Fermi, Krebs, Gell-Mann: i paper rifiutati ma da Nobel
Sono solo tre dei molti scienziati che hanno vinto il premio per scoperte che, descritte in un articolo scientifico, erano state rifiutate dalle riviste di settore
APPROFONDIMENTO – Anni di lavoro, sacrifici e dedizione per uno scienziato si materializzano in qualche paginetta. Un articolo da pubblicare, magari, in qualche prestigiosa rivista. Ma lo sconforto è enorme quando quel lavoro viene rigettato, respinto dalla rivista. E lo sconforto sale se si ha la sensazione che quanto contenuto in quell’articolo fosse realmente qualcosa di importante. Capita a tutti di vedersi rigettare un proprio contributo, ed è successo anche a scienziati importanti che si sono poi aggiudicati il premio Nobel.
Vediamo alcuni esempi di lavori che hanno affrontato battute d’arresto prima di andare a rivoluzionare il campo:
1934 – l’interazione debole e Enrico Fermi
Nel 1934, Enrico Fermi pubblica sulla rivista tedesca Zeitschrift für Physik un articolo dal titolo “Verso una teoria della radiazione beta” in cui descriveva l’interazione debole, una delle quattro (o potenzialmente cinque) forze fondamentali della natura. L’anno prima l’articolo era giunto alla redazione di Nature. Una volta revisionato l’articolo fu respinto poiché, ricorda Frank Close, “esso conteneva speculazioni troppo lontane dalla realtà per essere di interesse dei lettori”.
Quelle quindici pagine rimasero il fondamento del lavoro del fisico italiano che lo portarono a ricevere il premio Nobel 1938 per la Fisica, a 37 anni, per la “dimostrazione dell’esistenza di nuovi elementi radioattivi prodotti da irraggiamento neutronico, e per la sua scoperta relativa delle reazioni nucleari causata da neutroni lenti”.
1937 – Hans Krebs e il ciclo dell’acido citrico
Hans Adolf Krebs nacque in Germania nel 1900 da una famiglia di origini ebraiche. A causa delle sue origini fu costretto ad abbandonare l’Università tedesca nel 1933 e a trasferirsi in Inghilterra. Pochi anni dopo, nel 1937 Krebs scoprì il ciclo dell’acido citrico, oggi noto come ciclo di Krebs.
Uno scienziato tende sempre all’eccellenza e fu così che Hans decise di inviare il suo lavoro alla prestigiosa rivista Nature. Anche per Krebs però la sorte fu avversa. Una “congestione editoriale” ne bloccò l’uscita e venne rifiutato dall’editore con le seguenti motivazioni:
L’editore di Nature fa i suoi complimenti al Dr. H. A. Krebs e si rammarica perché, avendo già testi a sufficienza per riempire le colonne di Nature per sette o otto settimane, non è al momento in grado di accettare alcun manoscritto per l’eccessivo ritardo con cui verrebbe pubblicato. Se per il Dr. Krebs tale ritardo non rappresenta un problema, l’editore è pronto a conservare il testo fino al termine di tale congestionamento, nella speranza di poterlo utilizzare. In ogni caso lo riconsegna, qualora il Dr. Krebs preferisca proporre la pubblicazione ad un altro periodico.
“Questa è stata la prima volta nella mia carriera, dopo aver pubblicato più di 50 lavori, che ho avuto il rifiuto o, meglio, un semi-rifiuto” ricorderà anni dopo lo stesso Krebs in un suo libro di memorie. L’articolo contenente la descrizione del ciclo dell’acido citrico fu tuttavia pubblicato nella rivista Enzymologia.
Nel 1953 Krebs si vide assegnare il premio Nobel per la Medicina proprio per “la scoperta del ciclo dell’acido citrico”. Krebs conservò e mostrò più volte la lettera di rifiuto della rivista e la utilizzò in molti suoi discorsi per incoraggiare i giovani scienziati.
1953 – La classificazione delle particelle elementari di Murray Gell-Mann.
Come per gli articoli di giornale, e oggi ancor di più nel web, il titolo fa spesso la differenza. Può capitare infatti che anche degli articoli scientifici non abbiano fortuna per la scelta di un titolo infelice da parte dell’autore. È il caso dell’articolo proposto da Murray Gell-Mann alla rivista Physical Review Letters.
“Avevo proposto come titolo del mio articolo “Isotopic Spin and Curious Particles“. Physical Review respinse Curious Particles. Allora proposi Strange Particles ma la rivista rifiutò anche questo. Alla fine venne pubblicato con il titolo “New Unstable Particles” che rappresenta una frase sufficientemente pomposa per i redattori del Physical Review.
Risentito, Gell-Mann dirà: “ho sempre odiato Physical Review Letters e quasi 20 anni fa ho deciso che non avrei mai più pubblicato in quel giornale ma allora, nel 1953, ero a malapena in grado di guardarmi intorno”.
