Attenti al ghepardo: a rischio di estinzione
Il velocista su terra, del mondo animale, rischia di cedere il suo trono conquistato da milioni di anni.
ANIMALI – Sotto l’albero di Natale è giunta negli scorsi giorni una notizia che desta una certa preoccupazione: il più veloce mammifero del mondo, il ghepardo, Acinonyx Jubatus, rischia seriamente di estinguersi.
L’appello urgente alla conservazione degli ultimi ghepardi presenti in natura è lanciato sulla rivista PNAS, che diffonde un numero poco incoraggiante: in natura sarebbero rimasti solo 7.100 individui di ghepardi, distribuiti in massima parte in sei nazioni dell’Africa Meridionale. E se il numero a prima vista non vi appare poi così piccolo, pensate che nello Zimbabwe da 1.200 che erano 16 anni fa ne sono rimasti 170, mentre in tutta l’Asia non sono più di 50 individui, concentrati in Iran.
Il problema è che il declino del ghepardo è passato quasi inosservato in questi anni. “Per via della natura elusiva di questo felino, è stato difficile raccogliere informazioni rigorose sulla specie, portando a trascurare la sua difficile situazione”, ha spiegato Sarah Durant della Zoological Society di Londra, autrice principale dell’articolo. “Le nostre scoperte mostrano che i grandi spazi richiesti dal ghepardo, uniti al complesso insieme di minacce affrontate dalla specie in natura, rendono l’animale molto più vulnerabile all’estinzione di come ritenuto in precedenza.”
A peggiorare ulteriormente le cose è lo stato del traffico clandestino dei cuccioli, rivolto soprattutto ai Paesi del Golfo, e denunciato quest’anno da un report della BBC. Un cucciolo di ghepardo vale 10.000 dollari nel mercato nero, e almeno 1.200 cuccioli sono stati catturati e trafficati fuori dall’Africa, con un 85% di essi che non sono sopravvissuti al viaggio.
Nella recente conferenza organizzata dalla CITES in Sudafrica, i governi hanno preso l’impegno di adottare nuove misure sul posto, incluso il blocco degli annunci sui social network della vendita dei ghepardi. Ma se si vorrà salvare la specie, sarà necessario intervenire con urgenza sulla salvaguardia degli habitat.
Nello studio di Sarah Durant si va ancora oltre, con la proposta di un nuovo approccio di conservazione che chiama in causa direttamente i cittadini. Il termine è ‘cambio di paradigma nella conservazione’, che vuole superare il semplice atto di dichiarare un’area sotto protezione, incorporando il concetto di ‘approcci basati sugli incentivi’. In soldoni, si propone di pagare una quota alle comunità locali per proteggere una specie che da loro può essere considerata pericolosa.
“L’insegnamento di questo studio è che l’istituzione di aree protette da sola non basta”, ha dichiarato Kim Young-Overton, tra gli altri autori della ricerca. “Dobbiamo pensare più in grande, conservando tra le trame del mosaico di ambienti protetti e non protetti che questi felini abitano, se vogliamo evitare l’altrimenti certa sparizione dei ghepardi per sempre.”
Per un riconoscimento pieno del livello di minaccia che i ghepardi adesso devono affrontare, l’articolo chiede con forza all’International Union for the Conservation of Nature (IUCN) di cambiare lo stato del ghepardo sulla Lista Rossa, da ‘vulnerabile’ a ‘in pericolo’.
Non possiamo certo restare con le mani in mano di fronte alla minaccia concreta di perdere uno dei protagonisti indiscussi dell’ambiente delle savane. Alzi la mano chi non ha mai guardato un documentario sul ghepardo, velocista per eccellenza e in grado di sorprendere anche le più guizzanti gazzelle in campo aperto, con punte massime che sfiorano i 100 km/h, raggiunte in pochi secondi.
E l’intera fisionomia di questo animale non è progettata per la forza, come nei grandi felini, ma del tutto votata alla velocità, come mostra bene la grafica qui sotto.
La testa del ghepardo è piccola rispetto al corpo e anche i denti non sono paragonabili alle lame micidiali delle tigri o dei leoni, per una migliore aerodinamica nella corsa. A differenza degli altri felini, gli artigli non sono realmente retrattili, ma ben stabili in posizione, come nei cani, per aderire meglio al terreno durante lo slancio. Gli occhi sono frontali e dotati di grande potere di risoluzione, per consentirgli di riconoscere una preda a grande distanza e sferrare l’attacco decisivo al momento opportuno.
E poi è presenta tutta una serie di adattamenti scheletrici che gli conferiscono la giusta flessibilità per affrontare scatti e movimenti impossibili per qualunque altro animale. Le scapole non sono sul dorso ma ai lati del corpo, così da permettere ampi allungamenti degli arti in velocità, la colonna vertebrale è flessibile e capace di arcuarsi e distendersi in un lampo, per aumentare lo slancio, mentre la coda è lunga e in grado di funzionare come stabilizzatore della corsa.
Il ghepardo, dunque, è po’ una chimera nel mondo dei felini, un bizzarro ma ben riuscito mix di caratteristiche che lo mettono al confine tra i grandi predatori e i carnivori di medie dimensioni. Pensate anche che il peso di un adulto non supera i 65 kg, contro gli oltre 300 di un maschio di tigre siberiana.
Per riconoscerlo, oltre alle differenze nelle dimensioni e nelle proporzioni corporee, si può ovviamente contare anche sulla trama del mantello. Il manto del ghepardo può apparire molto simile a quello degli altri felini ‘maculati’ a un primo sguardo. Ma se si osserva con più attenzione ci si accorge che il ghepardo è ricoperto da veri e propri ‘pois’, macchie piene e scure, mentre leopardi e giaguari sono rivestiti da motivi a forma di ‘rosetta’, con un puntino al centro nel giaguaro.
Per concludere, vorrei omaggiare il grande velocista del regno animale con una mia foto scattata nell’estate del 2011, mentre sorpresi un ghepardo nell’atto di nascondere dietro un cespuglio una preda appena catturata. Fu l’unica volta che vidi, sfuggevolmente, un ghepardo, nel cratere di Ngorongoro in Tanzania.
Oggi da quelle parti gli avvistamenti sono sempre più rari.
Sono emozioni che restano impresse in modo indelebile e che non possiamo assolutamente correre il rischio di dimenticare in futuro. Salviamo il ghepardo, Patrimonio del Pianeta Terra.
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