IL PARCO DELLE BUFALE

Troppa intelligenza fa male alla salute

Una teoria dell'iper-cervello in un iper-corpo postula che i disturbi psicologici e fisiologici siano malattie psiconeuroimmunitarie causate da un QI di 130 o più.

Figura 1, in “High intelligence: A risk factor for psychological and physiological overexcitabilities” di Ruth I.Karpinski, Audrey M.Kinase Kolba, Nicole A.Tetreault,Thomas B.Borowski. Intelligence, 8 ottobre 2017, Creative Commons.

IL PARCO DELLE BUFALE – Intelligence è un bimestrale di Elsevier che, se rifiuta un articolo, offre per $1.250, più tasse, di trasferirlo su Heliyon, un raccoglitore meno costoso che migliora, si presume, la qualità delle riviste che hanno declinato l’onore di pubblicarlo.

Rassicurata sull’affidabilità di Intelligence, e sollecitata da un comunicato stampa, la custode del Parco si abbandonava con voluttà al sentimento poco nobile che i tedeschi chiamano Schadenfreude, all’incirca felicità per la sventura altrui, appena lette le prime righe della ricerca di Ruth Karpinski et al. del Pitzer College:

  • Una potenziale associazione tra un iper-cervello (Q[uoziente di] I[ntelligenza]) e un iper-corpo è stata esaminata.

  • Soggetti con un QI elevato avevano un maggior di disturbi psicologici (R[ischio] R][elativo 1.20 – 223.08).

  • Un QI elevato era associato a un maggior rischio di malattie fisiologiche (RR 1.84 – 4.33).

  • I dati portano un sostengo sostanziale alla teoria dell’iper-cervello/iper-corpo-

Consapevole di avere una salute discreta e un ipocervello pacioccone – come tocca riconoscere quando per mestiere si frequentano i cervelloni della ricerca  – la custode sorvolava sul fatto che alcuni di essi viaggiano sereni e arzilli oltre gli ottanta.

Viaggiava mediamente serena e arzilla nell’articolo della dottoranda Ruth Karpinski e colleghi. Imparava così che sono fautori, per ora esclusivi, della teoria secondo la quale problemi mentali causano problemi immunitari e che esiste

una prevalenza di turbe dell’umore, ansia, sindrome da deficit di attenzione e iperattività, allergie alimentari e ambientali, asma, malattie auto-immunitarie, sindrome dello spettro autistico, in soggetti con un’intelligenza elevata rispetto alla media nazionale.

Diagramma delle retroazioni, teoriche, tra iper-cervello e iper-corpo

Nella sua incantevole semplicità, mostra che i più intelligenti non sanno godersi la vita, che il cortisolo è l’unico unico ormone prodotto dalla sovra-eccitazione intellettuale e che l’autismo in tutte le sue forme è un’infiammazione dei neuroni.

Per confermare la teoria, gli autori hanno mandato un questionario a membri dell’American Mensa Ltd (nota 1):

2213 si sono identificati come maschi (60%), 1472 come femmine (40%), 22 come né l’uno né l’altro e 8 che hanno rifiutato di farlo. Quanto all’etnia, 87,9% dei partecipanti si sono dichiarati americani di origine asiatica, 2,7% di origine asiatica, 2,6% ispanici o latino, 1,6% afro-americani, e 5,2% “altro”, mista o non hanno risposto. […] La maggioranza era maschile e di origine europea.

Alla maggioranza del loro campione, più anziana, educata e ricca della media, è stata diagnosticata o sospetta di essere affetta da decine di turbe psicologiche, alcune gravi (depressione, bipolarismo), altre ritenute turbe negli Stati Uniti forse per incrementare la vendita di psicofarmaci (timidezza) e da un’ottantina di malattie fisiologiche: allergie e intolleranze disparate, insonnia, cattiva digestione ecc.

Il rischio di queste ultime aumenta di pari passo con la quantità di sintomi inclusa nella definizione, spesso controversa o vaga, delle sindromi psicologiche, il che lascia pensare che fra i bianchi americani che possono permettersi esami clinici e psicologici, con l’età aumentino di pari passo l’ipocondria e il tempo per compilare un lunghissimo questionario.

La Schadenfreude sfuma ad ogni statistica e finisce sostituita dalla solita orticaria. Il rischio raddoppia, triplica e quadruplica per l’8% dei membri di American Mensa che per etnia, censo, sesso ed età non riflette la composizione della popolazione americana. L’incidenza di turbe e malattie non può essere confrontata, come fanno Karpinski et al. ammettendo che non hanno trovato di meglio, a quella ottenuta da uno studio controverso del 2001-2003 (nota 2) che ha raccolto dati non comparabili da un campione non autoselezionato e con interviste di persona, non via mail.

La tabella dai sfumature autunnali è altrettanto affidabile di quelle sul QI di americani di ogni colore, ciascuno con le sue ruminazioni e preoccupazioni. Forse l’articolo andava trasferito a Heliyon.

Note

  1. Un club di oltre 50 mila persone: si paga $30 per fare un test organizzato da una sezione locale. Se si rientra nel 2% o forse 10% degli americani con un QI di 130 o più – dipende dai test e da come si stima la curva a campana della distribuzione – si viene invitati a versare una quota annua e i contributi alle varie attività.
  2. Il link a PubMed rimanda anche alle critiche, h/t Neuroskeptic.

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