ANIMALI

L’orso polare e i cambiamenti climatici: tralasciare il contesto può essere controproducente

Quando il video aveva ormai fatto il giro del mondo, gli esperti hanno cominciato a sollevare dubbi sul contesto e sulle reali condizioni dell'animale

Non tutti gli esperti concordano sulle condizioni dell’orso, che potrebbe non essere denutrito ma malato. Stabilire un nesso sicuro con i cambiamenti climatici è impossibile. Crediti foto: Sea Legacy

ANIMALI- Da giorni il video ripreso dal fotografo di National Geographic Paul Nicklen e i colleghi dell’organizzazione Sea Legacy sta facendo il giro del mondo. Mostra un orso polare che si aggira alla ricerca di cibo sull’isola di Baffin, in Canada. L’orso è malconcio, trascina una zampa e secondo gli autori del video è improbabile sia sopravvissuto a lungo dopo le riprese. Anche noi abbiamo parlato della vicenda e per questo motivo ci sembra importante ritornare a discuterne, alla luce di quanto emerso nei giorni a seguire e per rispondere alle domande dei nostri lettori.

L’orso ha attirato l’attenzione mondiale, con milioni di condivisioni, su un problema che nella quotidianità ci appare spesso poco tangibile e lontano, proprio per la sua complessità. Come si fa a vedere il cambiamento climatico? Come si fotografa un orso che ne muore, come lo si mostra in un video? Il riscaldamento globale aveva finalmente un volto ed era uno terribile.

“Questa è la faccia del cambiamento climatico”, ha commentato Cristine Mittermeier, collega di Nicklen a Sea Legacy, la cui dichiarata missione è “creare comunicazione visiva a forte impatto che spinga le persone ad agire per tutelare gli oceani”.

Nonostante l’enorme controversia scaturita dalle immagini e le parole forti con le quali gli autori le hanno accompagnate, in una foto pubblicata su Instagram in agosto Nicklen già scriveva chiaramente che era impossibile stabilire se la causa delle condizioni dell’orso fosse la mancanza di ghiaccio, dunque di una superficie sulla quale cacciare le sue prede principali: le foche. Ma al periodo in cui è stato ripreso il video (esplicitato da subito nell’articolo con cui è andato online), come sull’aspetto che ha l’isola di Baffin in Canada durante l’estate, è stata data poca attenzione.

A qualche giorno dalla pubblicazione vari esperti hanno iniziato a dare la propria opinione: l’aumento delle temperature sta ritardando la formazione del ghiaccio stagionale e costringendo gli orsi a sopravvivere con il grasso accumulato sempre più a lungo, ma in quel periodo dell’anno l’isola è normalmente priva di ghiaccio. L’aspetto della tundra nei mesi più caldi è proprio quello. E se per alcuni l’orso era denutrito, secondo altri esperti di fauna selvatica come il biologo Jeff Higdon non mostra invece chiari segni di denutrizione ma potrebbe essere malato.

Si tratta quindi di un video ingannevole a cui abbiamo dato enorme spazio riflettendo troppo poco? Mostra la realtà o il futuro di alcuni orsi nell’Artico che risentiranno dell’aumento delle temperature, ma non di quello del video?

In vari articoli a seguire, compresa un’intervista a Mittermeier, National Geographic ha pubblicato ulteriori chiarimenti e chiesto un parere a Steven Amstrup di Polar Bears International, che a differenza di altri colleghi dice: “È evidente che l’orso del video è gravemente denutrito, mostra chiari sintomi di inedia”.

Ma la causa non possiamo saperla con certezza.

Secondo la valutazione della IUCN gli orsi polari sono una specie vulnerabile e a minacciarli è soprattutto “la perdita di ghiaccio artico causata dal cambiamento climatico” nel loro areale circumpolare. Gli orsi che vivono in aree dove il ghiaccio è stagionale e non annuale trascorrono molti mesi l’anno sulla terraferma, una necessità “che sembra in aumento, perlomeno nelle aree dove la durata del ghiaccio si è ristretta”. Ma stimare l’abbondanza di questi orsi è difficile e costoso, proseguono gli scienziati, “perché spesso vivono in habitat remoti e in basse densità”.

Mentre il dibattito riguardo al video continua, sono emerse molte domande e riflessioni. Soprattutto riguardo al fatto che l’incompletezza delle informazioni, per temi delicati e complessi come i cambiamenti climatici, può avere un risultato controproducente e ritorcercisi contro. Offrendo a chi li nega l’opportunità di dire che, per parlarne, ci si serve di informazioni non corrette o incomplete.

Servirsi di un caso particolare per quanto iconico, senza poter dire con certezza che è legato ai cambiamenti climatici ma rendendone la bandiera, lascia spazio a dubbi e critiche. E come scrive Andrew Derocher, esperto di orsi polari e docente all’Università di Alberta (il cui lavoro abbiamo menzionato nel nostro primo articolo) dalle sole immagini non è possibile stabilire un rapporto di causa ed effetto; capita che nel giro di un anno questi animali passino da pelle e ossa a obesi.

Non tutte le popolazioni di orsi polari nel mondo corrono un pericolo imminente e le loro prospettive sono molto diverse; lo stesso Nicklen ha detto di aver visto nell’Artico russo orsi polari “talmente grassi che faticavano a camminare” ed è un commento prezioso. Se volessimo riprendere anche uno solo di quegli animali in video, potremmo raccontare una storia ancora diversa e dire che tutti gli orsi polari in realtà se la cavano egregiamente.

@Eleonoraseeing

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".