ricerca

Un test del respiro per diagnosticare il cancro a esofago e stomaco

Un test che misura i livelli di cinque sostanze chimiche nel respiro ha mostrato risultati promettenti per l'individuazione dei tumori dell'esofago e dello stomaco.

“I risultati sono da considerasi positivi sebbene non presentino lo stesso livello di precisione diagnostica dell’endoscopia, ragione per cui il test non ha l’obiettivo di sostituire quest’ultima quanto piuttosto quello di evitare endoscopie non necessarie.” Crediti immagine: U.S. Air Force photo by Senior Airman Sandra Welch, Wikimedia Commons

RICERCA – Uno dei problemi maggiori del cancro allo stomaco è che si diagnostica mediamente tardi, quando già presenta delle metastasi. Unitamente al fatto che colpisce in grossa parte pazienti molto anziani, fa sì che i tassi di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi siano in media molto bassi: intorno al 10% dei casi. La stessa cosa avviene per il cancro all’esofago: la sopravvivenza a 5 anni non supera il 12% se la malattia è stata diagnosticata in fase avanzata. In entrambi i casi una diagnosi precoce è determinante per ampliare la probabilità di una prognosi più positiva.

Durante il Congresso Europeo di Oncologia (ECCO) che si è tenuto in questi giorni ad Amsterdam, un team di ricercatori dell’Imperial College di Londra ha presentato i risultati promettenti di un nuovo test per la diagnosi dei tumori dello stomaco e dell’esofago attraverso una procedura non invasiva: un semplice test del respiro, che al momento ha mostrato una precisione dell’85% in un campione di 300 pazienti. Allo stato attuale l’unico modo per diagnosticare il cancro esofageo o quello allo stomaco è, oltre alla radiografia, l’endoscopia, un metodo costoso, invasivo e non esente da possibili complicanze.

La ricerca si è basata sui risultati di ricerche precedenti che suggerivano differenze nei livelli di alcune sostanze chimiche specifiche fra persone sane e malate, “come una sorta di ‘firma chimica’ della malattia” racconta Sheraz Markar, uno dei ricercatori coinvolti. La ragione della presenza di sostanze chimiche diverse nel respiro di persone sane e malate è dovuta al fatto che le cellule tumorali sono diverse da quelle sane e producono una miscela di sostanze chimiche diverse.

Quando si parla di test diagnostici è necessario considerare due parametri: la sensibilità e la specificità. La sensibilità è la probabilità che un individuo effettivamente malato risulti positivo al test diagnostico. La specificità invece è la probabilità che un individuo sano risulti negativo – cioè appunto tale – al test.
Un dato positivo che emerge da questa ricerca è che il test non mostra solo un’alta sensibilità (l’80%) ma anche un’alta specificità (81%), cioè non solo in grado di individuare quasi tutti i casi di cancro, ma anche gli individui sani.

“I risultati sono da considerasi positivi – prosegue Markar – sebbene non presentino lo stesso livello di precisione diagnostica dell’endoscopia, ragione per cui il test non ha l’obiettivo di sostituire quest’ultima quanto piuttosto quello di evitare endoscopie non necessarie. Tuttavia, questi risultati devono essere convalidati su un campione più ampio di pazienti prima di pensare a un’implementazione clinica.”
Nel corso dei prossimi tre anni, infatti, i ricercatori proseguiranno la ricerca su un campione più ampio su pazienti a cui viene prescritta un’endoscopia per sintomi gastrointestinali sospetti, ma ancora senza una diagnosi di tumore. Inoltre il team si sta concentrando anche su altri tipi di cancro, come il tumore al colon-retto e del pancreas.

@CristinaDaRold

Leggi ancheCancro al pancreas e diabete di tipo 2: una nuova correlazione

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Condividi su
Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.