SCOPERTE

Perché alcuni virus riescono a ingannare il nostro sistema immunitario?

Un gruppo di ricercatori del San Raffaele ha individuato una possibile risposta nei monociti infiammatori. Grazie a una tecnica di osservazione innovativa.

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Alcuni virus, come quello dell’HIV, riescono a impedire un’attivazione efficace del sistema immunitario. Crediti immagine: NIAID, Flickr

SCOPERTE – Perché alcuni virus, come quello della rabbia o della polio, stimolano una risposta efficace da parte dei nostri anticorpi, mentre altri, come HIV, epatite B e C non lo fanno? La domanda è quasi banale ma trovare una risposta significherebbe fare un enorme passo in avanti nella direzione di sconfiggere malattie al momento difficili da trattare e magari, in futuro, riuscire a mettere a punto vaccini, che si basano appunto sull’induzione della produzione di anticorpi, per queste malattie.

Un gruppo di ricercatori dell’Ospedale San Raffaele guidati da Matteo Iannacone è riuscito a individuare per la prima volta in vivo i meccanismi a livello molecolare che stanno alla base della non attivazione del sistema immunitario contro alcuni virus. Una ricerca che al momento si è focalizzata sui topi e sul virus LCMV, usato dai ricercatori per mimare alcuni tipi di infezioni virali negli esseri umani, quelle causate dai cosiddetti virus non-citopatici, come il virus dell’HIV, dell’epatite C o dell’epatite B. Lo studio, finanziato dallo European Research Council (ERC), da Fondazione Giovanni Armenise-Harvard, dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), della European Molecular Biology Organization e del Ministero della Salute, è stato pubblicato su Science Immunology.

“Non possiamo sapere per certo che questi risultati, per ora ottenuti sui modelli murini, saranno necessariamente trasferibili nello studio dei meccanismi dell’HIV o dell’epatite nell’essere umano – precisa Iannacone – ma si tratta certamente di una strada assai promettente, resa possibile dall’utilizzo di una tecnica innovativa che ho messo a punto qualche anno fa mentre lavoravo ad Harvard, chiamata microscopia intravitale. Questa tecnica ci permette di visualizzare in tempo reale e con altissima risoluzione il comportamento delle singole cellule all’interno di organi e tessuti in vivo. Un passo in avanti notevole, diciamo la stessa differenza che c’è fra guardare una partita di calcio attraverso fotogrammi e guardarla in video”.

Grazie a questa nuova tecnica, i ricercatori hanno potuto osservare quello che succede nei linfonodi durante l’infezione: alcuni virus inducono il reclutamento dei monociti infiammatori da parte dei linfonodi, ed è proprio la presenza di monociti a inibire i linfociti B nella produzione degli anticorpi.

“A questo punto – spiega Iannacone – le strade che si possono percorrere sono due: o eliminare i monociti infiammatori o bloccare il loro passaggio dalle cellule del sangue ai linfonodi, in modo che i linfociti B possano produrre gli anticorpi e mettere fuori gioco qualsiasi tipo di virus. In laboratorio abbiamo seguito entrambe le strade: da un lato siamo intervenuti direttamente sui monociti infiammatori, ottenendo come risposta il ripristino della produzione di anticorpi; dall’altro abbiamo individuato nell’interferone la molecola responsabile del reclutamento dei monociti, inibendola.”
Si tratta – è il caso di ribadirlo – di prospettive a lungo termine, di possibilità. Al momento l’obiettivo del gruppo milanese è proseguire le ricerche in ambito preclinico per capire se e come sarà possibile trasferire queste conoscenze nella ricerca clinica, cioè sugli esseri umani. “Sappiamo già per esempio che negli umani l’interferone è coinvolto in diversi processi – continua Iannacone – per cui sarà difficile trasferire questa possibilità di inibizione dei monociti che passa per l’interferone nel caso umano. Bisognerà poi essere certi che questo meccanismo molecolare individuato non sia unico per il virus dei topi che abbiamo studiato, ma che valga anche per i virus che attaccano il nostro corpo. Ci vorrà del tempo, ma crediamo che la microscopia intravitale ci permetterà di compiere importanti passi in avanti in virologia”.

@CristinaDaRold

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.