80° Parallelo – La spedizione italiana alla conquista del Polo Nord
Il fotografo Roberto Giancaterina racconta la prima tappa della sua missione nell'Artico.
VIAGGI – Ci sono luoghi e paesaggi che ci mostrano, se solo ci fermiamo un istante a osservarli, la grandiosità e la magnificenza della natura. Il Polo Nord è uno di questi, ed è appunto per testimoniare la bellezza selvaggia di questi territori che è nata “80° parallelo”, una spedizione esplorativa progettata dal fotografo Roberto Giancaterina con l’ambizioso obiettivo di “accerchiare il Polo Nord in tre mosse”.
“La prima tappa di questa missione all’Artico –spiega Giancaterina, anche sulla pagina Facebook dedicata alla missione o qui, dove sono riportati i diversi sponsor che hanno contribuito all’iniziativa – è stata alle isole Svalbard, nel Mare Artico; seguirà una seconda tappa in Alaska, tra la popolazione Inuit; la terza tappa è invece prevista in Siberia”.
Cominciamo dunque la prima tappa di questo viaggio, ripercorrendo le orme di Roberto e del gruppo che lo ha accompagnato. Prima tappa: Stoccolma. Da lì un aereo ci porta a nord di ulteriori 2000 chilometri, fino ad arrivare all’aeroporto di Longyearbyen. Aeroporto? Ebbene sì, perché le Isole Svalbard, un arcipelago norvegese la cui superficie totale supera i 61.000 km2, sono il territorio più a nord in cui l’uomo è presente stabilmente. Nella “capitale” dell’arcipelago troviamo quindi case, ma anche negozi, uffici postali, scuole.
Quello che differenzia questi territori da una qualsiasi città del nord Europa sono invece i collegamenti; se infatti in città esistono le strade, mancano del tutto i collegamenti a lungo raggio, per cui i metodi per spostarsi da una comunità all’altra si riducono a due (entrambi, per noi, molto suggestivi): le motoslitte e i cani da slitta.
Si propende per le prime, e dopo aver ammirato il Fiordo di Bellsundet si giunge al ghiacciaio Paula, un antichissimo ghiacciaio dal fronte molto ampio a forma di semicerchio; questa sorta di anfiteatro è stato generato, nel corso di centinaia di migliaia di anni, dalla fortissima compressione del ghiaccio che spinge sul permafrost in una continua contrapposizione di forze antichissime e molto potenti. La pressione impressa sul permafrost è così forte da riuscire ad espellere le bolle d’aria in essa contenute, conferendo al ghiacciaio un caratteristico colore azzurro. Non di rado, poi, la forza pressoria è così elevata da spaccare il ghiaccio e scagliarne blocchi enormi a diversi metri dal fronte del ghiacciaio: “Di notte, anche a distanza di chilometri, si sentono dei suoni sordi, delle specie esplosioni, che riecheggiano nelle valli silenziose” testimonia Roberto.
Purtroppo anche queste terre apparentemente incontaminate soffrono gli effetti delle attività umane, che con il loro devastante impatto mettono a repentaglio l’integrità di un “monumento naturale” maestoso come il ghiacciaio Paula. Il riscaldamento globale è facilmente osservabile, infatti, nelle aree geografiche più vicine al Polo Nord, in cui l’innalzamento della temperatura si traduce nello scioglimento del permafrost e nella lenta ma inesorabile erosione dei ghiacci perenni. I dati più aggiornati del National Snow and Ice Data Center rivelano che l’estensione dei ghiacci che ricoprono il Mare Artico durante lo scorso mese è stata di 13.83 milioni di chilometri quadrati (un dato più basso di 1,02 milioni di chilometri quadrati rispetto all’estensione media registrata tra il 1981 e il 2010).
I ghiacciai si sciolgono, e questo progressivo scioglimento interessa la fauna di queste aree a causa della riduzione dell’habitat naturale delle specie endemiche, tra cui spicca l’orso bianco (non a caso simbolo delle Isole Svabard). La progressiva riduzione dei ghiacci e l’allungamento delle estati, che diventano sempre più calde, si traducono per l’orso bianco in minori opportunità di caccia (preda preferita degli orsi polari sono infatti le foche, che i plantigradi possono catturare solamente quando il ghiaccio è solido e stabile). Una ricerca canadese ha recentemente mostrato che negli ultimi 30 anni il peso medio di una popolazione di orsi bianchi in Canada è diminuito di 45 kg per i maschi e 31 per le femmine, per un calo ponderale superiore al 10%.
Per fortuna molte altre meraviglie di questa terra selvaggia rimangono intatte, e ce ne si rende pienamente conto quando la cala la notte: una di queste è infatti l’aurora boreale, che alle Isole Svalbard si può ammirare in tutto il suo splendore.
Questo spettacolo naturale, che appare quasi come un fenomeno paranormale vista la sua innegabile teatralità, è dato dalla collisione, nell’atmosfera terrestre, tra particelle gassose e particelle elettronicamente cariche (elettroni o protoni liberi) rilasciate dall’atmosfera solare. Le variazioni di colore che si possono osservare sono dovute alle diverse tipologie di particelle gassose che si scontrano con le particelle solari, e dalla distanza a cui avviene la collisione: il tipico colore giallognolo e verde è dato da molecole di ossigeno, che si trovano a circa 100 chilometri dalla superficie terrestre; il colore rosso è dato sempre dall’ossigeno, ma a una distanza di oltre 300 chilometri; aurore blu o violacee sono invece date dall’azoto.
Elettroni e protoni, dispersi dall’atmosfera solare a seguito delle potenti collisioni dovute alle temperature altissime (milioni di gradi) che si trovano sulla superficie, attraversano poco meno di 150 milioni di chilometri sospinti dai venti solari fino a raggiungere la Terra. Qui, la maggior parte di loro viene respinta dal campo magnetico terrestre; tuttavia, tale campo di forza è di minore intensità ai due poli: qui, alcune particelle riescono quindi a penetrare l’atmosfera, collidendo con le particelle gassose e generando l’aurora boreale (al Polo Nord) e quella australe (al Polo Sud).
Ghiacciai millenari, enormi e silenziosi distese di bianche nevi, spettrali luci notturne: le Isole Svalbard sono state certamente un inizio promettente per l’eccezionale viaggio intorno al Polo Nord che Roberto Giancaterina sta compiendo, realizzando il sogno di molti di noi e facendoci provare – grazie alle sue fotografie – l’emozione dell’esplorazione e della scoperta.
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