Prezzo e qualità: quando il sommelier viene ingannato dall’etichetta
Il prezzo associato a una bottiglia di vino tende a influenzare la nostra esperienza quando lo beviamo, facendoci apprezzare di più i vini più cari. Una ricerca ha studiato le aree del cervello coinvolte nella valutazione del prodotto.
SCOPERTE – Cosa rende un prodotto – in particolare, un vino – buono, ossia di qualità? I sommelier, o anche semplicemente gli amanti del “nettare degli dei” potrebbero facilmente snocciolare diversi fattori: la consistenza, l’equilibrio, il profumo, il colore. Ebbene, una ricerca tedesca, che affonda le basi nel mondo delle neuroscienze cognitive e del neuromarketing, aggiunge ora un parametro per certi versi inaspettato: il prezzo.
Un gruppo di ricerca del Centro per l’Economia e le Neuroscienze dell’Università di Bonn ha infatti analizzato il gradimento espresso da 30 persone (15 uomini e 15 donne) nei confronti di alcuni vini, e ha messo in relazione i punteggi espressi con il prezzo ad essi attribuito. Come mostrato già in precedenti ricerche, il vino sembrava più buono se il prezzo dichiarato era più alto: lo stesso identico vino, se associato a un prezzo inferiore, era considerato meno buono.
“Un aspetto significativo – notano i ricercatori – è che era del tutto ininfluente il fatto che i partecipanti avessero ottenuto il vino gratis”. Anche se non era stato pagato, il vino produceva un’esperienza gustativa migliore nel momento in cui ad esso era associata un’aspettativa di qualità elevata (indotta unicamente dal prezzo).
Il gruppo di ricerca guidato da Liane Schmidt si è posto però un secondo, più ambizioso obiettivo: definire le cause neurofisiologiche che sono alla base di questo condizionamento. Le degustazioni sono quindi state effettuate all’interno di un macchinario di risonanza magnetica, in grado di evidenziare in tempo reali i meccanismi di attivazione che avvenivano in determinate regioni del cervello dei partecipanti durante il processo di elaborazione del punteggio da assegnare ai vini.
Schmidt e i suoi collaboratori hanno così identificato due aree particolarmente coinvolte: la corteccia pre-frontale mediale e lo striato ventrale. La prima regione sembra attivata, nello specifico, durante il processo di integrazione tra prezzo mostrato e aspettativa di qualità-valutazione del vino; la seconda è invece coinvolta perché fa parte del sistema di ricompensa del nostro cervello. Quello che si attiva tutte le volte che proviamo piacere, e la cui degenerazione può portare a serie problematiche comportamentali, che possono coinvolgere la sfera dell’alimentazione, della sessualità, dell’abuso da sostanze, del gioco d’azzardo. “Il sistema di motivazione e ricompensa è attivato con più forza dai prezzi più alti – spiega il Bernd Weber, un altro membro del gruppo di ricerca – e in questo modo sembra migliorare la nostra esperienza gustativa”.
Le implicazioni sono diverse, e innanzitutto ci possono portare a riflettere su quanto, a livello inconscio (ma non per questo meno reale) siamo influenzati dal prezzo attribuito a un bene di consumo. Di certo ora abbiamo un’arma in più per mettere alla prova gli autoproclamati sommelier che affollano aperitivi e cene in compagnia: coprite loro il prezzo della bottiglia!
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