Un articolo respinto e un titolo infausto non hanno però bloccato la carriera di Murray Gell-Mann a cui è stato assegnato il premio 1969 Nobel per la fisica “per i suoi contributi e le scoperte relative alla classificazione delle particelle elementari e le loro interazioni”.
1955 – Rosalyn Yalow e il radioimmunologico
Rosalyn Yalow vinse il suo premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina nel 1977. Anni dopo quella vittoria che la consegnò di diritto nell’Olimpo della scienza, Rosalyn Yalow mostrò in giro orgogliosa un rifiuto che anni prima aveva ricevuto da una rivista.
Si trattava del rejected ricevuto da The Journal of Clinical Investigation. I referee si erano dichiarati scettici sul fatto che gli esseri umani potessero produrre anticorpi abbastanza piccoli di legarsi all’insulina. Soddisfatta, dichiarerà «ho dimostrato che si sbagliavano, e ora la tecnica del dosaggio radioimmunologico è una tecnica comune utilizzata per determinare i livelli di anticorpi nel corpo».
1964 – Peter Higgs e il primo modello di bosone
Nel 2013, nonostante le previsioni lo dessero per favorito (dopo che i ricercatori del CERN avevano rilevato le tracce dell’esistenza del bosone di Higgs) Peter Higgs, privo di cellulare, andò a farsi una passeggiata in un bosco. Furono i media, che lo attendevano davanti casa, a dargli la notizia che era proprio lui il vincitore del premio Nobel per la fisica 2013. Prima del celebre articolo che oggi è riconosciuto come l’intuizione decisiva che descrive il modello standard in presenza del bosone, Higgs aveva scritto già un secondo documento breve che descriveva quello che è stato in seguito denominato “il modello di Higgs”. Quel contributo fu inviato a Physics Letters ma venne respinto con la motivazione che “non giustificava una rapida pubblicazione”. In effetti, ci vollero quasi 50 anni per avere le prove della presenza del bosone. Si poteva attendere!
1966 – La spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (NMR)
Si potrebbe non avere sentito parlare molto di spettroscopia di risonanza magnetica nucleare ma essa è responsabile di rivelare fondamentali dettagli sulla struttura e la dinamica delle molecole. Qualcosa che è incredibilmente utile per i chimici e biochimici. Ma il primo articolo che descriveva questa tecnologia, come ricordato anche dal sito ufficiale del premio Nobel, “fu respinta due volte dal Journal of Chemical Physics per poi essere finalmente accettato e pubblicato in Review of Scientific Instruments”. Richard Ernst, che contribuì allo sviluppo della tecnica e autore di quel articolo, ha ricevuto il Premio Nobel per la Chimica nel 1991 prendendosi così la sua rivincita.
1984 – I cristalli che non sono tali di Dan Shechtman
In un normale solido cristallino la posizione degli atomi è disposta in un reticolo periodico di punti, che si ripetono nelle tre dimensioni allo stesso modo in cui si ripete la struttura di un favo d’alveare: ogni cella ha uno schema identico di celle che la circondano. Nei quasicristalli lo schema è solamente quasiperiodico. La disposizione locale degli atomi è fissa e regolare, ma non è periodica in tutto il materiale: ogni cella ha una configurazione differente di celle che la circondano.
Quando per la prima volta Dan Shechtman osservò questi cristalli nel suo laboratorio al Technion – Israel Institute of Technology pensò subito di pubblicare il proprio articolo nella rivista Physical Review Letters. La risposta però sorprese Shechtman: “non è interessante per i fisici.” Per quanto sorprendente, tuttavia, la rivista può far valere le sue motivazioni in quanto, nel 2011, Shechtman non andò a Stoccolma per ritirare il Nobel per la fisica bensì quello per la chimica!
1993 – Kary Mulis e la reazione a catena della polimerasi (PCR)
“Dan Koshland era l’editore di Science quando il mio primo articolo sulla PCR è stato respinto da quel giornale e anche l’editor quando la PCR, tre anni più tardi, fu proclamata “Molecola dell’anno”. Senza peli sulla lingua, come di consueto, ha fatto nomi e cognomi Kary Mullis, premio Nobel per la chimica nel 1993, quando ha ricordato l’episodio che lo vide protagonista nel 1990. Mullis inviò a Science l’articolo in cui descriveva la tecnica della reazione a catena della polimerasi (PCR) che aveva da poco messo a punto e per cui ricevette l’ambito premio qualche anno dopo. Ricevendo, come ricordato, un netto rifiuto. A distanza di oltre vent’anni le motivazioni sono ancora sconosciute ma crediamo che alla rivista brucerà ancora essersi lasciata sfuggire una simile occasione. Oggi la PCR è una tecnica che viene utilizzata quotidianamente nei laboratori di tutto il mondo per amplificare i filamenti di DNA.
Da questi esempi di apparenti insuccessi possiamo trarre una lezione: a volte qualche rifiuto può nascondere dei risvolti sorprendenti!
Leggi anche: Il premio Nobel per la chimica alle macchine molecolari
Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.