La danza molecolare dei farmaci
Esistono cristalli organici che, in natura, possono avere più strutture tridimensionali. A livello sperimentale è molto difficile capire come sono disposti gli atomi e come sono orientate le molecole di questi cristalli ma con le simulazioni di dinamica molecolare si possono ottenere previsioni teoriche molto valide.
RICERCANDO ALL’ESTERO – “Mi piace scrivere codici perché, al contrario di altri settori della fisica, ho un’idea abbastanza immediata di cosa sta succedendo. Basta aprire un programma di visualizzazione e guardare le molecole muoversi. E quando una molecola fa qualcosa di inaspettato o non fa nulla, è stimolante perché bisogna tornare indietro e rimettere mano al programma”.
Nome: Elia Schneider
Età: 29 anni
Nato a: Chiasso (Svizzera, cantone italiano)
Vivo a: New York (Stati Uniti)
Dottorato in: Biofisica teorica (Trento)
Ricerca: Tecniche di dinamica molecolare applicate a predizioni di strutture cristalline di molecole organiche
Istituto: Department of chemistry, New York University (New York, USA)
Interessi: politica, leggere, cucinare
Di New York mi piace: la multiculturalità, il fatto che sia il centro del mondo
Di New York non mi piace: è stressante
Pensiero: “Dio non gioca a dadi” (Albert Einstein)
Le simulazioni di dinamica molecolare, insieme ad approcci di fisica statistica e a metodi computazionali teorici, possono dare informazioni molto dettagliate sui sistemi biologici e sui cambiamenti conformazionali delle molecole, e possono prevedere le strutture tridimensionali dei cristalli organici. Questi dati sono indispensabili nella ricerca farmaceutica e nelle fasi di progettazione di un farmaco.
Che cosa c’entra la dinamica molecolare con lo sviluppo di un farmaco?
L’idea principale è cercare di determinare la geometria di una molecola e le sue possibili conformazioni. La mia ricerca si occupa di studiare le proprietà dei cristalli organici in relazione a due aspetti chiave: predire la loro struttura cristallina tridimensionale partendo dalla semplice configurazione molecolare e analizzare le possibili transizioni da una struttura cristallina all’altra. Questo fenomeno è simile a una danza ed è chiamato polimorfismo: forme polimorfe di una sostanza hanno la stessa composizione chimica ma una diversa disposizione spaziale delle molecole e, di conseguenza, diverse proprietà. Il polimorfismo ha assunto grande importanza soprattutto per le industrie farmaceutiche perché ci sono stati un paio di casi famosi in passato in cui, solamente anni dopo aver disegnato il farmaco, le ditte si sono accorte che la sua struttura cristallina non era quella energeticamente più stabile e quindi si convertiva spontaneamente in un’altra. Con tutte le implicazioni del caso in campo di brevetti e, soprattutto, in relazione agli effetti sugli esseri umani. Cambiando la disposizione spaziale, infatti, cambia non tanto l’azione farmacologica, ma per esempio la solubilità del composto (e quindi il dosaggio del farmaco) o l’assorbimento (e quindi il tipo di somministrazione).
Qual è il vantaggio della dinamica molecolare nello studio di questi sistemi?
Innanzitutto è un metodo innovativo perché non guarda al sistema in diversi istanti precisi ma in un tempo che scorre. La maggior parte delle altre ricerche si basa su metodi di chimica quantistica che cercano di stabilire l’energia più bassa di una certa conformazione (dato che bassa energia vuol dire maggiore stabilità): i calcoli sono raffiniti e precisi, ma vengono fatti su strutture statiche. Noi siamo interessati a capire come una struttura cristallina si trasforma in un’altra, quali composti lo fanno e quali sono gli effetti termodinamici,. È come fare i conti su una casa finita per vedere se sta in piedi oppure simulare come cresce o come crolla.
