Questa è la consapevolezza che stiamo viaggiando tutti insieme sul pianeta e se tutti guardassimo il mondo da quella prospettiva vedremmo che nulla è impossibile. La definizione della parola “casa” si espanderebbe rapidamente fino a comprendere il pianeta nella sua interezza e, per la prima volta, potremmo comprendere appieno cosa significa essere un’unica famiglia umana».
«È difficile spiegare quanto sia incredibile e magica questa esperienza. Prima di tutto, c’è la strabiliante bellezza e diversità del pianeta stesso, che scorre sotto gli occhi ad un ritmo regolare e maestoso», aveva detto Kathryn D. Sullivan, prima donna statunitense a compiere una passeggiata spaziale. «Ci tengo a sottolineare che non c’è studio né formazione che può preparare completamente qualcuno allo stupore ed alla meraviglia che tutto questo ispira».
Esistono decine e decine di dichiarazioni come queste. Gli astronauti dall’orbita terrestre e lunare possono sperimentare viste mozzafiato del nostro pianeta e sensazioni uniche, impossibili da descrivere ed immaginare. Provate solo a pensare come deve essersi sentito Bruce McCandless II, il primo astronauta che condusse attività extraveicolare senza l’ausilio di cavi o corde durante una missione Shuttle. Le immagini che lo ritraggono da solo sullo sfondo nero dello spazio con la Terra in basso, bellissima e blu, lasciano senza parole.
Crediti: NASA
Il modulo “Cupola”, installato sulla Stazione Spaziale Internazionale come una sorta di torre di controllo per le attività in esterno, offre agli astronauti in orbita un punto panoramico unico. Con le sue vetrate ed una vista diretta e al nadir della Terra, è diventato un luogo di silenziosa introspezione.
Tracy Caldwell Dyson – Crediti: NASA (*)
L’assenza di gravità gioca sicuramente un ruolo importante su queste percezioni. Ma il punto di forza della “veduta d’insieme” non è solo poter vedere la Terra come pianeta ma anche il Sole come stella. Jeff Hoffman, che partecipò a cinque missioni Space Shuttle nonché alla prima missione per la riparazione del telescopio spaziale Hubble, aveva detto: «noi vediamo il Sole in un cielo blu ma lassù, vedi il Sole in un cielo nero. Quindi sì, lo stai osservando con una prospettiva cosmica».
Quella manciata di astronauti che hanno avuto la possibilità di viaggiare oltre la bassa orbita terrestre e verso la Luna hanno avuto forse le esperienze più profonde dell’Overview Effect.
In un’intervista del marzo 2017, l’astronauta Jim Lovell aveva descritto il contesto della famosa foto “Earthrise“, scattata durante il viaggio dell’Apollo 8 attorno alla Luna.
La missione iniziò il 21 dicembre 1968, in «un periodo esilarante per l’America ed il resto del pianeta» secondo Lovell.
Lui ed i suoi compagni di equipaggio, Frank Borman e Bill Anders, si resero conto che il loro era qualcosa di più di un “semplice volo spaziale”. «Era in corso la guerra del Vietnam. Ci furono disordini. Ci furono due omicidi di personaggi di spicco in quel periodo e quindi, le cose andavano piuttosto male per il paese», disse Lovell. In quel contesto, «abbiamo ripreso un’immagine della Terra da 386.000 chilometri di distanza. Hai una prospettiva diversa della Terra quando la vedi tridimensionalmente tra il Sole e la Luna ed inizi a capire quanto sia piccolo e significativo questo corpo. Quando ho messo il pollice verso il finestrino, potevo nasconderlo completamente e poi ho realizzato che ciò che stavo nascondendo dietro il mio pollice, era la Terra. E che ci sono circa 6 miliardi di persone che si sforzano di vivere lì».
Osservando la Terra da lontano, il contesto di tutto cambia.
«La gente spesso dice: “spero di andare in paradiso quando morirò”. In realtà, se ci pensi, vai in paradiso quando nasci. Arrivi su un pianeta che ha la massa corretta, ha la gravità per contenere acqua ed un’atmosfera. Questi sono gli elementi essenziali per la vita. E arrivi su questo pianeta che orbita attorno ad una stella alla giusta distanza, non troppo lontano per essere troppo freddo, o troppo vicino per essere troppo caldo. Ed alla giusta distanza per assorbire l’energia di quella stella e poi, con quell’energia, la vita evolve».
