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Mária Telkes, una vita per l’energia solare

Ribattezzata "Sun Queen", la chimica ungherese ha contribuito in modo decisivo alle ricerche sull'energia solare, in un’epoca in cui non si parlava ancora di sostenibilità ed energie alternative

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La Dover Sun House, in Massachusetts, è stata la prima abitazione completamente riscaldata da energia solare. Per gentile concessione della Harvard University Graduate School of Design

IPAZIA – Un distillatore per rendere potabile l’acqua marina, un sistema in grado di ricavare calore dallo scioglimento di un composto chimico, un forno funzionante senza elettricità o gas e utilizzabile ovunque. Sono tutte invenzioni che sfruttano l’energia solare. E dietro ognuna di esse c’è una sola mente, quella di Mária Telkes. Nata a Budapest nel 1900, chimica e fisica dal multiforme ingegno, Mária Telkes ha contribuito in modo decisivo – in un’epoca in cui non si parlava ancora di sostenibilità ed energie alternative – allo sviluppo delle ricerche sull’energia solare. Non a caso è stata ribattezzata “Sun Queen”, Regina del Sole.

Mária Telkes studia chimica fisica all’Università Pázmány Péter di Budapest. Nel 1925, dopo aver conseguito il dottorato, va a trovare suo zio dall’altra parte dell’oceano, a Cleveland. Le viene offerto un posto come biofisica presso la Cleveland Clinical Foundation. Mária accetta e si trasferisce negli Stati Uniti. Tornerà in Ungheria dopo settant’anni, nel 1995, poco prima di morire. Alla Cleveland Clinical Foundation si occupa per più di un decennio dei cambiamenti di energia che avvengono all’interno delle cellule quando muoiono o subiscono mutazioni. Lavora anche, sotto la supervisione del chirurgo George Washington Crile, alla creazione di uno strumento fotoelettrico in grado di registrare le onde cerebrali. Nel 1937 diventa cittadina americana e lo stesso anno viene assunta alla Westinghouse Electric, società in cui studia, in qualità di ingegnere di ricerca, il modo in cui convertire l’energia termica in energia elettrica. L’energia che segnerà una svolta nella sua carriera è però un’altra. Nel 1939 entra a far parte del Solar Energy Conversion Project del MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston. A partire da quel momento dedicherà la sua vita allo sviluppo di processi innovativi per l’acquisizione e la distribuzione dell’energia solare.

Durante la seconda guerra mondiale, la Telkes progetta – su richiesta del governo americano – un distillatore solare per la conversione dell’acqua marina in acqua potabile. Il funzionamento è al tempo stesso semplice e ingegnoso. L’acqua marina viene inserita in una pellicola di plastica, gonfiabile e trasparente, al cui interno è collocato uno strato di spugna. La radiazione solare scalda l’acqua trattenuta dalla spugna, che evapora. Il vapore si condensa e precipita nella parte inferiore dell’involucro, sotto forma di acqua desalinizzata e potabile. Attraverso questo procedimento è possibile produrre fino a un litro d’acqua dolce al giorno. Incluso nei kit medici d’emergenza, il distillatore solare della Telkes ha contribuito a salvare la vita di molti militari, a volte bloccati in mare per settimane.

Nel 1948 vede la luce Dover Sun House, la prima casa riscaldata interamente dal sole. A realizzarla sono tre donne. La costruzione dell’edificio è finanziata da Amelia Peabody, una ricca scultrice di Boston, la casa è disegnata da Eleanor Raymond, importante architetta della stessa città, mentre Mária Telkes si occupa dell’innovativo sistema di riscaldamento. La parete esposta a sud è formata da diciotto doppi pannelli in vetro e metallo, adatti ad assorbire e trattenere il calore del sole. All’interno della parete vengono inserite ventuno tonnellate di un composto chimico chiamato sale di Glauber (solfato di sodio decaidrato), che ha la caratteristica di sciogliersi a 32,5 °C. Tra un pannello e l’altro è inoltre collocata una piccola camera d’aria. Riscaldata dal sole, l’aria intrappolata tra i pannelli raggiunge il sale di Glauber, facendolo sciogliere. Quando l’aria si raffredda, il composto chimico torna a cristallizzarsi e rilascia il calore assorbito. L’energia solare è così convertita in energia chimica.

Pochi anni dopo, nel 1953, la Telkes si aggiudica una borsa di 45 000 dollari dalla Fondazione Ford per lavorare alla costruzione di un forno solare. Il forno che progetta è pensato per essere utilizzato all’aperto, a tutte le latitudini, soprattutto in quei luoghi in cui le famiglie non possono permettersi tecnologie costose. La struttura è composta da una base centrale in cui inserire il cibo, circondata da quattro pannelli riflettenti di alluminio disposti in modo da convogliare la radiazione solare verso il centro. L’idea è geniale nella sua semplicità e il forno è talmente sicuro da poter essere usato da un bambino.

Mária Telkes porta avanti il suo lavoro sull’energia solare fino a tarda età. Nel 1980, ormai ottantenne, contribuisce in modo sostanziale alla progettazione di un’altra casa riscaldata interamente dal sole, la Carlisle Solar House, frutto di uno sforzo congiunto del MIT e del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti. Il governo americano si accorge tardi – dopo la crisi petrolifera degli anni Settanta del secolo scorso – della necessità di sviluppare energie alternative ai combustibili fossili. La Telkes, invece, l’aveva capito decenni prima. In vita non ha ottenuto fama e successo, il grande pubblico non la conosce, ma i suoi contributi allo sviluppo dell’energia solare sono stati tali da non poter essere ignorati dalla comunità scientifica. Nel 1977 l’American Solar Energy Society le ha conferito il Charles Greeley Abbot Award e nel 2012 è stata inserita nel National Inventors Hall of Fame, tra i più grandi inventori della storia.

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.