IPAZIA

Inge Lehmann: viaggio al centro della Terra

Studiando la velocità delle onde sismiche propagate dai terremoti la sismologa e geofisica danese è stata la prima a scoprire com'è fatto il nucleo del nostro pianeta.

Inge Lehmann nel 1932. Immagine per gentile concessione della Royal Library, National Library of Denmark, and University of Copenhagen University Library

Dovevo avere 15 o 16 anni quando, una domenica mattina, seduta a casa con mia madre e mia sorella, il pavimento sotto di noi cominciò a muoversi. Il lampadario oscillava. Era tutto molto strano. Mio padre ci raggiunse in camera. “È stato un terremoto”, disse. L’epicentro si trovava evidentemente a una distanza considerevole, perché i movimenti erano molto lenti e le scosse di bassa intensità. […] Fu la mia unica esperienza con un terremoto prima di diventare una sismologa, vent’anni dopo.

IPAZIA – Così inizia Seismology in the Days of Old, l’ultimo articolo scientifico di Inge Lehmann, sismologa e geofisica danese, scritto e pubblicato poco prima di compiere 99 anni. Nata nel 1888 e morta nel 1993, Inge Lehmann non è stata solo la scienziata più longeva della storia, ma anche la prima a svelare al mondo com’è fatto il centro della Terra. Un tempo si riteneva che il nucleo del nostro pianeta, situato a migliaia di chilometri di profondità sotto la crosta terrestre e i vari strati del mantello, fosse una sfera di materiale completamente liquido. Lehman ha scoperto che a essere liquida è solo la parte esterna del nucleo, mentre quella interna – il cui raggio è di oltre 1200 chilometri – è composta prevalentemente di ferro allo stato solido. Per compiere il suo viaggio al centro della Terra, la scienziata non ha intrapreso nessuna avventura fantastica nelle viscere del pianeta, ma più prosaicamente ha raccolto per anni informazioni sulle variazioni di velocità delle onde sismiche propagate dai terremoti; lavoro compiuto senza disporre della potenza di calcolo dei moderni computer, ma annotando i dati – come ricorda un suo nipote – su fogli volanti e sul retro delle scatole di farina d’avena usate per fare il porridge. Un’immagine degna di un romanzo di Jules Verne.

Inge Lehmann nasce e cresce a Østerbro, un sobborgo di Copenaghen. Di estrazione borghese (suo padre, Alfred Lehmann, era un importante psicologo sperimentale), frequenta una scuola privata progressista in cui le classi sono miste e le ragazze possono studiare le stesse materie dei ragazzi. Si appassiona alle materie scientifiche e dopo la scuola si iscrive alla facoltà di matematica dell’Università di Copenaghen. Trascorre un anno a Cambridge, ma non riesce a portare avanti gli studi a causa di problemi di salute. Torna quindi a Copenaghen e, dopo aver trovato lavoro come contabile per una compagnia assicurativa, decide di lasciare l’università. Il richiamo della scienza è però troppo forte, così riprende gli studi e nel 1920, all’età di 32 anni, si laurea in matematica. Grazie alle sue esperienze lavorative riesce a inserirsi come assistente amministrativa nel dipartimento di scienze attuariali dell’Università di Copenaghen. Nel 1925 diventa assistente di Niels Erik Nørlund, matematico appassionato di geodesia, scienza che studia la conformazione e la struttura della Terra. Tra le altre cose, Nørlund le assegna il compito di allestire degli osservatori per la misurazione della propagazione delle onde sismiche in Danimarca e in Groenlandia. Affascinata da questo campo di studi, Lehmann si specializza in geodesia nel 1928, a 40 anni. Poco dopo ottiene l’incarico di geodeta di stato e viene messa a capo del dipartimento di sismologia dell’Istituto Geodetico di Danimarca, guidato da Nørlund.

Il 17 giugno 1929 un forte terremoto, di magnitudo 7.3 della scala Richter,  colpisce la Nuova Zelanda. Lehmann analizza minuziosamente le onde sismiche di tipo P – ovvero le più veloci, le prime a essere rilevate da una stazione sismica – riscontrando alcune anomalie nel modo in cui si propagano attraverso il pianeta. L’ipotesi è che le onde P, dopo aver percorso una certa distanza all’interno del nucleo terrestre, incontrino qualcosa che ne modifica velocità e traiettoria. In uno studio del 1936, intitolato semplicemente P, Lehmann giustifica le anomalie nella propagazione delle onde come l’effetto della presenza di un nucleo interno solido. Nell’articolo si ipotizza che il centro della Terra sia costituito di due parti: una esterna, liquida, e una interna che – a causa della pressione elevatissima – è invece solida. Tale variazione nella struttura interna della Terra è conosciuta ancora oggi col nome di discontinuità di Lehmann. Alcuni tra i più importanti sismologi del tempo riconoscono immediatamente la validità di questa interpretazione, ma la teoria di Lehmann sarà confermata solo nel 1971, quando sismografi più sensibili e precisi renderanno possibile rilevare in modo diretto la deviazione delle onde P causata dal nucleo interno.

La Terra sezionata dal nucleo fino all’esosfera. Crediti immagine: Fulvio314, Wikimedia Commons

Lehmann continua a lavorare all’Istituto Geodetico di Copenaghen fino al 1953, anno in cui va in pensione. A partire da quel momento trascorre lunghi periodi negli Stati Uniti e, lungi dall’abbandonare le sue ricerche, inizia a collaborare con i geofisici Maurice Ewing e Frank Press. Si concentra, in particolare, sullo studio della crosta terrestre e del mantello superiore. Nel 1959, a 71 anni, rileva un’altra variazione di velocità delle onde P che le consente di individuare una discontinuità sismica tra i 190 e i 250 chilometri di profondità; anche questa, come quella scoperta trent’anni prima, viene battezzata “discontinuità di Lehmann”.

Tra i più importanti riconoscimenti ottenuti nel corso della sua lunghissima carriera, vanno ricordati la medaglia d’oro della Danish Royal Society of Science and Letters, ricevuta nel 1965, e la sua elezione a membro della Royal Society nel 1969. Nel 1971 è stata la prima donna a ricevere la William Bowie Medal, la più alta onorificenza dell’American Geophysical Union. E sempre l’American Geophysical Union ha istituito, nel 1997, la Inge Lehmann Medal, assegnata agli scienziati che lasciano “contributi eccezionali alla comprensione della struttura, della composizione e della dinamica del mantello e del nucleo della Terra”. L’asteroide 5632, scoperto poco dopo la sua morte, è stato battezzato Ingelehmann in suo onore. Nel 2015 il suo nome è stato dato anche a una nuova specie di coleottero, Globicornis (Hadrotoma) ingelehmannae, rinvenuto all’interno di alcuni depositi di ambra baltica.

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.