«Quando per la prima volta ho guardato la Terra, in piedi dalla Luna, ho pianto», confessò in un’intervista del 1988 Alan Shepard, primo cosmonauta americano e comandante dell’Apollo. Anche il compagno di squadra di Shepard, il pilota del modulo lunare dell’Apollo 14 Edgar Mitchell, avvertì un cambiamento. «Ti succede qualcosa là fuori», aveva detto. «Improvvisamente si riconosce che la natura dell’Universo non è come ci è stata insegnata. … Non solo ho visto la connessione, l’ho sentita. … Sono stato sopraffatto dalla sensazione di estendermi fisicamente e mentalmente nel cosmo. Mi sono reso conto che questa era una risposta biologica del mio cervello che cercava di riorganizzare e dare un significato alle meraviglie che avevo il privilegio di vedere».
La ricchezza delle testimonianze rendono l’Overview Effect uno degli aspetti più significativi del volo spaziale, un effetto positivo che può contrastare i rischi psicologici legati alle missioni nello spazio. Secondo alcuni ricercatori, la potente sensazione di soggezione legata alla veduta d’insieme, aiuta gli equipaggi a trovare l’armonia e l’equilibrio nel lavorare in squadra perché le esperienze di questo tipo sono generalmente associate al benessere, al comportamento altruistico e ad altri atteggiamenti prosociali. Lo stupore ci inonda di emozioni positive.
È come se il nostro cervello fosse drogato dalla bellezza della Terra e si risvegliassero sentimenti di trascendenza, spiritualità, euforia ed unità epifanica con il pianeta ed i suoi abitanti. Molti citano l’affascinante varietà dei colori lussureggianti o l’evidente mancanza di confini nazionali. Gli astronauti che lo hanno provato, sono rimasti profondamenti e permanentemente cambiati dall’Overview Effect e questo ha modificato radicalmente le loro vite e le loro abitudini.
«Credo ci sarà un interesse sempre maggiore nel comunicare questa idea perché, dopotutto, è la chiave per la nostra sopravvivenza. Dobbiamo iniziare ad agire come una specie con un destino, altrimenti non sopravviveremo», aveva detto White. Secondo lo scrittore, in una visione forse un po’ utopistica, quando altre persone potranno volare nello spazio con i voli commerciali della Blue Origin, della Virgin Galactic o altre compagnie, la consapevolezza umana potrebbe evolvere ad un livello successivo. Infatti, i primi destinatari di questi servizi saranno persone benestanti e quindi influenti, che potranno fare davvero qualcosa di buono e significativo per il pianeta, dopo aver provato l’Overview Effect.
L’Overview Effect sulla Terra
Forse per sperimentare “una coscienza globale istantanea”, una profonda connessione con il pianeta e la sua gente, non c’è bisogno di andare nello spazio. Sulla Terra diversi gruppi di scienziati stanno cercando di ricreare l’Overvie Effect con la realtà virtuale.
Un gruppo di lavoro è guidato da Steven Pratscher, psicologo e ricercatore presso l’Università del Missouri. Da dicembre 2019, il team sta lavorando per far provare l’Overvie Effect ad un gruppo di volontari. Durante la sperimentazione, i soggetti vengono immersi in una vasca di galleggiamento per imitare la sensazione di fluttuare nel vuoto, con mezza tonnellata di sali di Epsom ed un visore impermeabile per la realtà virtuale, attraverso il quale viene riprodotto un video ad alta definizione registrato dalla startup della Silicon Valley, SpaceVR. Il fondatore e CEO dell’azienda, Ryan Holmes, ha affermato che la compagnia ha anche in programma di posizionare a bordo della Stazione Spaziale Internazionale una telecamera per riprese a 360 gradi, trasmesse in tempo reale. Le sessioni di questo esperimento durano un’ora, al termine della quale i partecipanti svolgono dei test per valutare se hanno avuto esperienze mistiche, si sono sentiti più collegati agli altri o hanno avuto una svolta emotiva. «Sono curioso di vedere se questo programma avrà effetti persistenti, ad esempio, sui valori e sui comportamenti delle persone. E soprattutto su come le persone percepiscono la Terra e l’ambiente», aveva detto Pratscher.
La fondazione olandese SpaceBuzz è stata creata per offrire l’Overview Effect ai bambini. Utilizzando le più recenti tecnologie di realtà virtuale e realtà aumentata i piccoli astronauti possono viaggiare nello spazio e bordo di un razzo lungo più di 15 metri. Il programma ha anche lo scopo di preparare la generazione del futuro ed i nuovi ambasciatori del pianeta Terra.