Purtroppo con le simulazioni di dinamica molecolare non è possibile usare le equazioni di meccanica quantistica per ogni struttura che viene esaminata perché sarebbe computazionalmente troppo impegnativo. Si può allora fare riferimento alle approssimazioni dei cosiddetti force field, funzioni di energia potenziale che descrivono l’interazione tra i diversi atomi e il loro movimento in un sistema. Ciascuna funzione è di per sé calibrata su calcoli quantistici, ma poi questi vengono tradotti in formule più semplici e risolvibili.
Dal punto di vista pratico, prendiamo la configurazione molecolare di un composto e la inseriamo in opportuni software che generano un’infinita quantità di strutture molto diverse tra loro. A questo punto facciamo partire le simulazioni e andiamo a vedere se queste strutture si trasformano in altre e qual è quella a energia più bassa.
I programmi utilizzati dipendono dal tipo di problema che dobbiamo gestire: per esempio, alcune volte li creo appositamente, in altri casi sfrutto quelli già presenti in letteratura (come IUPAC) o faccio riferimento a quelli sviluppati nel mio laboratorio (come PINY_MD).
Che tipi di cristalli hai analizzato?
Principalmente cristalli organici. Uno dei primi lavori che abbiamo completato riguardava una molecola piuttosto piccola, il benzene, ma poi siamo passati ad antracene, naftalina e cumarina.
In teoria è possibile studiare qualsiasi cristallo perché la ricerca consiste nel definire un metodo di analisi utile a predire la crescita del cristallo. Nella scienza di base, questo è uno dei capitoli ancora aperti: si sa tutto di come funziona il mondo a livello atomico e molecolare ma è ancora molto difficile riuscire a fare previsioni a livello tridimensionale. Spesso, infatti, i dati sperimentali non sono sufficienti per descrivere come, da una struttura amorfa e disordinata, si ottiene magicamente qualcosa di ordinato come questi cristalli.
Quali risultati avete raggiunto?
Per il benzene abbiamo osservato che al variare della pressione il cristallo cambia autonomamente struttura. E tra tutte le strutture polimorfe che si creano, siamo riusciti a dimostrare qual è quella più stabile. Questo era già noto sperimentalmente ma era importante verificarlo dal punto di vista teorico per poter applicare lo stesso metodo di analisi anche a cristalli organici per i quali non ci sono dati sperimentali. Per la naftalina, invece, è emerso che, variando la pressione, non si creano altre strutture ma piuttosto si instaurano zone disordinate all’interno del cristallo stesso.
Adesso stiamo studiando la cumarina: per anni si è pensato ci fosse un’unica struttura stabile possibile finché, facendo esperimenti con alcune resine, uno scienziato è riuscito a sorpresa a creare anche altre strutture, che però non rimangono stabili a lungo. Con le nostre simulazioni teoriche cerchiamo di capire come sono messe le molecole a livello atomistico per completare i dati sperimentali ottenuti.
Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?
A breve termine vorremmo raffinare il sistema per predire la struttura cristallina di molecole flessibili, diverse da quelle rigide analizzate finora. Mi sto occupando di una molecola molto piccola, l’etanolo, che ha due punti critici: innanzitutto ha diversi gradi di libertà perché ha più configurazioni molecolari possibili, a differenza di cumarina e naftalina che sono piatte; inoltre forma legami molto forti (quelli a idrogeno) difficili da rompere. Nelle simulazioni questo è un dettaglio tecnico problematico perché attualmente il nostro codice non è in grado di rompere il legame a idrogeno per passare da una struttura all’altra.
In un futuro meno prossimo, vorremmo usare i nostri metodi per studiare i difetti dei cristalli e capire in che misura avvengono, cosa comportano, se sono favorevoli o sfavorevoli e perché un cristallo cresce con difetti. L’idea generale è isolare una superficie del cristallo e vedere come una molecola si deposita su di esso e che effetto ha sulla sua crescita.
Leggi anche: Anestesia e cervello nelle simulazioni di dinamica molecolare
Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia