AMBIENTE

Isole di calore, alleate del cambiamento climatico

Nelle aree urbane gli effetti del riscaldamento globale potrebbero essere due volte più gravi. Gli scienziati avvertono: bisogna iniziare a pensare a livello locale

Secondo Richards S. J. Tol MAE, professore di economia alla University of Sussex, “ciascuna delle sofferte vittorie sui cambiamenti climatici, a livello globale, potrebbe essere spazzata via dagli effetti delle isole di calore urbane fuori controllo”. Crediti immagine: Pixabay

AMBIENTE – Le conseguenze del riscaldamento globale sono ovunque intorno a noi: visibili, come i coralli della Grande Barriera esasperati da eventi climatici estremi, o anche meno palesi, come il lento spostamento di molte specie che si muovono verso temperature più consone.

Ma il cambiamento climatico promette di assestare un duro colpo anche alla vita urbana: secondo un nuovo studio, nelle grandi città surriscaldate l’aumento delle temperature avrà effetti due volte più gravi. Per essere precisi 2,6 volte più gravi. Il responsabile è l’effetto “isola di calore”, il fenomeno per il quale nelle zone cittadine si crea un microclima più caldo rispetto alle aree circostanti.

È ciò che succede quando gli alberi, i corsi d’acqua e le superfici naturali vengono “soffocate” dall’asfalto e dal cemento, veri e propri magazzini di calore sui quali corrono le automobili e si riversano i condizionatori.

Proprio ora che dalla Casa Bianca si definiscono gli Accordi di Parigi sul clima un “bad deal for Americans” (un accordo svantaggioso per gli americani) per la prima volta un gruppo di scienziati ha quantificato gli effetti combinati del cambiamento climatico locale e di quello globale non sull’ambiente ma sulle economie urbane. In termini di prodotto interno lordo.

I ricercatori hanno condotto un’analisi costi-benefici sulle iniziative locali per combattere le isole di calore urbane, come pavimentazioni progettate per riflettere la luce solare e assorbire meno calore, le tecnologie cool roof o i tetti verdi (coperti di vegetazione), ma anche azioni più naturali come piantare nuovi alberi in città.

Cosa costerebbe meno? Cambiando anche solo il 20% dei tetti e delle pavimentazioni di una città, da magazzini di calore a strutture “fredde”, si potrebbe risparmiare fino a 12 volte quanto si è speso per installarli e manutenerli. Le temperature crollerebbero di 0.8 gradi, scrivono gli autori dello studio.

Sulle pagine di Nature Climate Change i ricercatori hanno pubblicato i dati dell’analisi di quasi 1.700 città e mostrano che tenendo in considerazione le isole di calore, nelle previsioni per il futuro, il costo economico per le città sale alle stelle. Nei casi peggiori, le perdite sarebbero di quasi l’11% del PIL, contro una media globale del 5,6%.

“Ciascuna delle sofferte vittorie sui cambiamenti climatici, a livello globale, potrebbe essere spazzata via dagli effetti delle isole di calore urbane fuori controllo”, spiega in un comunicato Richards S. J. Tol MAE, professore di economia alla University of Sussex. Per di più, aggiungono gli autori dello studio, gli stessi lavoratori diventano meno produttivi con l’aumento delle temperature. E adottare delle strategie a misura di città avrebbe benefici economici misurabili.

Secondo lo scienziato e i colleghi, nel contrastare il riscaldamento globale ci stiamo concentrando su scala planetaria a spese delle azioni locali, sottovalutate anche se sono altrettanto, se non più, importanti. Mentre la temperatura aumenta gli effetti sull’economia crescono con lei: si usa più energia per il raffreddamento, crescono i livelli di inquinamento nell’aria e diminuisce la qualità dell’acqua.

Le città coprono l’1% della superficie globale ma producono circa l’80% del PML (prodotto mondiale lordo) e consumano il 78% dell’energia. Come se non bastasse, più di un essere umano su due oggi chiama casa una città.

Alla luce di tutto questo, combattere i cambiamenti climatici sembra tutto fuorché un bad deal.

@Eleonoraseeing

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".