EvolVR, specializzata in sessioni di yoga con realtà virtuale, ha sviluppato un ambiente che combina l’esperienza dell’Overview Effect con una meditazione guidata. Lo stesso Frank White ha dichiarato di aver partecipato ad un incontro e di averlo trovato molto efficace.
Un altro gruppo britannico ha recentemente presentato il progetto Virtual Reality Overview Effect (VROE). Un vero e proprio servizio psicologico professionale con scopo terapeutico incentrato sull’Overview Effect attraverso la realtà virtuale. Lo scopo è portare il cambiamento cognitivo ed il benessere eudemonico sperimentato dagli astronauti ad un pubblico più ampio. Ricordiamoci che su 110 miliardi di persone vissute sulla Terra, meno di 600 hanno potuto vederla dalla spazio.
Pale Blue Dot
«Più ci allontaneremo dalla Terra e maggiormente cambierà il paradigma nel livello di coscienza. Essere sulla Luna sarà diverso dall’essere nell’orbita terrestre. Essere su Marte sarà ancora molto diverso», aveva dichiarato White.
Quando l’uomo raggiungerà il Pianeta Rosso la situazione emotiva e psicologica sarà molto complessa: potrebbe innescarsi una sorta di “Effetto Marte” mentre l’Overview Effect verso la Terra assumerà forme diverse. Secondo White, «durante il viaggio verso il Pianeta Rosso per gli astronauti del futuro ci saranno in serbo molti Overview Effect».
«Il primo sarà quando gli astronauti andranno oltre la Luna e vedranno la Terra ancora più piccola ma sarà ancora visibile come un pianeta. Il secondo sarà quando la Terra apparirà più come una stella impassibile che come un pianeta, come ora vediamo Marte. In altre parole, avremo bisogno di un telescopio per discernere tutti i dettagli. Ciò avverrà ad un certo punto del viaggio di andata e si solidificherà nella mente quando gli astronauti atterreranno sulla superficie e la Terra sarà una costante nel cielo marziano».
La Terra e la Luna riprese dalla superficie di Marte dal rover della NASA Curiosity durante il sol 529.
Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS/TAMU
Quando l’uomo raggiungerà altri pianeti e regioni remote dello spazio, la prospettiva e la coscienza della nostra specie cambierà radicalmente. Ed ancora non sappiamo quale sarà l’impatto di queste esperienze.
Guarda di nuovo quel punto. È qui. Quella è casa. Siamo noi. Su di esso, tutti coloro che amate, tutti coloro che conoscete, tutti coloro di cui avete mai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai esistito, hanno vissuto la propria vita. L’insieme delle nostre gioie e dolori, migliaia di religioni, ideologie e dottrine economiche, ogni cacciatore e raccoglitore, ogni eroe e codardo, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni re e plebeo, ogni giovane coppia innamorata, ogni madre e padre, figlio speranzoso, inventore ed esploratore, ogni predicatore di moralità, ogni politico corrotto, ogni “superstar”, ogni “comandante supremo”, ogni santo e peccatore nella storia della nostra specie è vissuto lì, su un granello di polvere sospeso in un raggio di Sole.
La Terra è un piccolissimo palco in una vasta arena cosmica. Pensate ai fiumi di sangue versati da tutti quei generali e imperatori affinché, nella gloria e nel trionfo, potessero diventare per un momento padroni di una frazione di un puntino. Pensate alle crudeltà senza fine inflitte dagli abitanti di un angolo di questo pixel agli abitanti appena distinguibili di qualche altro angolo, quanto frequenti i loro malintesi, quanto smaniosi di uccidersi a vicenda, quanto ferventi di odio.
Le nostre ostentazioni, la nostra immaginaria autostima, l’illusione che noi abbiamo una qualche posizione privilegiata nell’Universo, sono messe in discussione da questo punto di luce pallida. Il nostro pianeta è un puntino solitario nella grande oscurità cosmica avvolgente. Nella nostra oscurità, in tutta questa vastità, non c’è alcun accenno al fatto che possa giungere aiuto da qualche altra parte per salvarci da noi stessi.
Carl Sagan, Pale Blue Dot, 1994.
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(*) Il 15 novembre 2020 è stata cambiata la didascalia della foto