Una nuova tecnica di microscopia infrange la “barriera del colore”
Il nuovo approccio permetterà di visualizzare nello stesso momento un grande numero di molecole presenti nelle cellule, a differenza di quanto è possibile fare ora, con possibili vantaggi anche a livello terapeutico.
SCOPERTE – Uno dei grossi limiti della microscopia ottica è la cosiddetta “barriera del colore”, che consente di contrassegnare e visualizzare poche biomolecole alla volta. Una ricerca condotta da un gruppo di ricercatori della Columbia University di New York permetterà di individuarne molte di più.
Pubblicato sulla rivista Nature, lo studio presenta una nuova piattaforma di microscopica ottica per l’indagine di cellule e tessuti viventi. Questa, dalla sensibilità drasticamente migliorata, delinea potenziali scenari non solo per future applicazioni in sistemi biologici complessi (mappa cellulare umana, vie metaboliche, funzioni di strutture cerebrali, ambiente interno dei tumori, assemblaggio di macromolecole, e così via), ma anche in ambito terapeutico.
La squadra, guidata dal professore associato di chimica Wei Min, ha messo a punto nuove molecole che, accoppiate alla nuova strumentazione, consentono di etichettare e visualizzare simultaneamente fino a 24 biomolecole specifiche, quasi cinque volte il numero di quelle che possono essere mostrate con le attuali tecnologie. “Quello che rende il nostro lavoro nuovo e unico è che ci sono due componenti sinergiche – strumentazione e molecole – che lavorano insieme per combattere questo ostacolo di vecchia data”, spiega Min in un comunicato.
Tutti i metodi esistenti per osservare strutture in cellule e tessuti viventi hanno la “barriera del colore” come ostacolo comune. La microscopia a fluorescenza – estremamente sensibile – è la tecnica più diffusamente utilizzata nei laboratori di biologia e consente agli scienziati di monitorare i processi cellulari nei sistemi viventi tramite “proteine fluorescenti”, solitamente fino a cinque colori (blu, azzurro, verde, giallo, rosso). Questo però è anche il suo limite: costringe i ricercatori a vedere un massimo di sole cinque strutture alla volta.
Se, per esempio, un ricercatore cerca di osservare centinaia di strutture e diversi tipi di cellule in un campione di tessuto tumorale cerebrale in vivo, non potrebbe vederne più di cinque. Per farlo dovrebbe pulire il tessuto dalle etichette fluorescenti appena utilizzate e riutilizzarle per identificarne al massimo altre cinque. Una procedura laboriosa da ripetere per tutte le strutture da visualizzare, che nella fase di pulizia dei tessuti ne mette a rischio componenti vitali, che rischiano di essere persi o danneggiati.
“Ci sono molti componenti in un ambiente biologico e dobbiamo essere in grado di vedere tutto simultaneamente per comprendere veramente i processi”, sottolinea Lu Wei, primo firmatario dello studio.
Oltre alla microscopia a fluorescenza, esistono attualmente una serie di tecniche di microscopia Raman che operano rendendo visibili le vibrazioni provenienti da particolari legami chimici delle strutture. La microscopia Raman tradizionale produce colori altamente definiti assenti in quella a fluorescenza, ma non ne ha la sensibilità.
Min e la sua squadra hanno quindi pensato di combinare il meglio di entrambe le tecniche di microscopia, dando vita a un ibrido inedito che offre un alto livello di sensibilità e selettività. La nuova piattaforma, chiamata epr-SRS (electronic pre-resonance – stimulated Raman scattering microscopy, ovvero microscopia elettronica di scansione Raman stimolata da pre-risonanza elettronica) identifica, con estrema specificità, strutture con concentrazione significativamente minore: solo 30 anziché i milioni della microscopia Raman tradizionale.
Questa tecnica utilizza anche una nuova serie di molecole di etichettatura, progettate dalla squadra per lavorare in sinergia con la tecnologia all’avanguardia, consentendo di visualizzare fino a 24 strutture alla volta anziché solo cinque. Eppure i ricercatori ritengono che abbia futuri margini di miglioramento.
Il gruppo ha collaudato con successo la epr-SRS nel tessuto cerebrale. “Siamo stati in grado di vedere che le diverse cellule lavorano insieme”, ha detto Wei. “Questo è stato possibile grazie alla potenza di una tavolozza di colori più grande. Ora possiamo evidenziare tutte queste diverse strutture nel tessuto cerebrale simultaneamente. In futuro speriamo di vederle funzionare in tempo reale”.
Il tessuto cerebrale non è l’unico per il quale i ricercatori prevedono che questa tecnica venga utilizzata: potrebbe infatti tornar utile là dove i farmaci non arrivano. “Se possiamo osservare come le strutture stanno interagendo con le cellule tumorali, possiamo identificare i modi per mirare a strutture specifiche con più precisione”, conclude Min. “Questa piattaforma potrebbe segnare una svolta nel tentativo di comprendere tutto ciò che ha molti componenti”.
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